“NELLA FANTASTICA VERSIONE NETFLIX DEL GIOVANE BERLUSCONI C'È TUTTO IL MISTERO GAUDIOSO DELL'ECCESSO” - GIULIANO FERRARA: "NEL DOC SCOMPAIONO COME BOFONCHIAMENTI LE DOMANDE ALIMENTATE DALL’ANTIBERLUSCONISMO. IL CAV ERA UN VERO LIBERALE? ERA ELEGANTE? ERA PACCHIANO? ERA IN CONFLITTO DI INTERESSI? ERA RICATTABILE? SAPEVA FARE POLITICA? CI VOLEVA UN NETFLIX PER RIDURRE LE OBIEZIONI A MALUMORI DI PORTINERIA: À L’HOMME FATAL LA PATRIE RECONNAISSANTE (ALL’UOMO FATALE LA PATRIA GRATA)"
Giuliano Ferrara per il Foglio - Estratti
silvio berlusconi - il giovane berlusconi
La versione Netflix di Berlusconi giovane è fantastica. Tre ore di interviste e immagini, una scaletta cronologica perfetta, il pathos giusto senza smagliature né eccessi, voglia di raccontare che in questo caso è anche capire, ritmo, montaggio esemplare, come esemplare è la scelta dei temi e degli ambienti e delle luci. Non si può volere di più dalla vita, e il doc sta al numero uno della classifica.
E’ il più recente successo di un homme fatal a nemmeno un anno dalla sua morte, opera finita di montare prima e dunque trattata al presente, è la parabola strepitosa di un moderno principe dagli inizi alla conquista del potere politico, la storia breve e carismatica di un grande e antico paese europeo trasformato alla radice e di una volontà colma di fervore, di immaginazione, di ambizione ferrigna, di amicizia popolare e spirito di gruppo o di squadra, di malizia.
Al posto della mafia, dell’evasione fiscale e del donnaiolo impenitente, varianti nulle o minori di una vicenda personale tumultuosa, instabile ma luminosa e sincera, c’è il mistero gaudioso dell’eccesso che è successo, successo grandioso, sorpresa, inarrivabile modello per grandi e piccini, anche con gli errori trascurabili come la Standa e La Cinq.
Amici e testimoni oculari, in compagnia di un avversario che le telecamere sfruttano e spengono senza difficoltà (Pino Corrias), sono di prima scelta e di una sconfinata simpatia: Confalonieri, Momigliano, Rivolta, Minoli, Fatma Ruffini, Galliani, Freccero ma sopra tutto Dell’Utri, di una irresistibile spontaneità. Tutti rigurgitanti della cosa che manca di più nel discorso pubblico e nel pettegolezzo privato: l’ammirazione.
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Parlano di tutto il cliché: il costruttore milanese, il canterino, il venditore, il businessman, il manager cortese e galante con il personale, l’editore onnivoro che brucia la legge in nome della libertà d’impresa, dell’intrattenimento e del consumo, del mercato e del monopolio nuovista in sapiente condivisione con la grande pletorica Rai, il presidente e mago del calcio che vince tutto e che diventa infine presidente del governo quando vogliono portargli via azienda e quattrini, con una campagna napoleonica di due mesi, preparata in un anno e nemmeno mentre infuria la guerra civile giudiziaria con i suoi metodi avvilenti, infami, frustranti per ogni possibile vitalità del paese che l’idolo ama e conquista.
silvio berlusconi dell'utri - il giovane berlusconi
Scompaiono come bofonchiamenti le domande alimentate dall’antiberlusconismo, specchio opaco e triste della cosa più scintillante che l’Italia ha prodotto dopo la Liberazione e il boom dei Cinquanta e Sessanta. Era un vero liberale? Era elegante? Era pacchiano? Era in conflitto di interessi? Era ricattabile? Sapeva fare politica? Ci voleva un Netflix per ridurre le obiezioni a malumori di portineria e edificare un piccolo pantheon televisivo: à l’homme fatal la patrie reconnaissante.
silvio berlusconi - il giovane berlusconisilvio berlusconi - il giovane berlusconisilvio berlusconi - il giovane berlusconi