MA SI PUÒ FARE UN SEXY RICATTO A MONI OVADIA? TRE EX COLLABORATORI HANNO CHIESTO DIECIMILA EURO ALL’ARTISTA PER NON DIFFONDERE ALCUNE SUE FOTO IN INTIMITÀ CON LA MOGLIE

Giulio De Santis per "Corriere.it"

Dieci mila euro o la pubblicazione sui giornali di sei foto in bianco e nero dove è immortalato in intimità con la moglie. È stato questo il tentativo di ricatto subito da Salomone Moni Ovadia nell'estate del 2010. Ad architettare l'estorsione sono stati tre collaboratori dello staff dell'attore teatrale e drammaturgo nato a Plovdiv nel 1946, ma i loro sforzi hanno ricevuto come risposta prima una sonora risata e poi una denuncia in procura. Adesso i ricattatori rischiano di finire sotto processo con l'accusa di tentata estorsione su richiesta del pm Francesca Passaniti.

La vicenda ha avuto toni grotteschi più che criminali, come sottolinea la vittima: «Fin dal principio ho avuto l'impressione di essere al centro di una commedia con protagonisti Toto e Peppino». E, in effetti, nel ripercorre i momenti salienti della storia, si ha la sensazione di essere davanti ad una rappresentazione recitata da tre sprovveduti. E' il giugno del 2010 quando Ovadia, di passaggio nella Capitale, riceve una telefonata da uno sconosciuto che gli chiede diecimila euro per non pubblicare delle foto «hot» con la moglie.

Se pur sorpreso dalla minaccia, l'attore replica senza nessun tentennamento che lui nella sua intimità fa quello che vuole. Subito dopo la chiamata, si domanda come sia possibile che qualcuno sia in possesso d'immagini intime. E' allora che fa la scoperta: dal suo ufficio di Milano è scomparso l'hard disk dove erano archiviate tutte le foto, incluse quelle del ricatto.

Dopo la denuncia a piazzale Clodio, inizia la caccia all'uomo. Su suggerimento degli inquirenti, il tono di Ovadia muta: da ruvido diventa cordiale per apparire disponibile all'apertura di una trattativa. Alcuni colloqui sfiorano il comico. In un caso uno dei tre collaboratori chiede al drammaturgo se ha pensato alla proposta e lui risponde: «Scusa, richiamami dopo perché adesso sto per cominciare una conferenza stampa». Replica del ricattatore: «Allora a dopo, grazie».

Il «teatrino» va avanti per due mesi. I tre collaboratori telefonano dalle cabine telefoniche della citta più disparate: Sulmona, Varese, Perugia. Loro pensano di non essere rintracciati, ma tutte le volte le voci vengono registrate e così, alla fine, vengono identificati e denunciati.

 

 

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