the last of us

IL DIVANO DEI GIUSTI/1 - AVETE GIÀ VISTO L’ULTIMA PUNTATA DI “THE LAST OF US”? DEVO DIRE CHE SONO RIMASTO UN PO’ DELUSO, MA HO CAPITO CHE ERA UNA PUNTATA CHE ANDAVA FATTA COSÌ, SEGUENDO IL FINALE OBBLIGATO DEL VIDEOGIOCO. INFATTI I FAN DELLA PLAYSTATION SI SARANNO RITROVATI PERFETTAMENTE - NON SFUGGE IL DILEMMA MORALE FINALE, CHE È UN DILEMMA TOTALMENTE CONTEMPORANEO, SALVARE SE STESSI E CHI SI AMA O CERCARE DI SALVARE L’UMANITÀ. SALVINI E MELONI VI HANNO GIÀ RISPOSTO SENZA BISOGNO DI SEGUIRE UNA SERIE… - VIDEO

 Marco Giusti per Dagospia

 

the last of us

Avete già visto l’ultima puntata di “The Last of Us” diretta da Ali Abbasi? Devo dire che sono rimasto un po’ deluso, soprattutto l’ottava puntata, sempre diretta dal regista iraniano. Ma ho capito che era una puntata che andava fatta così, seguendo il finale obbligato del videogioco. Infatti i fan della Playstation si saranno ritrovati perfettamente. Inoltre la mamma di Ellie nel commovente flash back che spiega la nascita della bambina e la sua natura di contaminata anomala, è interpretata dall’attrice, Ashley Johnson, che interpretava Ellie nel videogioco, come già la settimana scorsa uno degli attori era il Joel del videogioco.

 

the last of us

Tutte cose che a noi vecchi spettatori sfuggono. Non sfugge il dilemma morale finale, che è un dilemma totalmente contemporaneo, salvare se stessi e chi si ama o cercare di salvare l’umanità. Salvini e Meloni vi hanno già risposto senza bisogno di seguire una serie. Ma che ci porta dritti al più grande modello attuale di dilemma, quello del coinvolgimento nella guerra in Ucraina, dove, con la logica della morale umanitaria e non politica, si ribalta la scelta fra interessi privati e interessi planetari.

 

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La tristezza che ci mostra “The Last of Us”, tristezza che non ha nulla a che vedere con il videogioco di dieci anni fa, è appunto il frutto sostanziale di un dilemma morale già nato in pandemia e dove l’umanità sembra esserne uscita se non sconfitta, certo piegata. Priva di qualsiasi spinta cattolica, la narrativa dei due showrunner, Neil Druckmann e Craig Mazin, uno autore del videogioco l’altro sceneggiatore di “Chernobyl”, è giustamente l’incrocio di una logica da game casalingo e di un’altra da grande affresco storico da disastro epocale contemporaneo. Quel che viene fuori, incredibilmente, porta dentro di sé, facendole coincidere, le due strade.

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 Il mondo degli zombi di “Walking Dead”, il vecchio postatomico, è superato. E’ vero che la serie, dovendo sviluppare una storia di due ore da videogioco in nove puntate da 40 minuti l’une, ha dovuto costruire delle puntate anomale, sentimentali e piene di politicamente corretto, come dice Freccero, ma è vero pure che “The Last of Us” ha dovuto affrontare lucidamente il “nuovo mondo”, quello che si sta ricostruendo tra Trump, pandemia e guerra, con la logica del divano per spettatori democratici e impauriti e quella del divano dei giocatori di playstation invecchiati. Non so chi, tra i due modelli di divanisti, sia più intristito e privo di speranza.

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 Joel che spara alle “luci”, le forze rivoluzionarie che potrebbero cambiare il corso degli eventi, è ovviamente un perdente perché ha distrutto ogni ragionamento logico in cambio di una umanità ridotta a due persone. Ma anche le luci hanno distrutto la loro umanità. E allora cosa stiamo vedendo e cosa stiamo aspettando?

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