PAOLO SORRENTINO FA 50 - L’OSCAR, L’AMORE PER NAPOLI, IL SODALIZIO CON UMBERTO CONTARELLO E UN LIBRO, “HANNO TUTTI RAGIONE”, SCRITTO NEL 2010 QUANDO AVEVA GIÀ DIRETTO QUATTRO FILM - LE SUE FONTI DI ISPIRAZIONE? FELLINI, SCORSESE, MARADONA, TALKING HEADS - IL SUO MOTTO? “NEL CINEMA NULLA DEVE ESSERE VERO, MA TUTTO VEROSIMILE E ARTEFATTO”
paolo sorrentino in boris la serie
1 - SORRENTINO, IL MEGLIO NON SI E’ ANCORA VISTO
Gloria Satta per “il Messaggero”
Paolo Sorrentino compie oggi cinquant' anni. Il regista napoletano, premio Oscar nel 2014 per La grande bellezza, è reduce dal successo di The New Pope, la travolgente serie televisiva di Sky - seguito di The Young Pope - ambientata in un Vaticano immaginario ma non troppo, e si prepara a girare The MobGirl, il suo nuovo film americano con Jennifer Lawrence, 29 anni, anche lei Oscar come miglior attrice nel 2013 con Il lato positivo.
Numerose testimonianze di affetto gli sono arrivate da tutto il mondo. Anche da Sabrina Ferilli, struggente Ramona in La grande bellezza, che al Messaggero ha scritto questo messaggio: «Il mio augurio è semplice e forse egoistico: che tu possa continuare a meravigliarci e stupirci con le tue storie per altri 50 anni». Noi abbiamo provato a ricostruire la storia del geniale regista attraverso un alfabeto declinato tra carriera e privato.
Amici. Vita e lavoro si confondono: tra le persone a lui più vicine ci sono Toni Servillo, protagonista immancabile dei suoi film, lo storico produttore Nicola Giuliano, lo sceneggiatore Umberto Contarello.
Berlusconi. In Loro il regista lo ha ritratto al tramonto, tra lacché e conflitti coniugali. Ulteriore capitolo della sua ricerca sul potere.
Carattere. Curioso, perspicace, nemico di banalità, ridondanze e cliché. E mai alla ricerca del consenso, dunque antipatico a qualcuno. Destino frequente degli spiriti indipendenti.
Daniela, Divo. La moglie Daniela D' Antonio è un punto di forza del regista che le ha dedicato libri e film definendola «il motore e la guida della mia vita». Il Divo è il film-cult con Servillo nei panni di Giulio Andreotti: sono pietre miliari del cinema moderno la sua passeggiata notturna per Roma e la testa trafitta dagli spilloni.
Energia creativa. Sorrentino riconosce di avere 4 fonti di ispirazione: Fellini, Scorsese, Maradona, Talking Heads. E all' Oscar li ha ringraziati tutti.
Femmine. Nei suoi film le donne sono portatrici sane di sensualità, mistero, carisma. Da Olivia Magnani (Le conseguenze dell' amore) a Laura Chiatti (L' amico di famiglia), Anna Bonaiuto (Il Divo), Sabrina Ferilli (La grande bellezza), Madalina Ghenea sogno erotico in The Youth, Elena Sofia Ricci, infelice Veronica Lario in Loro. E Sharon Stone che, irresistibile a piedi nudi, sfida Sua Santità John Malkovich in The New Pope.
Gambardella. L' intellettuale fallito Jep Gambardella riassume la Grande bellezza e la Grande bruttezza di Roma. Battuta illuminante: «Non volevo solo andare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire!».
Hollywood. È là che Paolo girerà The MobGirl sull' ex mafiosa Arlyne BricKman diventata informatrice dell' Fbi: «Corono il vecchio sogno di girare un film sulla mafia, con una donna protagonista e Jennifer Lawrence».
Icona, intelligenza. Toni Servillo è diventato l' attore-feticcio di Sorrentino non soltanto per il suo indiscutibile talento: «Scelgo tutti i miei attori in base alla loro intelligenza».
Libri. Anche nelle fatiche letterarie, da Hanno tutti ragione a Gli aspetti irrilevanti passando da Il peso di Dio, Sorrentino trasferisce la sua visione della realtà. Immancabilmente personale, felicemente spiazzante.
Maradona. L' idolo della sua giovinezza. Gli ha salvato la vita quando, a 16 anni, il futuro regista andò a vedere una partita del Napoli anziché seguire in montagna i suoi genitori che sarebbero morti a causa delle esalazioni di gas di una stufa. Una tragedia che ha ovviamente segnato la sua vita.
