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IL FANTACALCIO DEL QATAR - L’EMIRATO VUOLE “COMPRARSI” LA NAZIONALE PER I MONDIALI 2022: OFFERTE DA CAPOGIRO PER CONVINCERE I GIOCATORI A CAMBIARE PASSAPORTO - TALENT SCOUT, SQUADRA NEL CAMPIONATO BELGA, GLI INVESTIMENTI: COME STANNO CREANDO UN VIVAIO DI AFRICANI DA NATURALIZZARE

Roberto Scarcella per la Stampa

 

Il Qatar prevede una spesa di duecento miliardi di dollari per i Mondiali di calcio Il Qatar prevede una spesa di duecento miliardi di dollari per i Mondiali di calcio

L'uomo più veloce d'Asia si chiama Femi Ogunode. Gareggia per il Qatar e corre i cento metri in 9 secondi e 91 centesimi. Nel «suo» continente non ha rivali. Ogunode in realtà è africano. Velocissimo in pista e anche a cambiare il proprio passaporto da nigeriano a qatariota. Lo ha fatto per denaro, tanto denaro e lo dice senza problemi. Così funziona ormai nell'emirato del Qatar, Paese tra i più ricchi del pianeta e con una bizzarra bilancia commerciale: esporta petrolio e importa campioni.

 

Atletica leggera, ping pong, pugilato o beach volley, poco importa. L'obiettivo è vincere partite e tornei, conquistare medaglie, battere record e ritagliarsi uno spazio sempre più grande nella mappa dello sport mondiale. Con un grande sogno, primeggiare nel calcio.

Grandi manovre per i Mondiali di calcio del Qatar Grandi manovre per i Mondiali di calcio del Qatar

 

O almeno competere ad alti livelli in tempo per i Mondiali del 2022, organizzati proprio dall'emirato. Per una nazione senza tradizione calcistica l'impossibilità di crescere una squadra all' altezza è stata subito vista come un problema da risolvere, con l' aiuto, perché no, degli stranieri.

 

Ecco perché oggi un pezzo di Qatar si trova nel cuore dell'Europa, a Eupen, sonnolenta cittadina belga di 18mila abitanti a due passi dal confine tedesco, nell'area a maggioranza germanofona. Qui i pedoni attraversano solo col semaforo verde anche se non si vedono auto all' orizzonte, i giardini sono curati, le strade pulite e le facciate delle case immacolate: tutto è ordinato e pure un po' monotono a tal punto che l' immancabile coppia di turisti italiani, sotto la pioggia, si rimprovera di non essere andata a Liegi o a Gand. La cosa più fuori posto che salta all' occhio è una scritta sulla lavagna di un bar: Apperol Spritz, con due «p».

Kas EupenKas Eupen

 

Questo è il centro. Poco più a Sud, a un paio di minuti di macchina, inizia l'enclave qatariota, il centro sportivo del Kas Eupen. Il club cittadino, da quest'anno nella Serie A belga, è il laboratorio in cui il Qatar costruisce il suo futuro calcistico. La società, di proprietà della Aspire Foundation, è direttamente controllata dallo Stato arabo.

 

Qui arrivano i «laureati» della Aspire Academy di Doha, una struttura di primissimo livello in cui l'emirato cresce i suoi sportivi migliori, e in molti casi, anche quelli degli altri, nella speranza che, una volta campioni, cambino bandiera.

 

Kas Eupen Kas Eupen

Atletica leggera, tennistavolo, squash, scherma, golf, nuoto, ginnastica e tiro sono tra gli sport inclusi nel programma della Aspire. Ma è il calcio il vero core-business di questa grande Accademia dello sport nata nel 2004. Il lavoro della Aspire Academy è enorme: visiona e recluta giovani di 13 anni in tre continenti e 18 Paesi.

 

LA FABBRICA DEI CAMPIONI

I migliori, dopo un lungo processo di selezione, passano per Doha e sbarcano in Belgio nella speranza che possano essere utili alla causa. Lo stadio è piccolo, appena ottomila posti, ma moderno e dotato di tutti i comfort, da fare invidia alla maggior parte degli impianti italiani. Tutto è curato nei dettagli e ogni angolo del centro sportivo è fatto per funzionare bene e non per rubare l'occhio, a parte la tribuna i cui seggiolini bianchi e neri formano l'enorme scritta Kas Eupen.

TAMIM AL THANI QATARTAMIM AL THANI QATAR

 

Il resto è un mix di efficienza teutonica, portafogli qatariota e understatement belga. Simbolo della coesistenza sono i macchinoni dei giocatori europei e dei dirigenti parcheggiati accanto al pulmino che fa la spola per portare i giovani della Aspire dalla casa al campo e viceversa.

