IL CINEMA DEI GIUSTI - BRAD PITT È TORNATO A UCCIDERE I NAZISTI. MA I PROTAGONISTI DI "FURY" SONO I VERI TANK AMERICANI E TEDESCHI DEL TEMPO, PER LA GIOIA DEI MANIACI DEI SOLDATINI. UN OTTIMO FILM DI GUERRA CON QUALCHE CADUTA RETORICA
Marco Giusti per Dagospia
Fury di David Ayer
Allegri ragazzi, Brad Pitt è tornato a uccidere i nazisti. E ne fa fuori un bel po’ col suo tank M4 Sherman e la sua Smith&Wesson. Però, quando un tank M4 Sherman americano incontrava un Tiger 131 tedesco, cioè il carrarmato più forte che si fosse prodotto nella Seconda Guerra Mondiale, il povero M4 Sherman era fottuto. Inizia con questa spiegazione tecnica Fury, ottimo film di guerra scritto e diretto da David Ayer con bel piglio realistico e solo qualche caduta retorica, interpretato alla grande da un Brad Pitt in forma smagliante, da Shia LaBouef coi baffetti, Logan Lerman, Michael Pena e Jon Berthnal.
Ma i veri protagonisti sono i veri tank americani e tedeschi del tempo, cosa che farà impazzire i maniaci dei soldatini. Però, per poter girare il film con veri M4 Sherman e, soprattutto con un vero Tiger funzionante, cosa che non accadde nemmeno ai tempi di La battaglia dei giganti di Ken Annakin, dove i Tiger erano in realtà degli M47 Patton americani utilizzati in Corea, Ayer e la sua troupe sono andati in Inghilterra, vicino al Museo di Bovington, dove sono rimasti l’ultimo Tiger ancora mobile che esista nel mondo e vari M4 Sherman funzionanti.
Per ottenere un maggiore effetto realistico, inoltre, Ayer ha fatto convivere dentro il tank, per qualche mese, i cinque protagonisti della storia, cioè il sergente di ferro Don “War Daddy” Collier di Brad Pitt, l’uomo della Bibbia Boyd “Bible” Swan di Shia LaBoeuf, il messicano Trini “Gordo” Garcia di Micahel Pena, il rozzo Grady “Coon Ass” Travis di Jon Berthnal e il soldatino Norman Allison di Logan Lerman che prende il posto del mitragliere Red che troviamo ucciso e senza faccia all’inizio del film. Ovvio che il rapporto fra di loro all’intreno del tank battezzato “Fury” sia il cuore del film.
Siamo nell’aprile del 1945, con gli alleati ormai alle porte di Berlino che combattono l’ultima battaglia con ciò che resta dell’esercito tedesco che preferisce morire piuttosto che arrendersi. Ovvio che si vada verso una carneficina. Fury è comandato da Don “War Daddy” e dai suoi uomini ormai stremati dopo tre anni di guerra in Africa, in Francia e in Belgio. Ma il loro comandante, chiamato solo “Old Man”, Jason Isaacs, vista la scarsità di uomini di valore e di mezzi nell’operazione di occupazione della Germania, gli affida il compito rischioso di ripulire il territorio prima dell’arrivo delle truppe. C’è un crocevia da controllare, ma non si sa cosa si potrà trovare.
Ahi! Così i pochi tank americani rimasti si scontrano ferocemente con il più potente Tiger tedesco. La storia, che Ayer ha ripreso da racconti di guerra e dall’autobiografia, “Death Traps”, di Belton Y. Cooper, è quella piuttosto consueta nei film di guerra con il piccolo gruppo di soldati che si troverà a combattere eroicamente fino all’ultimo uomo per la vittoria finale. Del resto non si possono più mettere in piedi film come La battaglia dei giganti di Ken Annakin ma non ci sono più tanti tank in giro. E comunque non siamo dalle parti della Battaglia dell’ultimo panzer, coproduzione italo-spagnola anni ’60 diretta da José Luis Merino, dove con un solo tank di cartone si faceva la battaglia.
Diviso in tre parti distinte, la prima di pura azione militare e di presentazione dei personaggi, la seconda di calma apparente, con una sorta di storia d’amore del soldatino Norman con una bella ragazza tedesca, Alicia von Rittberg, in un paesino occupato e l’ultima che vedrà uno scontro furioso fra i tank americani e il Tiger tedesco prima dell’arrivo di una banda di SS, Fury piacerà agli studiosi vista la ricchezza di dettagli realistici che espone.
Un po’ meno a chi ricorda il cinema di guerra americano un po’ più veloce nell’azione, diciamo alla Raoul Walsh, e meno carico di sofferenze e di moralismi. In generale, però, è un’operazione riuscita che riporta la tecnica di David Ayer, già sperimentata nel curioso film di poliziotti End of the Watch, sempre con Michael Pena, e la combina con un genere ormai difficile da mettere in scena come il War Movie. Brad Pitt non ha qui il piglio spaccone del suo ufficiale texano di Inglorious Basterds, ma fa funzionare perfettamente il gruppetto di soldati uniti dentro il tank.
E del resto tutto il film è costruito su questo rapporto maschile. Budget di 68 milioni di dollari, ne ha incassati 211 dalla sua uscita americana lo scorso ottobre. Da noi arriva molto tardi e grazie alla distribuzione congiunta Leone Group – Andrea Occhipinti, dopo il fallimento della società di distribuzione che l’aveva preso quattro mesi fa. Già in sala con successo.