ASPETTANDO ‘’DJANGO UNCHAINED”/4 - I VENTI SPAGHETTI WESTERN PREFERITI DI QUENTIN TARANTINO (IN TESTA DUE DI LEONE E ‘’DJANGO’’ DI CORBUCCI) – ‘’LE DUE FACCE PER UN MANIFESTO IDEALE DEGLI SPAGHETTI WESTERN SONO LEE VAN CLEEF E FRANCO NERO’’ – ‘NÉ JOHN FORD NÉ HOWARD HAWKS, MA SERGIO LEONE È L’AUTORE CHE HA INFLUENZATO TUTTA UNA NUOVA GENERAZIONE DI REGISTI”….

Marco Giusti per Dagospia

I VENTI SPAGHETTI WESTERN PREFERITI DI QUENTIN TARANTINO
1. Il Buono il Brutto il Cattivo di Sergio Leone (1966)
2. Per qualche dollaro in più di Sergio Leone (1965)
3. Django di Sergio Corbucci (1966)
4. Il mercenario di Sergio Corbucci (1968)
5. C'era una volta il West di Sergio Leone (1968)
6. Per un pugno di dollari di Sergio Leone (1963)
7. I giorni della violenza di Tonino Valerii (1966)
8. Da uomo a uomo di Giulio Petroni (1967)
9. Navajo Joe (1966)
10. Il ritorno di Ringo di Duccio Tessari (1965)

11. La resa dei conti di Sergio Sollima (1966)
12. Una pistola per Ringo di Duccio Tessari (1965)
13. El Desperado di Franco Rossetti (1967)
14. Il grande silenzio di Sergio Corbucci 1968
15. Il grande duello di Giancarlo Santi 1972
16. Prega il morto, ammazza il vivo di Giuseppe Vari 1971
17. Tepepa di Giulio Petroni 1968
18. The Bounty Killer di Eugenio Martin 1966
19. Preparati la bara di Ferdinando Baldi 1967
20. Quel caldo, maledetto giorno di fuoco di Paolo Bianchini 1968

Seguono, senza un ordine: I crudeli di Sergio Corbucci, Se incontri Sartana prega per la tua morte di Gianfranco Parolini, Dio perdona... io no di Giuseppe Colizzi, Vamos a matar, companeros di Sergio Corbucci, I Quattro dell'Apocalisse di Lucio Fulci, I quattro dell'Ave Maria di Giuseppe Colizzi, La collina degli stivali di Giuseppe Colizzi, Giù la testa di Sergio Leone, Minnesota Clay di Sergio Corbucci, i Trinità di Enzo Barboni, Black Jack di Gianfranco Baldanello, La spina dorsale del diavolo di Burt Kennedy, Un esercito di cinque uomini di Don Taylor e Italo Zingarelli, Valdez il mezzosangue di Duilio Coletti e John Sturges, Requiescant di Carlo Lizzani, Sole rosso di Terence Young

QUENTIN TARANTINO SU SERGIO LEONE E SERGIO CORBUCCI

Tarantino su Corbucci 1.
"Leone è l'autore che ha maggiormente influenzata tutta una nuova generazione di registi, che poi hanno fatto western moderni. Non sono stati né John Ford né Howard Hawks, ma Sergio Leone. Senza di lui non ci sarebbero stati né Walter Hill né George Miller... Tutti noi dobbiamo qualcosa all'estetica di Sergio Leone. Ha rivoluzionato il western. Non solo, lo ha resuscitato. Lo spaghetti western è nato a metà degli anni sessanta proprio quando il western stava tramontando e ha inventato le regole del genere, svecchiandole e rendendolo più immediate a un pubblico giovane. Perché, da che mondo è mondo, i film devono piacere innanzi tutto ai giovani.
Anche la violenza e il sadismo degli spaghetti western era qualcosa di sconosciuto al cinema americano, senza contare il look dei personaggi che era molto più cool.

Per me è stato divertente creare per Urma Thurman un ruolo alla "Navajo Joe" mettendola nel vortice di un western di Sergio Corbucci.
Come nel western americano anche nello spaghetti western ci sono diverse correnti e diversi maestri, che per me sono soprattutto Sergio Leone e Sergio Corbucci. Entrambi sono innovatori e nello stesso anno in cui Sergio Leone girò "Per un pugno di dollari", Sergio Corbucci girò "Minnesota Clay", anche se in realtà "Minnesota Clay" può dirsi precursore degli spaghetti western perché è più vicino a un classico western americano nonostante alcune trovate surreali che non appartengono certo a quel tipo di cinema.

Nel senso che è più simile a un film americano se paragonato a altri spaghetti western. Forse, se fosse stato un film americano degli anni sessanta, tutti avrebbero apprezzato la sua modernità. Un paio di film dopo ha fatto "Django", che ha influenzato il genere quanto "Per un pugno di dollari" e ha creato una fondamentale icona per lo spaghetti western al pari di Clint Eastwood e Lee Van Cleef, e cioè Franco Nero, la quintessenza del genere.

Anzi, toglierei pure Clint Eastwood, che non ne ha fatti tanti e direi che le due facce per un manifesto ideale degli spaghetti western sono Lee Van Cleef e Franco Nero. Leone si è specializzato in pochi capolavori che raccontano una gigantesca storia. Una trilogia che poteva anche essere una quadrilogia, visto che non c'è nessuna curva discendente.

Corbucci al contrario è stato più prolifico, facendo tantissimi film diversi tra loro, per cui ha avuto più occasione per fallire o fare capolavori. Ha diretto una serie di film meravigliosi nel giro di pochi anni e un'altra differenza rispetto a Leone è che avendone sfornati così tanti uno dopo l'altro, ogni volta che uscivano al cinema, non venivano considerati degli eventi. "Navajo Joe" è un grande, grandissimo film, con alla base una semplice e sanguinaria storia di vendetta, ma nello stesso anno Corbucci ne girò almeno due...

La costruzione emotiva di "Django" è davvero difficile da superare, ma "Il mercenario" e "Vamos a matar companeros" sono film meravigliosi.
Una delle cose che mi piace di più di Corbucci è che non c'è un film che è in assoluto migliore degli altri. Se dovessi portare un suo film alla Cinémathèque Française sceglierei "Il grande silenzio", se dovessi portare un suo film al museo degli spaghetti western sceglierei "Django", se ci fosse un museo sui revenge-movie, direi "Navajo Joe". Una delle migliori sceneggiature degli spaghetti western è invece quella de "I crudeli", che ha un fantastico ruolo femminile interpretato da Norma Bengell.

Sono un grande fan del film di spionaggio che realizzò nel 1967, "Bersaglio mobile". E' un action stupendo! Devo ammetterlo, non mi piacciono molto le commedie degli ultimi anni, quelle con Bud Spencer e Terence Hill. Ho visto "Poliziotto superpiù" al cinema, che è stato l'ultimo film di Corbucci che è stato distribuito in sala negli Usa. E pure i suoi spaghetti comici non sono tra i miei preferiti, anche se ci sono parodie che mi piacciono. Non riesco a accettare l'idea di Tomas Milian che fa il samurai in "Il bianco, il giallo, il nero", proprio non la digerisco. Anche se mi hanno detto che la versione italiana è molto più divertente, perché ha tutta una serie di dialoghi che giocano sul genere."

 

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