COOPERATIVA ALLA SBARRA – IL FILONE MODENESE DELL’INCHIESTA SULLA CPL CONCORDIA VOLA A PROCESSO CON IL GIUDIZIO IMMEDIATO – SOTTO ACCUSA PER I FONDI NERI L’EX PRESIDENTE CASARI E ALTRI MANAGER

 

Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano”

 

Tutti alla sbarra. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena Andrea Salvatore Romito, ritenendo «evidente la prova dei fatti», ha disposto il giudizio immediato nei confronti dei principali protagonisti dell' inchiesta sulla Cooperativa di produzione lavoro (Cpl) di Concordia sul Secchia (Modena).

cpl concordiacpl concordia


Il prossimo 25 novembre alle ore 9 dovranno presentarsi alla cosiddetta udienza di smistamento l' ex presidente della Cpl Roberto Casari, alla guida dell' azienda dal 1976 al 30 gennaio 2015, Maurizio Rinaldi, ex presidente di Cpl distribuzione e dell' organo di vigilanza della Cpl, Nicola Verrini, responsabile commerciale per Lazio, Campania e Sardegna, e i consulenti Giorgio Montali, Francesco Simone e Massimo Ferrandino.

 

ROBERTO CASARIROBERTO CASARI

Quest' ultimo è il fratello di Giuseppe Ferrandino, l' ex sindaco di Ischia arrestato a marzo per una presunta corruzione collegata alla metanizzazione dell' isola. Il primo cittadino non è imputato a Modena, in quanto è indagato nel procedimento gemello della procura di Napoli sulla distribuzione del gas in Campania. Agli imputati sono contestati i reati di associazione per delinquere, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false.


Il gip ha rinviato a giudizio anche la società contestando la responsabilità amministrativa per il reato associativo e i diversi episodi di corruzione.

FRANCESCO SIMONE - CPLFRANCESCO SIMONE - CPL


Secondo l' accusa la presunta associazione, capeggiata da Casari, avrebbe assegnato finte consulenze, iscrivendole a bilancio, «al fine di creare indebite liquidità a favore dell' associazione a delinquere (…) e comunque al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto». Le provviste così realizzate sarebbero servite «in tutto o in parte al pagamento di somme corruttive a favore di pubblici funzionari delle amministrazioni appaltanti».

 

 Simone avrebbe contribuito alla costituzione di questi presunti fondi neri con quattro fatture per 155 mila euro complessivi; Montali è accusato di aver ricevuto tra il 2010 e il 2013 un numero di consulenze sospette molto superiore, per un importo totale di 1.422.000 euro. È lui l' uomo considerato vicino «ai palazzi romani». Nel decreto di giudizio immediato il giudice Romito ricorda anche le presunte prebende offerte ai parenti del sindaco Ferrandino: 165 mila euro per «due fittizie convenzioni» con l' albergo di famiglia; l' assunzione come consulente del fratello Massimo e «di numerose altre persone presso la Cpl»; 100 mila euro per la posa di tubature a favore dell' albergo di un ex assessore della giunta comunale.

Giosi Ferrandino Giosi Ferrandino


Il fascicolo esaminato da Romito è uno stralcio di un altro procedimento ancora in fase d' indagine. Le nuove investigazioni, coordinate dal procuratore facente funzioni Lucia Musti, si stanno estendendo anche al Nord Africa alla ricerca di eventuali corruzioni internazionali. Questo filone investigativo emerge chiaramente nell' interrogatorio del 14 luglio di Simone, ex consulente delle relazioni istituzionali di Cpl. Nell' occasione i carabinieri del Nucleo operativo ecologico pongono domande in ordine «ai suoi interessamenti per affari all' estero e specificamente in Mauritania, Algeria, Marocco e Tunisia».


Gli investigatori citano nomi e intercettazioni. Simone risponde in modo anodino negando mazzette a pubblici ufficiali africani, sebbene ammetta che gli «era stata offerta la possibilità di avere la bozza di un bando non ancora pubblicato» per la fibra ottica in Mauritania. Una versione ritenuta «inverosimile» dai carabinieri che gli ricordano come in base alle statistiche dell' Ocse la Mauritania risulti «tra i Paesi più corrotti dell' Africa».

