LA GUERRA DEI SOLDI – BRUXELLES PREPARA IL GIRO DI VITE SU BANCHE E AMICI DI PUTIN – POSSIBILE STOP AI PRESTITI AI BIG DELL’ENERGIA – MA ANCHE L’EUROPA HA PAURA DELLE RICADUTE SUL PROPRIO PIL

Maurizio Ricci per “La Repubblica

 

vladimir putin 7vladimir putin 7

Nel linguaggio ufficiale di Bruxelles, le mosse di Putin in Ucraina sono una «aggressione», ma non ancora una «invasione». Il margine fra i due termini viene giudicato abbastanza ampio da lasciare aperto un canale di iniziativa diplomatica. Per questo, ci saranno nuove sanzioni contro Mosca, ma, dopo i primi contatti fra gli ambasciatori, le indiscrezioni sembrano indicare, almeno per il momento, solo un giro di vite al pesante pacchetto varato un mese fa, piuttosto che un nuovo salto di qualità.

 

Le ipotesi che circolano puntano, soprattutto, a rendere più stringenti alcuni paletti, ad esempio nel caso di export di tecnologie di uso anche militare e ad allargare il ventaglio di individui e aziende singolarmente prese di mira, perché si ritiene abbiano attivamente aiutato la ribellione nell’Ucraina orientale. L’attenzione è, però, concentrata sulle misure finanziarie.

UCRAINA LA GENTE IN PIAZZA DOPO GLI SCONTRI UCRAINA LA GENTE IN PIAZZA DOPO GLI SCONTRI

 

La Ue potrebbe, ad esempio, allargare il numero di banche che non possono più operare sui mercati finanziari europei. Il divieto potrebbe colpire anche gli istituti in cui lo Stato russo non detiene più del 50 per cento delle azioni. In più, la Ue potrebbe impedire agli europei di investire in queste banche per più di 30 giorni, invece che a 90 giorni come adesso, rendendo ancora più difficile il loro finanziamento. Anche più pesante sarebbe la decisione di chiudere i mercati finanziari europei ai giganti russi dell’energia, come Rosneft, Gazprom, Lukoil o negargli prestiti, anche contrattati in via bilaterale.

 

L’impressione, comunque è che la Ue, in questo momento, eviterà di sparare tutte le cartucce a sua disposizione. Berlino, Londra, Parigi, Bruxelles aspettano anche di capire quale impatto avranno sulla Russia (ma anche sull’Europa) le misure varate

UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV

un mese fa. Anche se già operative, infatti, le sanzioni decise a fine luglio non hanno ancora avuto modo di mordere. I ceppi ai movimenti sui mercati finanziari, i vincoli sugli scambi di tecnologie militari o petrolifere, infatti, riguardano espressamente il futuro e non il passato. Emissioni di azioni, obbligazioni, prestiti, contratti già partiti o firmati, infatti, possono andare avanti tranquillamente. Rosneft, Siemens, Shell hanno tranquillamente condotto in porto le trattative già iniziate, così come la Francia venderà le navi da guerra già acquistate da Mosca. Bisognerà, dunque, aspettare i prossimi mesi per capire quanto le sanzioni facciano male a Putin e all’Europa che le ha varate.

 

UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV UCRAINA NEL SANGUE SCONTRI E MORTI A KIEV

Chi pensa che il rallentamento appena registrato dall’economia europea sia una diretta conseguenza dello scontro con Mosca, infatti, commette un errore di prospettiva. I dati che mostrano la recessione in Italia, la Francia in ristagno e, soprattutto, l’inattesa battuta d’arresto dell’economia tedesca si riferiscono, infatti, ai mesi fra aprile e giugno, prima che il braccio di ferro sull’Ucraina diventasse terreno di scontro economico. L’effetto delle sanzioni, delle controsanzioni e del gelo con Mosca potremo misurarlo solo con i dati del terzo trimestre, a fine settembre.

 

UCRAINA LA GENTE IN PIAZZA DOPO GLI SCONTRI UCRAINA LA GENTE IN PIAZZA DOPO GLI SCONTRI

Se le sanzioni non c’entrano con la recessione europea, però, c’è solo da preoccuparsi di più. Perché il loro costo, in termini di minori traffici con la Russia, si scaricherà nel terzo trimestre, aggiungendosi e aggravando una crisi già in atto. In parte, questo effetto è già visibile nei sondaggi e nei comportamenti concreti degli operatori. Tutti gli indici sui futuri acquisti aziendali delle maggiori economie europee (un indicatore considerato affidabile della futura attività) mostrano un diffondersi del pessimismo che, limitando investimenti e iniziative, già sta, probabilmente, rendendo ancora più faticoso il cammino dell’economia.

 

Nessuno dei grandi paesi europei ha rapporti commerciali o di investimento con la Russia che superino il 2 per cento del proprio prodotto interno lordo, una quota

non decisiva per l’economia. Ma, quando il fiato è poco, anche riduzioni marginali si rivelano dure da superare. Sempre che, naturalmente, la guerriglia di sanzioni fra Europa e Russia non arrivi a toccare, con l’inverno ormai non lontano, le forniture russe di metano, da cui la Ue dipende, in media, per il 30 per cento del suo fabbisogno, ma alcuni paesi anche per il 100 per cento.

GAZPROM GAZPROM

 

 L’Europa, al momento, non ha ancora formulato un convincente piano alternativo ad una eventuale sospensione delle forniture di Gazprom. Anche perché pochi credono che Putin si spinga ad una mossa che tagliando l’export, dimezzerebbe anche le entrate dello Stato russo. Del resto, a Bruxelles si spera che l’impatto delle sanzioni sull’economia russa sia tale da spingere Mosca ad un atteggiamento più collaborativo, prima che la situazione degeneri a tal punto da mettere in dubbio le forniture di gas. Ma Marcel Fratscher, presidente dell’autorevole think-tank berlinese Diw, mette in guardia da un paradosso: il rischio che le sanzioni risultino troppo efficaci, mettendo in ginocchio l’economia russa.

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Anzi, soprattutto la finanza e le banche russe. Fratscher teme in particolare un intensificarsi della fuga di capitali già in atto. Un collasso finanziario in Russia metterebbe a rischio i 200 miliardi di euro che banche europee (soprattutto italiane, francesi e austriache) hanno, sotto forma di crediti, in Russia. Sempre le banche europee hanno in cassaforte il grosso delle emissioni in euro delle principali istituzioni finanziarie russe. I contraccolpi di una crisi finanziaria russa potrebbero essere pesanti: il mondo se n’è già accorto vent’anni fa, quando Eltsin dovette svalutare il rublo scatenando la crisi finanziaria del 1998.

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