1- AI PIANI ALTI DI VIA NAZIONALE STA PRENDENDO SEMPRE PIÙ CONSISTENZA LA CANDIDATURA DI IGNAZIO VISCO. AD AFFONDARE LE SPERANZE DI BINI SMAGHI, DESTINATO A OCCUPARE LA POLTRONA SU UN’AUTHORITY MINORE, SAREBBE PRIMO FRA TUTTI NAPOLITANO, CHE NON HA DIMENTICATO LE CRITICHE RIVOLTEGLI DAL BANCHIERE FIORENTINO 2- MONTI: POTERI FORTI, GOVERNI PRONTI! SI CANDIDA ANCORA UNA VOLTA A GUIDARE UN GOVERNO DI SALUTE PUBBLICA: “CHI HA SALVATO IL PREMIER LO INCALZI PERCHÉ RISPARMI ALL’ITALIA SE NON IL LUDIBRIO, ALMENO IL BIASIMO PER AVER CAUSATO UN DISASTRO” 3- LA MARCEGAGLIA NON VUOLE RIDURRE LA CONFINDUSTRIA A UNA SORTA DI GRAND HOTEL DOVE LE IMPRESE ENTRANO ED ESCONO DALLE PORTE GIREVOLI DOPO UNA NOTTE 4- LA STRATEGIA DI MORETTI: DA UN LATO METTE PALETTI LEGALI E RITARDI NEI CONFRONTI DEI CONCORRENTI GRANDI COME NTV O PICCOLI COME LA SOCIETÀ ARENA; DALL’ALTRO ALLONTANA IL VERO SPETTRO CHE LO TERRORIZZA E RIGUARDA LO SCORPORO DELLA RETE CHE GLI CONSENTE DI AVERE UNA POSIZIONE MONOPOLISTICA (SI RACCOLGONO LE PUNTATE SULLO SCENARIO CHE SI POTREBBE AVVERARE QUALORA IL “RAGAZZO DEI PARIOLI” SCENDESSE IN CAMPO AL QUALE MORETTI DOVREBBE RISPONDERE)

1 - SI RACCOLGONO LE PUNTATE SULLO SCENARIO CHE SI POTREBBE AVVERARE QUALORA IL "RAGAZZO DEI PARIOLI" SCENDESSE IN CAMPO PER DIVENTARE UNO DEI MINISTRI O ADDIRITTURA IL LEADER AL QUALE MORETTI DOVREBBE RISPONDERE
Gli uscieri del palazzo-obitorio delle Ferrovie hanno già messo da parte i soldi per il "Gratta e Vinci" che si giocherà entro la fine dell'anno tra Mauro Moretti e Luchino di Montezemolo.
La scommessa non riguarda la partenza dei treni di Ntv per la quale fino ad oggi non è arrivata alcuna omologazione, e la lotteria è squisitamente politica.

Le puntate si raccolgono sullo scenario che si potrebbe avverare qualora il "ragazzo dei Parioli" scendesse in campo per diventare uno dei ministri o addirittura il leader al quale l'ex-sindacalista di Rimini dovrebbe rispondere.

L'ipotesi è suggestiva e per adesso non ha fondamento, ma i bookmaker che si ritrovano nel mesto bar del palazzo-obitorio raccolgono le scommesse e già vedono negli atti di Moretti la volontà di vendere cara la pelle.

Una conferma si trova nell'intervista rilasciata oggi al "Corriere Economia" dove il capo delle Ferrovie snocciola una serie di annunci e dimostra di non temere la concorrenza di Ntv e dell'Alitalia perché dice: "ormai il 55% del traffico sulla Milano-Roma è via treno".
Poi annuncia che a dicembre lancerà la classe Executive e che non teme in alcun modo la concorrenza di Luchino & Company nelle gare delle Regioni per i treni locali.

In mezzo a tante dichiarazioni orgogliose spicca l'annuncio che le Ferrovie sono pronte a vendere Grandi Stazioni, la società nata nel '98 per gestire e riqualificare i 13 più grandi complessi italiani. Alla giornalista Alessandra Pilato che lo interroga Moretti non spiega la ragione di questa scelta e quando gli viene chiesto se Ferrovie emetterà i bond per incassare quattrini, il manager risponde con sicurezza: "non siamo in crisi di liquidità, abbiamo linee di credito e flussi di cassa dai biglietti".

A questi bisogna aggiungere i 3 miliardi di contributo dello Stato che comunque per Moretti sono pochi rispetto a Germania, Francia e Inghilterra, e con forza annuncia che è pronto a vendere il 60% di Grandi Stazioni "una gallina dalle uova d'oro".

Di fronte a questa affermazione gli uscieri sospendono il giochetto del "Gratta e Vinci" e si chiedono perplessi quale sia la ragione per cui, se non ci sono problemi di liquidità e di cassa, il manager di Rimini vuole vendere la maggioranza di Grandi Stazioni ai partner che detengono la quota di minoranza del 40% e portano i nomi illustri di Benetton, Caltagirone, Tronchetti Provera.