Renzo Lusetti Renzo Lusetti


Gli inquirenti sembrano interessati ai nomi di alcuni ex politici che si sono rivolti a Simone per fare affari nel Maghreb. Per esempio viene citato l' ex parlamentare del Pd Renzo Lusetti «sceso in Tunisia per parlare di "acque"» e promotore «per la ditta Gallo». Nell' inchiesta sulla cosiddetta P4 erano emersi i suoi rapporti con l' imprenditore Alfonso Gallo.

 

Nel verbale è nominato anche l' ex maresciallo dei carabinieri ed ex consigliere regionale siciliano Antonio Borzachelli, protagonista di una complessa vicenda giudiziaria in cui è recentemente stato assolto. Gli investigatori hanno mostrato interesse anche per il ruolo dell' ex deputato leghista Angelo Alessandri e pure in questo caso Simone non ha accusato nessuno: «Alessandri è stato incaricato dall' onorevole Borghezio affinché si organizzasse una missione di imprenditori italiani interessati a fare investimenti in Marocco».

 

A Simone sono stati chiesti chiarimenti sui presunti business africani nei settori della depurazione e dell' illuminazione del consulente Giuseppe Zaccheria, manager arrestato ai tempi di Tangentopoli, e dell' imprenditore Ezio Bigotti, il cui gruppo è sotto inchiesta a Torino.

MARIO BORGHEZIOMARIO BORGHEZIO


Tra le carte del procedimento spunta anche una strana annotazione inviata alla procura di Modena lo scorso 30 maggio dal comandante del reparto operativo dei carabinieri di Modena, il colonnello Domenico Cristaldi, e dal maggiore Gennaro Bernardo del Noe. Nel documento viene censurato il comportamento dell' ex procuratore di Modena Vito Zincani, dall' aprile del 2015 chiamato a presiedere l' organismo di vigilanza della Cpl, per dare un segnale di discontinuità con il passato. «In quel frangente (le perquisizioni del 29 maggio scorso in Cpl ndr) venivamo avvicinati dal dottor Zincani (…) Ci proponeva di effettuare un' operazione "informale" consistente nella verifica presso la banca dati delle forze di polizia (Sdi) di un elenco di nominativi di soci della Cpl. Più nel dettaglio riferiva di disporre di un elenco di soci sui quali sarebbe stato opportuno accertare la sussistenza di eventuali pregiudizi o pendenze a loro carico (…) tale collaborazione sarebbe dovuta rimanere riservata tra lui e noi».

 

VITO ZINCANIVITO ZINCANI

Di fronte all'«evidente perplessità» dei carabinieri, Zincani, però, non si sarebbe scoraggiato. Anzi, avrebbe insistito, dicendo che alla Cpl «va cambiato volto», e avrebbe stigmatizzato «il rischio del modello cooperativo» che assume manodopera dove vince gli appalti con il risultato che «un dipendente affiliato o comunque vicino a una famiglia camorristica, per esempio, può divenire socio della cooperativa».


Se poi dagli accertamenti dei carabinieri sui soci fosse emersa «roba pesante», a quel punto «il problema sarebbe stato della società cooperativa che avrebbe individuato la modalità più idonea per risolvere il problema».


Il colonnello Cristaldi, si legge nell' annotazione, «per cercare di fuoriuscire in maniera elegante da questo imbarazzante contesto» avrebbe evidenziato «l' assoluta indispensabilità che qualsivoglia iniziativa non avrebbe dovuto contrastare con il regolare svolgimento delle indagini in corso». Zincani, contattato da Libero, trasecola: «Ho solo domandato se fossero ostensibili notizie di interesse per l' organismo di vigilanza, mai mi sarei sognato di fare una richiesta illegale agli ufficiali della polizia giudiziaria, sollecitando notizie coperte da segreto o riservatezza. È evidente che sono stato frainteso».

 

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