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LA DAMNATIO MEMORIAE DI KEVIN SPACEY, DA IERI IN MONDOVISIONE - IL FILOSOFO ROBERTO ESPOSITO SULLA SESTA E ULTIMA STAGIONE DI ''HOUSE OF CARDS'', IN CUI IL PROTAGONISTA È STATO CANCELLATO: ''VIETARE L'ARTE SE L'ARTISTA È INADEGUATO MORALMENTE? ALLORA NON POTETE PIÙ AMMIRARE CARAVAGGIO, ACCUSATO DI OMICIDIO, LODARE ROUSSEAU CHE ABBANDONÒ I FIGLI IN ORFANOTROFIO, O VEDERE PASOLINI...'' - DIPOLLINA: SENZA FRANK UNDERWOOD LA SERIE FA UNA BRUTTA FINE
1. L' OMBRA DI SPACEY SU HOUSE OF CARDS 6
Antonio Dipollina per ''la Repubblica''
Ora è il mio turno» proclamava Claire Underwood chiudendo la stagione 5 di House of Cards. E l' intrigo, della fiction, si annunciava già niente male. Ma la realtà è superiore, come sempre. Il marito Frank, presidente, destinato ad assistere all' ascesa alla Casa Bianca della consorte si è ritrovato in realtà fuori gioco del tutto: la storia è nota, Kevin Spacey, monumentale nella parte fino a quel momento, estromesso di colpo dalla produzione in piena esplosione del caso Weinstein, per le accuse di molestie da parte di un attor giovane.
KEVIN SPACEY SI DIFENDE DALLE ACCUSE SU INSTAGRAM DI ANTHONY RAPP
Morale, a quel punto la prospettiva di andare a casa è sembrata inadeguata a tutti; Netflix, che produce, e gli autori hanno annunciato la "sesta e ultima" stagione per non chiudere tutto in quel modo deprimente. Ed eccola, la sesta. Da ieri in contemporanea mondiale - da noi su Sky Atlantic o, con tutti gli otto episodi sullo streaming di Sky - la presidente degli Usa è davvero Claire, ovvero la magnifica Robin Wright: ma il marito non è fuori dai giochi come da intrigo precedente, bensì è morto, da subito, e di una morte che a quel punto è stata trasformata in elemento di thriller, uno dei tanti della serie. La verità più avanti, ma a questo punto è quasi secondario.
Primario sarebbe invece capire se l' epopea, da una stagione soltanto, della prima presidente donna alla Casa Bianca regga il confronto con le palpitanti stagioni precedenti. C' è un avvio in cui Claire si ritrova subito a conoscere le delizie degli haters dei social - la stampa si limita a definirla una calamità, su Twitter e compagnia digitante le augurano cose indicibili.
Ma il tema viene abbandonato presto, conta di più mettere ordine nei notevoli personaggi di contorno delle stagioni precedenti: e inoltre ne entrano due nuovi in primo piano - fratello e sorella lobbysti che si prendono il ruolo di nemici principali. Va da sé che il viluppo di trama che prevede l' elemento femminile in primo piano si fa preponderante («Mi direbbe la stessa cosa se io fossi un uomo?», frase non granché ma che Claire pronuncia quasi subito in un confronto acceso).
E insomma, magari non si poteva fare meglio o era una via obbligata. Ma già quell' annunciare che tutto quanto sarà l' epilogo e poi tanti saluti, non suonava benissimo.
E soprattutto a ogni snodo di trama o di micidiale conflitto in corso, del nuovo corso, lo spettatore affezionato si ritrova a chiedersi come sarebbe potuto essere se, da una porta laterale tra marmi e stucchi, fosse entrato all' improvviso l' ex presidente. E non certo perché lui è un maschio, ma perché è, anzi era, Frank Underwood.
2. ARTE, MORALE E KEVIN SPACEY
Roberto Esposito per ''la Repubblica''
Ieri sera è tornata in tv la serie House of Cards, senza Kevin Spacey, in seguito alle note vicende che sono seguite al caso Weinstein. Come lui, pur se molto diversamente, diversi anni fa anche l' attore si è reso colpevole di rapporti sessuali illeciti con un minorenne.
Nonostante la formidabile presenza scenica della protagonista - nel film la splendida moglie Claire del presidente Underwood - che ne ha preso il posto, l' assenza di un grande attore come Spacey si è fatta sentire. È come se tutta la storia emergesse da un fondo vuoto senza mai riuscire a coprirlo. Ma non si tratta solo di questo. C' è qualcosa di più in questa "scomparsa".
robin wright e kevin spacey 16
Intanto, e a scanso equivoci, va subito detto che la pulizia che si sta facendo, soprattutto in America ma non solo, nei confronti di molestatori seriali, per non parlare di stupratori abituali, è sacrosanta. Il caso recentissimo di alcuni top manager di Google, anch' essi accusati di molestie, conferma che il bubbone esploso con Weinstein è diffuso in ogni ambito più di quanto si potesse immaginare. E che dunque anche l' allontanamento di Spacey era inevitabile e probabilmente dovuto.
robin wright e kevin spacey 13
Resta, tuttavia, aperta una doppia questione. La prima riguarda il complesso rapporto tra arte - anche quella di un grande attore è tale - e morale. Bisogna dire che l' arte è soggetta alle regole morali al punto da dover essere vietata in caso di inadeguatezza morale dell' artista? Non è quanto personalmente penso.
kevin spacey e robin wright in house of cards
Ma chi lo sostiene non può, per coerenza, continuare ad ammirare Caravaggio, accusato di assassinio, lodare Rousseau, che ha abbandonato i figli in orfanotrofio mentre scriveva il più importante saggio settecentesco di pedagogia, leggere gli scritti e vedere i film di Pasolini. Certo, sono casi diversi per qualità e quantità. Non meno gravi, però, dal punto di vista etico, di quello di Spacey. A questo punto, una volta scelta questa strada, non è lontano un indice dei libri proibiti, o quantomeno fortemente sconsigliati. Seguirà a breve la proscrizione di un' arte degenerata.
Come comportarsi con Baudelaire, Van Gogh, Celine? E con Heidegger, iscritto al partito nazista e per un periodo apologeta del Führer? Al macero tutte le loro opere? Oppure, una gradazione di interdetti a seconda delle circostanze attenuanti?
La seconda questione riguarda il tipo di sanzione scelto. Che, nel caso di Spacey, ricorda l' istituto romano della damnatio memoriae, se non anche quello della deminutio capitis. Cancellazione del ricordo e sottrazione di personalità giuridica. Entrambe prefiguravano una morte civile irreversibile per chi ne era colpito. È quanto sta accadendo all' attore americano. Ma con qualcosa di più.
E cioè la riproduzione sullo schermo della "morte civile" nella morte effettiva del personaggio del racconto televisivo. Non è cosa da poco. Si tratta di un inquietante cortocircuito tra immagine e realtà. A riprova del fatto che ormai, nella politica come anche nella ( pretesa) morale, realtà e immagine sono le due facce di uno stesso foglio. Un attore - della forza di Spacey - colpito da un interdetto, o da un bando di proscrizione, che lo esclude dalla scena, togliendogli di fatto il lavoro.
Per giustificare questo evento lo si fa morire anche nella fiction, con una sorta di raddoppiamento della scomparsa. A sua volta questa assenza, artificiale ma effettiva nel film, non fa che intensificare la morte civile decretata dalla deminutio capitis e sancita dalla damnatio memoriae. Certo quanto Spacey ha fatto una trentina di anni fa è estremamente grave.
Ma non si può dire che in giro si respiri una bella aria.