Tra l'altro va detto che Grandi Stazioni ha chiuso il 2010 con un bilancio in cui i ricavi sono calati dell'11% sull'anno precedente, l'utile si è attestato a 20 milioni, mentre i debiti sono arrivati a 224 milioni. Forse la chiave giusta per interpretare la mossa di Moretti non va cercata nella contabilità, ma nel desiderio di realizzare un'operazione di immagine offrendo su un vassoio a tre personaggi di primo piano come Benetton, Caltagirone e Tronchetti una società che ha delle potenzialità indubbie.

Questo sarebbe il modo per posizionarsi in modo furbo dentro quel circuito di poteri forti che ancora hanno risorse da investire. A questo punto la strategia del manager di Rimini appare chiara: da un lato mette paletti legali e ritardi nei confronti dei concorrenti grandi come Ntv o piccoli come la società Arena che è stata costretta a portare i libri in tribunale per l'ostruzionismo delle Ferrovie; dall'altro allontana il vero spettro che lo terrorizza e riguarda lo scorporo dell'infrastruttura di base, la rete che gli consente di avere una posizione monopolistica attraverso la gestione di RFI (Rete Ferroviaria Italiana).

Per certi versi questa preoccupazione è identica a quella che ha Franchino Bernabè quando i concorrenti chiedono che l'infrastruttura di rete venga rimessa in discussione. Anche per Moretti la vera partita è questa, e per farlo è disposto a mettere all'asta i gioielli della casa strizzando l'occhio a chi un domani potrebbe difenderlo se saltasse fuori un ruolo politico importante per l'arcinemico Montezemolo.

2 - MONTI SI CANDIDA ANCORA UNA VOLTA A GUIDARE UN GOVERNO CHE SALVI LA SALUTE PUBBLICA. È CIÒ CHE HA FATTO IERI CHIUDENDO L'EDITORIALE CON QUESTE PAROLE: "CHI HA SALVATO IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO LO INCALZI PERCHÉ RISPARMI ALL'ITALIA SE NON IL LUDIBRIO, ALMENO IL BIASIMO PER AVER CAUSATO UN DISASTRO".
Prima ancora che i partecipanti al conclave cattolico di Todi si siedano nel refettorio del convento per ascoltare le parole del cardinal Bagnasco e l'atteso intervento di Corradino Passera, si fa strada la convinzione che da questo appuntamento uscirà soltanto un manifesto di buone parole e sani princìpi.

Negli ultimi giorni molti personaggi autorevoli si sono affannati a precisare che sulle colline dell'Umbria non nascerà un nuovo partito, ma soltanto una chiamata alle armi delle truppe che fanno parte delle numerose associazioni vicine al Vaticano. Non c'è quindi da aspettarsi la nascita di un partito perché come ha detto lo stesso Bagnasco questa sarebbe "una ingenua illusione". L'ha capito anche Flebuccio De Bortoli, il direttore del "Corriere della Sera" che dal suo osservatorio laico scrive oggi una piccola omelia in cui auspica che in una nuova stagione politica la missione civile e morale dei cattolici sarà decisiva "nella misura in cui saranno se stessi, senza mimetizzarsi".

La mina è disinnescata e anche se non nuove critiche si aggiungeranno ai comportamenti peccaminosi del premier e alla debolezza di una classe dirigente incapace, su Todi questa sera apparirà soltanto un arcobaleno di intenzioni che non sono affatto lontane da quelle dichiarate in molte occasioni dalla parte meno indulgente del Vaticano.

Il buon De Bortoli sa benissimo distinguere la morale dal moralismo e capisce che con gli ingredienti dell'etica si possono evitare i bunga-bunga sessuali e politici, e portare un po' di acqua al mulino del centro moderato. Ma non basta, ed è forse per questo motivo che ieri ha offerto a Mario Monti la possibilità di sparare un'altra delle sue cannonate. Come già aveva fatto il 7 agosto con il durissimo articolo sul "podestà forestiero", il timido professore di Varese straccia l'ipocrisia e la prudenza e in un editoriale dal titolo "False illusioni, sgradevoli realtà" spara un'altra cannonata terrificante nei confronti del governo e del Presidente Patonza.

In questo caso il bocconiano la prende alla larga e fa un ragionamento sulla vulnerabilità dell'euro provocata dalle incertezze del governo e del suo premier, per arrivare a dire, dopo un'analisi in quattro punti, che "l'Italia da stato fondatore rischia di diventare stato affondatore dell'Unione europea". Ormai non c'è dubbio che Monti si candida ancora una volta a guidare un governo che salvi la salute pubblica e i conti di un Paese che preoccupa l'Europa. Tutto è cominciato - è bene ricordarlo - il 21 luglio quando alle 7 di sera di un lunedì, dopo una conferenza nella sede di IntesaSanPaolo, personaggi come Bazoli, De Benedetti, Passera, Caloia e lo stesso Monti si ritrovarono per ascoltare una conferenza di Romano Prodi.