Napoli. Cresciuto al Vomero, Paolo si è formato negli effervescenti Anni Novanta nella new wave partenopea con Mario Martone, Antonio Capuano, Pappi Corsicato, lo stesso Servillo. Tifa ancora per la squadra della città.
Oscar, Obama. Nel 2014 ritira la statuetta abbracciato a Servillo e Giuliano. Due anni dopo, è invitato a cena dal presidente Usa Barack Obama con Roberto Benigni e altre eccellenze italiane. Viaggio-lampo ma indimenticabile.
Potere. In Il Divo, Loro, The Young Pope e The New Pope ha affrontato un tema che lo appassiona: la solitudine a cui sono condannati gli uomini di potere.
il set di loro di paolo sorrentino foto enzo russo 6
Quarantena. Ha trascorso il lockdown a Roma, la città in cui abita da anni. Ma non è rimasto con le mani in mano: ha firmato la direzione artistica di un numero davvero speciale del settimanale Vanity Fair.
Radici. «Non si dimenticano», afferma. Per questo, dopo il capitolo hollywoodiano, girerà un film su Napoli.
Serie, streaming. Ha ancora voglia di dirigere racconti a puntate. E a differenza di altri colleghi, non ha sposato la crociata contro le piattaforme: «Anche la visione di un film a casa può essere in un rito sacrale, come in sala».
Tolleranza. L'età ha smorzato certe sue intransigenze giovanili. «Con gli anni sono diventato più tollerante».
Usa. Prima della pandemia, aveva preso casa a Los Angeles per preparare The MobGirl. Ci tornerà, c' è molta attesa per il film.
Verità. È noiosa: «Nel cinema nulla deve essere vero, ma tutto verosimile e artefatto». È il segreto della sua ispirazione.
Zero. Ripartire da zero è il suo imperativo quando affronta un nuovo progetto.
Per coinvolgere, stupire, spiazzare. E dare nuove emozioni.
2 - DAI LIBRI ALL'OSCAR, I 50 ANNI DI SORRENTINO
Gianmaria Tammaro per “la Stampa”
Proprio all’ultima pagina di “Hanno tutti ragione”, Tony Pagoda, il protagonista, s’addormenta e fa un sogno; si ricorda di quand’era bambino, di quando, per via Orazio, passeggiava con i suoi genitori, mano nella mano, e si sentiva felicissimo. Era potente, allora: potente e invincibile come sono i figli piccoli, dice Paolo Sorrentino. Trecento pagine prima, Tony Pagoda cominciava il suo incredibile viaggio rimuginando sulla maledizione del talento. Da allora, da quel momento, da quella primissima frase e da quelle primissime parole, sono passati dieci anni.
paolo sorrentino e raffaele cantone
Paolo Sorrentino, oggi, 31 maggio, fa 50 anni, e il suo primo film, “L’uomo in più”, ne ha compiuti venti (diciannove, se contate dall’uscita al cinema; venti, invece, se prendete in considerazione anche la data di inizio produzione). E di cose, nel tempo, ne sono cambiate parecchie. Non Sorrentino, però. Sorrentino, chissà come, è rimasto lo stesso. Un po’ diverso, sì; i capelli ingrigiti, l’espressione un po’ più seria, lo sguardo più fermo. Ma con lo stesso cuore, la stessa – chiedo scusa – poetica, e le stesse intuizioni. E lo stesso sigaro, la stessa fede calcistica, la stessa ironia sofferente.
paolo sorrentino e jude law 078
Su Repubblica, Emiliano Morreale ha detto che con gli anni Sorrentino ha dimostrato di essere un regista-regista (scritto così, con il trattino), sorpassando a sinistra il grande scrittore e dialoghista. Anzi, ha continuato Morreale: i suoi dialoghi hanno finito per essere presi in giro. Sorrentino è diventato un bravo regista di attori, ed è vero. Con i film, ha imparato a dirigerli meglio, senza il bisogno di conoscerli a fondo. Ma la scrittura, quell’incredibile talento di mettere insieme parole, sensazioni, posti, pause e battute, è rimasta. È lì, come la Madonna di Pompei alla fine del pellegrinaggio: sai che per raggiungerla dovrai faticare, ma lei, santa e vergine, t’aspetta.