 

Sembra tutto semplice, quasi arrangiato, casalingo, come se fosse solo un club di paese, non di un Paese tra i più ricchi al mondo. Come gli emiri siano finiti proprio in quest' angolo di Belgio lo spiega il direttore generale dell'Eupen, non a caso tedesco, Christoph Henkel: «Serviva una federazione nazionale che permettesse di giocare al più alto numero possibile di extracomunitari. Qui basta mettere nella lista di titolari e riserve sei belgi. L'ideale per inserire fino a 12 giocatori dell'Academy, perlopiù africani».

 

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L'alternativa era il Portogallo, prosegue Henkel, ma «il fatto che in Belgio si parli francese, come nella maggior parte dell'Africa, ha portato gli emiri qui». E «Eupen poi è un piccolo villaggio, vi immaginate un diciottenne africano a Bruxelles? Troppo tentacolare. Qui c'è un'atmosfera più familiare. L'ideale per far crescere giocatori, ma anche persone, in modo sano».

 

La squadra cambia quasi a ogni stagione, perché arrivano i nuovi «laureati» dell'Academy. Per tutti ci sono tre anni di tempo per farsi notare da qualcuno e restare nel giro che conta: questa è la durata del primo contratto professionistico con Aspire. L' atmosfera è accogliente, i dirigenti aperti e i giovani calciatori miti e gentili al limite dell' ossequioso. Sanno bene che l' Academy li ha tolti dalla periferia del mondo, e hanno la chance della loro vita grazie al Qatar. Sono seguiti passo passo da professionisti di livello internazionale.

 

IL TALENT SCOUT DI MESSI

QATAR COPPA DEL MONDOQATAR COPPA DEL MONDO

Un nome su tutti, quello del direttore sportivo dell'Eupen e coordinatore della Academy, Josep Colomer, l'uomo il cui biglietto da visita recita quattro parole: scopritore di Leo Messi. Basta questo per capire che il Qatar fa sul serio. E per quanto Henkel e Aspire Academy insistano col dire che il programma è filantropico e non ci sia vincolo contrattuale per i giovani africani di vestire una volta cresciuti la maglia del Qatar, non vi è nemmeno la prova del contrario.

 

Intanto, nelle ultime convocazioni per le qualificazioni ai Mondiali del 2018, ben 16 giocatori su 28 erano stranieri naturalizzati. Nessun nome noto al grande pubblico, ma da qui al 2022 c' è tempo. Intanto gli emiri, dopo aver qatarizzato l'Eupen, hanno fatto shopping anche in altri Paesi, rilevando in Spagna il Cultural Leonesa (serie C) e in Austria il Lask Linz (serie B).

qatar Libero qatar Libero

 

Nelle loro mani c'è anche il Paris Saint-Germain, ma convincere Thiago Silva, Verratti e Cavani a lasciare Brasile, Italia e Uruguay per la maglia granata del Qatar sarà decisamente più difficile.

 

Come difficile, anzi impossibile, era stato nel 2003 reclutare tre giocatori brasiliani del campionato tedesco ignorati dalla Seleçao: Ailton, Leandro e Dede. A bloccare tutto, con i calciatori già pronti a firmare in cambio di assegni milionari, fu la Fifa. Il primo esperimento, fallimentare, in realtà risale alle Olimpiadi di Sydney 2000. Un milione di dollari per comprare in blocco otto elementi della squadra di sollevamento pesi della Bulgaria. Tra questi il campione europeo e mondiale in carica Petar Tanev.

 

Qatar e Qatar e

I soldi degli emiri gli hanno fatto cambiare non solo il passaporto, ma anche il nome, mutuato in Badr Salem Nayef. Ma il caso doping scoppiato nella vera nazionale bulgara si allargò anche agli ex. Risultato: Tanev-Nayef e l'altro grande favorito comprato dai qatarioti, Andrey Ivanov, non gareggiarono motivando la loro assenza con una mai del tutto precisata «intossicazione alimentare».

 

L'unica medaglia, di bronzo, la portò a casa Said Saif Asaad, alias Angel Popov. Un magro bottino, addolcito in seguito dai due mondiali vinti da Popov e Ivanov. L'ultimo esempio eclatante di shopping compulsivo è la nazionale qatariota di pallamano, che ai Mondiali disputati in casa un anno fa aveva nella propria rosa 13 giocatori stranieri su 17.

E nessuno dei 4 qatarioti ha mai fatto parte della squadra titolare.

