PUFF! È SPARITA LA MAGIA DI ROMA - RIFIUTI E BUCHE NON SONO UNA NOVITÀ MA DOPO GLI EFFETTI SPECIALI DI RUTELLI E VELTRONI MANCA IL GLAMOUR CAPITALE: COLPA DI MARINO E DELLA SUA INSENSIBILITA’ AGLI EVENTI-IMMAGINE (POTENTE ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA)
Fabio Martini per “la Stampa”
Si è rotto di nuovo l’incantesimo della città eterna: Roma torna ad essere brutta, sporca e cattiva agli occhi di mezzo mondo. Gli stessi (più o meno) cumuli di immondizia di dieci anni fa, lo stesso (più o meno) individualismo romanesco di venti anni fa, all’improvviso hanno acceso l’indignazione dei più grandi quotidiani internazionali.
Dopo il «New York Times», tocca a «Le Monde», che in un articolo dal titolo «Roma la degradata», scrive: «La capitale d’Italia sembra essere solo desolazione», con la descrizione di «sacchi dell’immondizia lasciati in un angolo di strada, sventrati dai gabbiani» buche in strada, «l’erba che cresce tra i sampietrini», cantieri abbandonati, i guasti e i ritardi di bus e metropolitane.
Finale apocalittico: «Già messa male, la reputazione della città è oggi vicina allo zero». Ma come mai, proprio ora, questo scroscio internazionale di indignazione nei confronti di Roma per mali atavici, mai curati fino in fondo? Colpa, questa sì, del sindaco Marino e della sua insensibilità a quella straordinaria arma di distrazione di massa rappresentata dal glamour, dagli eventi-immagine, da un po’ di sano marketing?
Per la verità la «fortuna» di Roma è sempre stata spaccata a metà: da una parte ammirazione (in patria e fuori) per il fascino immortale della città degli imperatori e dei papi, dall’altro disprezzo per come l’hanno ridotta i suoi abitanti più recenti e i suoi amministratori.
Alla fine del Settecento Wolfang Goethe scriveva che «si trovano a Roma vestigia di magnificenza e di sfacelo», per Byron, qualche anno dopo la città «è la desolata madre di Imperi estinti» e nel Novecento non ci sono andati teneri grandi scrittori come Alberto Moravia (una delle città «peggio tenute, più sporche e più maltrattate d’Europa») o come Guido Piovene: «Vetrina vistosa dei vizi nazionali». Persino nella recente, stracitata «Grande bellezza» di Sorrentino, Roma fa da bellissimo fondale a personaggi brutti e senza qualità. Come dire, una volta ancora: l’eterna Roma è bella, i romani no.
Certo, negli ultimi decenni l’immagine della Capitale è stata rilanciata da assessori geniali (l’Estate romana inventata a metà Anni Settanta da Renato Nicolini ha fatto scuola in mezzo mondo) e alcune amministrazioni (soprattutto Rutelli) pur non cambiando il costume dei romani, hanno inciso profondamente sul look: «La città si è abbellita», raggiungendo «un livello di decoro urbano fino allora del tutto sconosciuto», ha scritto lo storico Vittorio Vidotto nel suo «Roma contemporanea» per Laterza. E quanto a Veltroni, con lui arrivano la città del gusto, la casa del Cinema, la casa del jazz, la casa della memoria.
Effetti speciali che hanno «distratto» dai problemi eterni? Dopo la cura Alemanno, che ha trasformato le aziende municipali in riserve clientelari, per due anni Marino ha preso di punta i residui poteri forti della città (imprenditori del mattone, dei rifiuti, il Pd, i sindacati), coltivando la missione di «rimettere a posto il bilancio» dissestato. La cultura non era da rimettere in ordine, Marino se ne è dimenticato e alla fine questa trascuratezza non ha aiutato il «marziano».