EGITTO, NUOVO PARADISO DEL TERRORE - GLI ISLAMISTI PRO-MORSI: “MORIREMO MARTIRI” IN PIAZZA

Ibrahim Refat per "la Stampa"

È ancora braccio di ferro per il controllo delle piazze tra i Fratelli musulmani e il nuovo potere che li ha spodestati. Jehad Hadad, portavoce dei Fratelli musulmani, ha ribadito che le migliaia di sostenitori del deposto presidente Morsi non abbandoneranno mai il loro sit-in a piazza Rabaa el-Adawia al Cairo: «Ci vorranno settimane, forse un anno, ma noi resteremo là». Intanto il ministro degli Interni Mohammed Ibrahim è tornato sulla questione dello sgombero e ha invitato i partigiani di Morsi di tornare a casa, «pena il ricorso al pugno di ferro».

A nessuno sfugge il dilemma in cui si dibattono i militari, comandati dal generale Abdel Fattah el-Sisi, capo dell'esercito, ministro della Difesa e vice primo ministro, che temono i costi in vite umane di tale operazione, e un'eventuale erosione di consensi tra i loro sostenitori, oltre che sul piano esterno.

L'altro ieri il tentativo delle forze dell'ordine di respingere i manifestanti pro-Morsi ha causato 72 morti e 400 feriti. Ben più grave sarebbe il bilancio di un assalto ben organizzato contro migliaia di oltranzisti trincerati attorno alla moschea di Nasr city, e disposti «a morire per incontrare Dio».

In un mese di scontri ci sono stati 310 morti in atti di violenza in tutto il Paese. Il bagno di sangue sembra sia l'obiettivo cui puntano anche i capi irriducibili della Fratellanza, come sostengono fonti israeliane, secondo le quali sei di loro sarebbero riusciti a fuggire nella striscia di Gaza, dove avrebbero installato un quartiere generale in cui comanda Mahmud Izzat Ibrahim, vice guida suprema della Fratellanza, considerato un duro. Del resto tra i militanti della Fratellanza abbondano i votati al martirio.

Ieri, la tensione si è spostata a Porto Said, sul canale di Suez, e a Kafr el-Zait e Monufia nel Delta del Nilo: due morti e 28 feriti negli scontri tra sostenitori di Morsi e abitanti di quei centri. Nella città costiera gli estremisti hanno sparato contro la chiesa di san Giorgio, contro un'auto della polizia e contro automobili che issavano il ritratto del potente generale elSisi, che molti vorrebbero subito alla presidenza dell'Egitto, ignorando il piano di transizione suggerito dallo stesso generale che culminerà dopo nove mesi con le elezioni parlamentari e subito dopo presidenziali. Ad Ismiliya e sul canale di Suez è già cominciata la raccolta delle firme nell'ambito della campagna «el-Sisi for president».

Fonti militari smentiscono però questo obiettivo del generale. Un'ipotesi che fa inorridire i liberali di Mohammed el-Baradei, le sinistre, e alcune frange rivoluzionarie come Tamaroud. Già adesso non manca chi, su questo fronte, dissente dal ricorso alla violenza dei Fratelli musulmani. In due editoriali, l'ex deputato liberale Amr Hamzawi e l'islamista Fahmy Huewidi hanno invitato ad abbandonare i metodi giacobini nel mortale braccio di ferro con i Fratelli.

 

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