 

UN DIVARIO DA COLMARE

QATAR C Media immagine obig QATAR C Media immagine obig

Davanti a loro, nelle gerarchie, c'erano bosniaci, montenegrini, francesi, egiziani, spagnoli e cubani, tutti reclutati grazie alle maglie larghe della federazione internazionale, che permette ai giocatori fermi da almeno tre anni con la propria nazionale di poter cambiare casacca. Tra questi perfino un ex campione del mondo, Bertrand Roiné, vincitore del titolo nel 2011 con la Francia.

 

Il Dream Team degli emiri si fermò solo in finale, piegato proprio dai transalpini per 25 a 22. La vittoria francese fu salutata con entusiasmo da tutte le squadre eliminate dal Qatar, andato avanti tra le polemiche. A Rio 2016, incuranti del polverone dell'anno prima, gli asiatici hanno inserito nella rosa delle Olimpiadi 11 stranieri su 14. Ciononostante la squadra è stata eliminata nei quarti di finale, lasciando ancora una volta gli emiri a bocca asciutta. In Brasile il Qatar ha schierato giocatori di beach volley brasiliani, pugili indiani e turchi, pongisti cinesi e una batteria di corridori provenienti da mezza Africa.

 

A CACCIA DI MEDAGLIE

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In tutto, sotto la bandiera qatariota hanno gareggiato atleti di 17 Paesi diversi: un record. Ironia della sorte, l'unica medaglia (d'argento) l'ha conquistata, nel salto in alto, un vero cittadino del Qatar, Mutaz Essa Barshim. Un argento sarebbe potuto arrivare dal giavellottista Yulius Yego, campione del mondo in carica, avvicinato un anno fa durante i Mondiali di Pechino.

 

Ma Yego, a cui sarebbe stato offerto un milione di dollari, avrebbe sdegnosamente rifiutato, comportandosi all' esatto opposto di Ogunode, il velocista che con le sue facili vittorie in Asia ha fatto arrabbiare le federazioni di mezzo continente e portato il velocista cinese Su Bingtian a dire che «è in atto una competizione sleale: gli africani sono più potenti e hanno una differente struttura fisica rispetto a noi asiatici. Sono più alti, con una falcata più ampia».

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Il grido di dolore di Bingtian fu reso ulteriormente evidente dal numero di vittorie di atleti africani cooptati da altre federazioni agli ultimi Giochi asiatici: 14 successi su un totale di 22 discipline. Il punto di non ritorno ha un nome: Saif Saaeed Shaheen, alias Stepehn Cherono, primo africano a gareggiare e vincere ad altro livello per il Qatar (due ori mondiali nei 3.000 siepi). A fare scalpore furono i risultati e le dichiarazioni. «Sì, l' ho fatto per soldi».

 

Le cifre che circolano: un milione di dollari al cambio di passaporto, un vitalizio mensile di mille euro e la possibilità di intascare la totalità dei premi vinti. Che poi in una finale mondiale non avesse inizialmente capito di essere lui il Shaheen indicato sul tabellone poco importa.

 

QATAR Carta fisica QATAR Carta fisica

Quel comportamento e il successivo reclutamento da parte dei Paesi arabi di atleti sempre più giovani fece reagire in modo scomposto l' allora presidente delle federazione keniota, Isaiah Kiplagat: «Questo è sfruttamento. Si prendono ragazzi di 15 anni, gente che a malapena può rappresentare se stessa e gli si fa cambiare nazionalità per una manciata di spiccioli».

 

POLEMICHE SUGLI INGAGGI

Le accuse di Kiplagat caddero nel vuoto. Proprio in quel periodo ai mondiali di cross country il Qatar schierò 8 corridori su 9 provenienti dall' Africa. Il saccheggio era appena iniziato, sebbene la federazione del Kenya, disorganizzata e definita da più parti «corrotta», abbia aiutato la diaspora. A rendere però ancora più strana la generosità di Doha con atleti in grado di competere a livello internazionale è la politica dei passaporti. Uno sportivo di alto livello può ottenerlo, di fatto, da un giorno all' altro.

 

Il Qatar è uno dei Paesi in cui risulta più difficile ottenere la cittadinanza, con leggi restrittive e limitazioni tali da scoraggiare chiunque. Per la naturalizzazione servono in genere 20-25 anni (15 per gli arabi) e lo ius sanguinis vale solo se da parte di padre.

 

Chi ha madre qatariota e padre straniero non è considerato cittadino dell' emirato. Anche il doppio passaporto è vietato. Questo limita ulteriormente la possibilità di vedere nascere e crescere campioni fatti in casa. Arrivando al paradosso di un Paese popolato da oltre due milioni di persone, di cui solo 300 mila, però, a tutti gli effetti cittadini qatarioti: meno degli abitanti di Catania.

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