Sorrentino è due cose in una: è scrittore ed è regista, e in questo non c’è nessun problema. Un esercizio che tutti dovrebbero fare, almeno una volta, è rileggere i suoi film dopo averli visti; o – meglio ancora – vederli dopo averli letti. Spesso, alla sceneggiatura Sorrentino è stato affiancato da Umberto Contarello («Tutto quello che non vi è piaciuto di questo libro – scriveva tra i ringraziamenti di “Hanno tutti ragione” – è colpa sua»); ma la mano, e la firma e la sensibilità («Ero destinato alla sensibilità», pigola Jep Gambardella ne “La Grande Bellezza”), sono sue, e si vedono e si riconoscono.
Oggi del suo cinema parleranno tutti, com’è giusto che sia; quindi noi facciamo un passo indietro, ci appartiamo, e torniamo al libro, a quell’incredibile romanzo edito Feltrinelli che arrivò nelle librerie un marzo di molti anni fa, quando le temperature cominciavano a salire, le giornate iniziavano ad allungarsi timidamente, e leggere non era un esercizio pigro per pochi, ma aveva ancora la sua importanza e la sua bellezza.
antonio monda tony servillo piera detassis paolo sorrentino
In “Hanno tutti ragione”, il protagonista, Tony Pagoda, è un cantante, proprio com’è un cantante il protagonista de “L’uomo in più”. Sorrentino, a quest’idea della voce che commuove, che prende, che riesce a pizzicare qualunque corda, in qualunque uomo, è rimasto profondamente legato. E il motivo, forse, è che in una bella voce il talento, se c’è, è subito evidente. Non ha bisogno di permessi o di annunciazioni, di sottolineature eccessive o di aiuti; e non ne ha bisogno perché, banalmente, si sente.
Un’altra cosa che in “Hanno tutti ragione” c’è, e che è parte integrante del Sorrentino uomo, è Napoli. E, cosa ancora più importante, c’è l’essere napoletani. Tony è un fenomeno, uno scugnizzo, un fetente, ed è libero, liberissimo. Nelle sue scorribande con gli amici, o da solo, resiste l’indole partenopea, quella capacità rarissima d’essere empatici con gli sconosciuti (anche se si odiano; soprattutto, anzi, se si odiano). E quindi “Hanno tutti ragione” è un oceanico, incontenibile flusso di coscienza. Un monologo pieno di immagini e di colori, e di sapori e di straordinarie rievocazioni. È un film, volendo: è un film se chi legge ha una buona immaginazione, e conosce anche un po’, anche per sentito dire, Napoli. Il resto viene da solo: Tony Pagoda ha la faccia, intelligentemente camuffata, di Toni Servillo; e forse ha la parlata lenta e ammiccante di Sorrentino, e anche il suo stesso carattere.
Tony Pagoda è un personaggio di pura finzione, e per questo, specialmente per questo, è più vero di certe persone che popolano la cronaca e l’attualità. Dice quello che pensa (quello che pensa Sorrentino, cioè); e dunque dice sempre la verità, la sua verità, e la verità, come il talento, è una maledizione. E anche questo, in un modo nell’altro, Sorrentino l’ha sempre detto, così come ha sempre sviscerato e osservato al microscopio il potere (quello grande, con la p maiuscola; e quello piccolo, e più interessante, che unisce uomini e donne, o che li allontana).
Quando in libreria arrivò “Hanno tutti ragione”, Sorrentino aveva diretto quattro film (“L’uomo in più”, “Le conseguenze dell’amore”, “L’amico di famiglia” e “Il divo”); si preparava al grande salto internazionale, con “This must be the place”), e mancavano tre anni al Premio Oscar de “La Grande Bellezza”. Eppure “Hanno tutti ragione” è un libro pieno di tutto, di ogni cosa, di ogni sfumatura, anche del Sorrentino futuro, regista di “Youth” e di “Loro”. Forse è perché nella scrittura, più che nella rappresentazione cinematografica, qualcosa rimane. Una traccia, uno scippo, una confessione sussurrata. Una firma invisibile, come impressa con l’inchiostro simpatico, che non verrà mai, mai via.
Paolo Sorrentino Roberto Benigni
In “Hanno tutti ragione”, c’è l’aspirazione alla grandezza e all’internazionalità, c’è il mare, c’è Napoli, c’è l’essere figli e genitori, e c’è il tormentone rancoroso del successo (un giorno sei in alto, intoccabile; il giorno dopo non ti si vede nemmeno più, perso tra la folla). Ed è la prova provata che Sorrentino non è solo, e banalmente, un “regista-regista”; ma un artista completo, sensibile, uno che sa unire la penna e la camera, come andrebbero unite anima e mente, tenendole sempre separate: una è acqua, l’altra è olio; e se sai guardare, se stai attento, riesci a vedere proprio il punto in cui si baciano.