''COL DISCORSO DI MACRON È FINITA L'ERA DEL FISCAL COMPACT. LA RETROMARCIA FRANCESE SUL SADO-MASOCHISMO DELL'AUSTERITÀ È UNA VITTORIA PER L'ITALIA''. IL PROF. PIGA: ''L’ITALIA HA DATO PROVA DI DEMOCRAZIA, DANDO UN MANDATO DI RAPPRESENTANZA PER LE CLASSI PIÙ DEBOLI. E CHE LUNGIMIRANZA! FIUTIAMO LA VITA COME IL BUON VINO. I FRANCESI HANNO SCELTO MACRON PER EVITARE LE PEN, COME TRA DUE VINELLI ACETOSI'' - ORA CAMBIERÀ LA TRATTATIVA DEL GOVERNO ITALIANO?
1. LA RETROMARCIA DI MACRON SUL SADO-MASOCHISMO AUSTERO? UNA VITTORIA DELL’ITALIA. PARLA IL PROF. PIGA
Michele Arnese per www.startmag.it
È finita l’era del Fiscal Compact con il discorso di Macron in Francia. L’analisi dell’economista Gustavo Piga
“Se siamo arrivati a questo punto, a un residente francese che inscena una retromarcia clamorosa per non perdere per la prima volta nella storia della Repubblica la poltrona prima della fine del mandato, è perché le condizioni politiche e sociali sono diventate insostenibili per una larga fetta della società transalpina. Un disastro epocale, che sancisce la condanna definitiva delle sue politiche economiche, in linea con l’afflato austero dell’Europa che lui voleva rilanciare”.
È il commento di Gustavo Piga, economista, da tempo sostenitore in Italia del superamento del Fiscal Compact, dopo il discorso di ieri era del presidente francese Emmanuel Macron. (qui la sintesi degli annunci di Macron nell’articolo di Start Magazine)
Proprio ieri sera Piga ha twittato:
E' finita l'era del Fiscal Compact, oggi, con il discorso di Macron. E' finita. Forse l'Europa si potrà ancora salvare. Forse no. Ma la condizione necessaria per il salvataggio è finalmente sul tavolo, una vittoria.
Professore, vedo che su Twitter esulta dopo il discorso di Macron. E’ stato picconato il Fiscal Compact dall’Eliseo dunque?
C’è poco da esultare. Se siamo arrivati a questo punto, a un presidente francese che inscena una retromarcia clamorosa per non perdere per la prima volta nella storia della Repubblica la poltrona prima della fine del mandato, è perché le condizioni politiche e sociali sono diventate insostenibili per una larga fetta della società transalpina. Un disastro epocale, che sancisce la condanna definitiva delle sue politiche economiche, in linea con l’afflato austero dell’Europa che lui voleva rilanciare, e che oggi è sparita dal suo vocabolario. Mi pare che non abbia mai menzionato la parola Europa, nel suo discorso, ha notato?
Sì, sì. Solo Francia, nazione, République. Una marcia indietro una inversione di marcia?
Direi un funerale. Possiamo chiamarlo sovranista, ora, Macron? Ho visto in questi giorni di protesta sui muri la scritta Macron=Luigi XVI; ed in effetti possiamo dire che abbiamo a che fare con una decapitazione, in stile moderno.
Dunque Macron annuncia più spese e meno tasse. E il commissario Moscovici che dirà? Sta finendo davvero l’ortodossia di Bruxelles?
Bruxelles è l’ultimo degli attori rilevanti, segue una recita a soggetto, a metà tra improvvisazione e copione scritto da altri. Finita l’ortodossia in Francia, con una leader tedesca cattolica ed i verdi in crescita, finisce questa Commissione Europea di cui i libri di storia ricorderanno solo il sado-masochismo austero.
Svolta populista o svolta realista quella di Macron?
Cosa intende? Se per lei populismo significa finte promesse, allora no, Macron porterà a termine quanto annunciato a costo di far fuori il suo primo ministro, ovvio e solito capro espiatorio. Se per lei populismo significa ascoltare il popolo, direi di sì, con una buona dose di realismo. Ho un dubbio tuttavia.
Quale dubbio?
Un leader conduce. Se un leader segue, paradossalmente avrà vita breve, ha perso qualsiasi autorità.
Dalla Francia arriva un buon segnale per il governo in Italia?
Direi piuttosto che è una vittoria italiana. E’ la ripetizione dei Mondiali del 2006, non ce la fanno a superarci, con tutte le loro superiorità.
EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI
Torniamo alla politica, prof.
L’Italia ha dato prova di democrazia, dando un mandato politico di rappresentanza per le classi più deboli che non fosse né estremista, né violento. E che lungimiranza! Siamo un grande popolo, che fiuta la vita come si fiuta il buon vino. I francesi hanno dovuto scegliere Macron per evitare Le Pen, come scegliere tra due vinelli acetosi, senza rendersi conto che erano comunque finiti in un vicolo cieco.