Un orecchio indiscreto raccolse il viatico del Professore di Bologna al professore di Varese: "caro Mario se le cose volgessero al peggio, credo che per te sarebbe difficile tirarti indietro". Di fronte a questa benedizione il presidente della Bocconi (la madre di tutti i sapientoni) impallidì, ma pochi giorni dopo cominciò a scrivere sul "Corriere" atti di accusa diabolici e definitivi. È ciò che ha fatto ieri chiudendo l'editoriale con queste parole: "chi ha salvato il presidente del Consiglio lo incalzi perché risparmi all'Italia se non il ludibrio, almeno il biasimo per aver causato un disastro".

3 -LA MARCEGAGLIA NON VUOLE RIDURRE LA CONFINDUSTRIA A UNA SORTA DI GRAND HOTEL DOVE LE IMPRESE ENTRANO ED ESCONO DALLE PORTE GIREVOLI DOPO AVER SOSTATO PER UNA NOTTE. ED È PER QUESTA RAGIONE CHE I NERVI LE SONO SALTATI QUANDO UN IMPRENDITORE SICILIANO DI NOME SALVATORE MONCADA HA IMITATO LO SCARPARO DELLA VALLE
Venerdì pomeriggio nei saloni dell'hotel Savoy di Londra dove era attesa per un convegno della Camera di Commercio, la Marcegaglia non si è vista.

Tra i partecipanti della comunità italiana c'è stata un po' di delusione perché i suoi strilli contro Berlusconi hanno attraversato il Tamigi e sono rimbalzati sui giornali inglesi. Ai piani alti della Confindustria si sono rifugiati dietro una giustificazione generica, ma è probabile che il forfait sia stato provocato dal desiderio di stare sul pezzo nel momento in cui il Parlamento votava la fiducia.

Nell'attesa del voto la presidente ha potuto rileggere la lettera in cui Yaki Elkann ha annunciato di rinunciare alla carica di vicepresidente di Confindustria dove era stato officiato al posto di Guarguaglini per guidare il Comitato per lo sviluppo nei grandi paesi emergenti.

Dietro il nome altisonante di questo Comitato si è visto ben poco perché il rampollo si è limitato a guidare qualche missione confindustriale all'estero e poi è entrato nel vortice del suo "padrone" Marpionne. L'uscita dall'Associazione il giovane Yaki l'aveva comunicata con una telefonata all'inizio di ottobre a cui era seguita già una lettera quattro giorni dopo.

Non è quindi un fulmine a ciel sereno, ma il rischio che accompagna questa decisione è di un'emorragia che diluisca il sangue nelle vene e nelle arterie di viale dell'Astronomia.
La Marcegaglia non vuole ridurre la Confindustria a una sorta di grand hotel dove le imprese entrano ed escono dalle porte girevoli dopo aver sostato per una notte.

Ed è per questa ragione che i nervi le sono saltati quando un imprenditore siciliano di nome Salvatore Moncada ha imitato lo scarparo Della Valle con una lettera aperta sui giornali del Sud in cui annuncia la sua uscita dall'Associazione.

Questo Moncada nasce nel '91 con un'impresa di costruzioni che poi nel 2001 riconverte alle energie rinnovabili costruendo quattro anni dopo un parco eolico su cui Vittorio Sgarbi ha lanciato tremendi anatemi. Dopo poche ore dalla pubblicazione della lettera a pagamento sui giornali, la Marcegaglia ha dato ordine ai suoi collaboratori di dare una scarpata in faccia al piccolo Della Valle di Agrigento.

Con parole inequivoche viale dell'Astronomia ha tirato fuori una nota in cui ha ricordato che il Moncada e la sua azienda Energy Group è già stata sospesa sei mesi fa dall'Associazione territoriale agrigentina per gravi violazioni del codice etico.
Queste parole eleganti servono a spiegare che l'imprenditore siciliano è stato allontanato in nome delle norme che mettono a nudo pericolose commistioni nei casi in cui emergono infiltrazioni mafiose.

4 - VISCO IN POLE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che prima del prossimo vertice di Bruxelles previsto per il prossimo weekend Berlusconi scioglierà il nodo della Banca d'Italia.

Ai piani alti di via Nazionale dove è alto il rammarico per la malevola interpretazione delle parole di Draghi sugli indignados, sta prendendo sempre più consistenza la candidatura di Ignazio Visco, il 62enne vicedirettore generale napoletano. Ad affondare le speranze di Lorenzo Bini Smaghi, destinato a occupare la poltrona su un'Authority minore, sarebbe primo fra tutti il Presidente della Repubblica, Napolitano, che non ha dimenticato le critiche rivoltegli tempo addietro dal banchiere fiorentino".

 

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