SBATTI LA RUSSA IN PRIMA PAGINA – IL REGISTA MARCO BELLOCCHIO A CANNES CON LA VERSIONE RESTAURATA DEL “MOSTRO”, FILM NEL QUALE C’E’ ANCHE LA RUSSA – “IL PRESIDENTE DEL SENATO VOLLE GIÀ ALLORA SDOGANARSI DALL’ACCUSA DI FASCISMO, RESPINGE QUEL PASSATO, MALGRADO LE STATUETTE DEL DUCE A CASA. CON LUI NON VEDO IL RISCHIO DI SOVVERTIRE LE ISTITUZIONI” - "A CANNES SONO STATO 15 VOLTE SENZA VINCERE MAI NULLA, SE NON LA PALMA ALLA CARRIERA" – LA RIVALITA’ CON BERTOLUCCI, L’ANALISI COLLETTIVA CON BENIGNI, IL REMAKE DE “I PUGNI IN TASCA”, LA SERIE TV SU TORTORA - "RIMPIANTI? FORSE IL MANCATO FILM SULLA..." -VIDEO
Valerio Cappelli per corriere.it - Estratti
ignazio la russa in sbatti il mostro in prima pagina
Marco Bellocchio, cosparso di saggia leggerezza e soave determinazione, dice che a 84 anni (che si fatica a dargli) pensa «solo al presente». Oggi parla del restauro di Sbatti un mostro in prima pagina, che la Cineteca di Bologna offre in versione restaurata a Cannes. E fa un paragone con la serie tv su Enzo Tortora che si appresta a girare.
Storie simili perché?
«Perché sono due casi di ingiustizia.
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Nel film, tra le immagini d’epoca, c’è Ignazio La Russa allora dirigente del Fronte della Gioventù a una manifestazione del Movimento Sociale. Che effetto le fa vederlo presidente del Senato?
«Ma sai, alcuni terroristi finiscono per fare i pompieri e certi garibaldini diventarono reazionari. Lui si volle già allora sdoganarsi dall’accusa di fascismo, in qualche modo respinge quel passato, malgrado le statuette del duce a casa. Non è che l’ha rimosso, è una nostalgia, non vedo il rischio di sovvertire le istituzioni. Lo dice uno che da giovane apparteneva a certa sinistra radicale ma non più militante, dove il Pci era revisionista e il Psi peggio ancora».
Bellocchio, lei da anni ha una freschezza straordinaria nei suoi lavori, una volta era l’eterno secondo.
«Dopo Bertolucci. La rivalità nacque quando lui spiccò il volo verso l’America con Ultimo tango a Parigi . Io potevo invidiare la sua celebrità, però sono sempre stato fedele alle cose che mi piacciono. Se lo avessi scimmiottato, come alcuni colleghi, avrei sbagliato clamorosamente. Io invece ho fatto delle avventure non capite, che mi hanno allontanato dalla carriera, tipo la psichiatria collettiva di Fagioli legata al tema della guarigione. Tutto ciò mi è tornato indietro, dandomi nel tempo energie nuove nate da un'elaborazione complessa».
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Poi si allontanò dalla...
«...dalla psicoanalisi. Sentivo la necessità di parlare di me stesso con qualcuno, e andai prima in analisi individuale poi mi inserii in un seminario di analisi collettiva, in cui mi trovai con Benigni, Zavattini e Cerami.
Si cercavano risposte a dei propri problemi, io raccontavo anche dei sogni. Massimo Fagioli parlava di malattie mentali e guarigioni in termini affascinanti.
Così rompendo le regole del rapporto tra terapeuti e pazienti presi il rischio di chiedergli sul set una mano per Diavolo in corpo.
Girai altri due film fagioliani, in tanti mi compatirono, dissero che era un errore e mi sarei rovinato. Poi ci fu una mia lenta separazione, ripresi i miei temi».
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I pugni in tasca: dopo 60 anni fanno un remake del suo esordio, con Kirsten Stewart e Josh O’Connor.
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«Il regista Karim Ainouz è brasiliano. Oggi quella storia girata negli Appennini non avrebbe senso. Spero faccia una cosa del tutto nuova, di cui leggerò la sceneggiatura. Quel mio film venne rifiutato alla Mostra di Venezia, all’epoca i direttori artistici avevano molto potere, Luigi Chiarini voleva premiare Visconti per Vaghe stelle dell'Orsa e io confliggevo per il tema dell’incesto e della famiglia malata».
Lei, il veterano di Cannes.
marco bellocchio david di donatello
«Ci sono stato 15 volte, senza vincere mai nulla se non la Palma onoraria alla carriera. Con Salto nel vuoto non vinsi io ma i miei due attori, Aimée e Piccoli, grazie a un critico considerato di destra in giuria come Rondi. Pensavo di meritarlo tre volte, per Vincere, Il traditore e Rapito. Vengo sempre con piacere, fuori gara naturalmente sei più rilassato. C’è una polarizzazione con Venezia e i distributori come prima parola dicono Cannes, che accoglie registi che si preparano per venire sempre qui e ottengono privilegi che io non ho mai avuto. Per me, è stato tutto casuale.
Se c’è una qualità che mi riconosco è che non sono un nostalgico. Rimpianti? Forse di non aver fatto un film su Maria José, regina per un mese, ribelle e ubbidiente, fa un matrimonio combinato, forse si innamora di Umberto che però era omosessuale. Pietro Nenni prima del referendum urlò: volete votare per un re che è pederasta? Altri tempi, oggi ci sono le fake news, chiunque si sfoga e dice cose orribili non dimostrate, e tutto ciò arriva impunemente».
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