Ora dunque i saldi della manovra italiana non saranno toccati?
Beh, buona domanda. Io rilancerei il deficit al 2,4%, ma solo con investimenti pubblici fatti di appalti di piccole dimensioni, per le piccole imprese, a dimensione d’uomo, come l’Europa a cui aspiriamo.
2. LE MISURE OFFERTE ALL' EUROPA TETTI ALLA SPESA SU PENSIONI E REDDITO DI CITTADINANZA
Enrico Marro e Lorenzo Salvia per “il Corriere della Sera”
Con una distanza di 3-4 miliardi tra la nuova proposta dell' Italia sulla manovra e la richiesta di Bruxelles (un deficit 2019 non superiore all' 1,9% del Pil) il rush finale della trattativa fra il premier, Giuseppe Conte, e il presidente della commissione Ue, Jean-Claude Juncker, sarà tutto politico.
Una rottura comporterebbe un prezzo alto per entrambe le parti, specie in una fase di tensioni, come in Francia. E con la paura, che si fa strada in diverse capitali, del contagio che un' eventuale crisi italiana potrebbe scatenare.
Dal punto di vista tecnico la proposta italiana è a buon punto. Potrebbero essere le clausole di «spesa equivalente» le chiavi di volta per raggiungere l' accordo. Meccanismi capaci di garantire che la spesa per «reddito di cittadinanza» e «quota 100» non supererà i tetti fissati per il 2019.
Tetti destinati a scendere in tutto di 3,5-4 miliardi, il che abbasserebbe il deficit per il 2019 dal 2,4% del prodotto interno lordo, come è stabilito ora nel disegno di legge di Bilancio, al 2,2%. Un passo avanti, ma non sufficiente per l' intesa. Con uno sforzo in più sulla spending review (altri tagli alla spesa pubblica) si arriverebbe al 2,1%. A quel punto sarebbe solo questione di un paio di decimali. Inoltre, mantenendo integre le clausole di salvaguardia Iva per il 2020 e '21 (ora parzialmente disinnescate) si accentuerebbe la caduta del deficit.
Il premier Giuseppe Conte, che punta a chiudere l' intesa domani incontrando Juncker, dovrebbe far leva da un lato sulla temporaneità di «quota 100» (pensione a 62 anni con 38 di contributi), che dovrebbe durare tre anni. E dall' altro sulla «universalità» del reddito per i poveri, più volte richiesta proprio dalla Ue. E infine sulla finalizzazione del sussidio al reinserimento lavorativo dei giovani e all' aumento del tasso di occupazione, anche questo obiettivo Ue.
A garanzia di tutto Conte potrebbe tirar fuori le due clausole di spesa equivalente, per mantenere la spesa intorno a 12 miliardi, contro i 16 di ora.
Per «quota 100» le finestre trimestrali (periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione) potrebbero allungarsi se il monitoraggio delle domande dovesse mostrare un afflusso superiore a quello atteso rispetto alla platea potenziale di 350 mila lavoratori. La seconda finestra d' uscita, ad esempio, non si aprirebbe più a giugno 2019 ma il successivo settembre. Sul reddito di cittadinanza ci sono diverse ipotesi, ma il M5S sta facendo muro.
Secondo i tecnici bisognerebbe far leva sul fatto che al reddito si accede per trovare un lavoro (grazie ai centri per l' impiego) e quindi se il sistema funziona non bisogna restare assistiti a lungo. Si potrebbe dunque stabilire un meccanismo di rotazione per cui si accede al reddito man mano che si liberano i posti delle persone entrate in precedenza e che nel frattempo siano state collocate al lavoro.
Una sorta di ruota che gira più o meno velocemente anche qui in funzione del monitoraggio della spesa. Come su «quota 100», ci saranno delle norme a monte per ridurre la spesa. Non solo il fatto che il reddito dovrebbe partire da aprile, ma anche un crescita moderata della somma in rapporto alla numerosità del nucleo familiare. Cioè il sussidio fino a 780 euro al mese salirebbe di poco, rispetto ai propositi iniziali, con l' aumentare dei figli a carico. In alternativa a questo escamotage non resterebbe che ridurre il tetto stesso dei 780 euro, ma su questo Di Maio sembra irremovibile.
Irremovibile anche sul taglio fino al 40% delle pensioni «d' oro», quelle oltre 90 mila euro lordi che saranno colpite da un contributo di solidarietà crescente sulla parte retributiva dell' assegno. Misura che non piace all' altro vicepremier, Matteo Salvini, che rilancia proponendo di penalizzare queste pensioni raffreddando l' adeguamento delle stesse al costo della vita, taglio però considerato insufficiente dai 5 Stelle.
Ma non dovrebbero essere queste frizioni a impedire a Conte di preparare una proposta per Juncker. Che punterà anche sul taglio del debito grazie alle privatizzazioni e sul rafforzamento degli investimenti sui capitoli dedicati alle emergenze idrogeologiche, fuori dal conteggio del deficit.