IL “SIGNOR ETERNIT” STEPHAN SCHMIDHEINY SI FA BEFFE DELLA GIUSTIZIA ITALIANA: “VOLEVANO UN COLPEVOLE. C’E’ STATA UNA VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCESSO. SONO UNO DEI PIONIERI DEI METODI PIÙ SICURI PER LAVORARE L’AMIANTO”

Giusi Fasano e Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera

 

STEPHAN SchmidheinySTEPHAN Schmidheiny

Magnate dell’industria e bandiera dell’ecologia, capitalista e filantropo, patron dell’Eternit e grande accusatore dell’amianto che oggi bolla come «catastrofico», quasi che a produrlo fosse stato un odiato concorrente industriale. Il sessantasettenne Stephan Schmidheiny, svizzero di Balgach (St Gallen), è stato tutto e il contrario di tutto, bianco e nero e ora pure condannato e assolto per il disastro ambientale della fabbrica che solo a Casale Monferrato ha fatto tremila vittime.

 

«Personalmente ho la certezza che l’abbandono anticipato dell’amianto sia stato e sia la cosa migliore», dice oggi con gli stessi toni estranei, miti e bucolici con i quali in passato ricordava come lui fosse «cresciuto in una fattoria con le vigne. Le vacanze le facevamo nelle isole del Mediterraneo, dove ho iniziato a occuparmi dell’ambiente». 
 

STEPHNA SCHMIDHEINY STEPHNA SCHMIDHEINY

Eternit e ambiente, i due pianeti del «capitalista verde» che vive nel cantone di Costanza, a due passi dalla Germania, e che s’indurisce solo quando pensa alla giustizia italiana, che peraltro non ha mai frequentato nonostante i processi in cui era imputato: «I giudici di Torino si sono visti costretti a trovare un colpevole. C’è stata una violazione dei principi del giusto processo».

 

E autorizza il suo portavoce a fare un paio di precisazioni: «Non ha mai avuto un ruolo operativo nella gestione dell’azienda. Ha guidato Eternit soltanto per un periodo di dieci anni senza ricavare alcun profitto». Forte dell’assoluzione pronunciata dalla Suprema Corte italiana, spera che lo Stato italiano lo tuteli «da ulteriori procedimenti ingiustificati e che archivi tutto». 
 

ETERNIT ETERNIT

Così, Schmidheiny oggi. Ma chi è davvero questo magnate svizzero dal nome impronunciabile che si definisce «pioniere dei metodi più sicuri nella lavorazione dell’amianto», quest’uomo di poche parole e di grande ricchezza, titolare di un patrimonio che gli vale un posto fra i duecento Paperoni della terra? 
«È un gentiluomo, che ha vissuto nel tormento di questa tragedia», semplifica l’amico e avvocato Astolfo Di Amato, ricordando il suo impegno per indennizzare la gente colpita da questa strage bianca. 
 

Schmidheiny non nasce operaio, non è un self made man . Nasce erede: aveva solo 29 anni quando papà Max decise di affidargli il timone di mezzo impero ricordandogli il motto di famiglia: «Investire il denaro». Il fratello maggiore Thomas, una decina d’anni fa 146° uomo più ricco del mondo, l’ha ricordata così quella scelta: «Papà dette a lui l’amianto e a me il cemento». 
 

L’amianto, il business diventato boomerang che inizialmente fece di Eternit il leader mondiale nella produzione dei pannelli ondulati più resistenti al mondo e poi un’azienda famigerata e invisa.

 

processo eternit   casale monferrato  9processo eternit casale monferrato 9

Nei primi anni Ottanta volò in Cile, allora governato dal regime militare di Augusto Pinochet, e iniziò ad acquistare migliaia di ettari di terra, infiammando il popolo cileno dei Mapuche che li reclamavano come propri. Poi, la svolta. Il magnate svizzero decise di abbandonare l’amianto e, forse preoccupato di quel che stava succedendo, iniziò a convertirsi alla causa ambientalista, un po’ credendoci, un po’ per investire in una nuova idea. Nel 1990 è capoconsulente della Segreteria generale della Conferenza Onu per l’Ambiente e lo Sviluppo.

fabbrica eternit casale monferratofabbrica eternit casale monferrato

 

Poco dopo crea la fondazione Avina per lo sviluppo sostenibile dell’America Latina. Schmidheiny si impegna in progetti sociali, diventa consigliere di Clinton e gli Usa lo onorano con due lauree. Casale Monferrato diventa una stretta al cuore. Insomma, il «re» dell’amianto si trasforma, fino a questi mesi in cui lo danno per lunghi periodi in Oriente. «Si dedica molto alla vita riflessiva», dicono a Hurden, dove ha sede una delle sue società. 
 

Al giornale elvetico Neue Zurcher Zeitung aveva confessato il grande disagio che stava vivendo: «Ho provato molta collera. Mi hanno paragonato a Hitler e quel cho ho fatto alla soluzione finale». Nella sua villa vicino al lago di Costanza ieri sera rispondeva una voce femminile infastidita. Mentre fra le casette ordinate di Hurden, sulla striscia di terra che attraversa il lago di Zurigo, c’è solo una piccola luce accesa. «Il dottore non c’è», taglia corto la guardia giurata. Dicono che Schmidheiny abbia avuto di recente problemi di salute e che abbia scelto l’isolamento. La solitudine contro il male di Eternit. 

ETERNIT CASALE MONFERRATOETERNIT CASALE MONFERRATO

 

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