MENTRE IL MONDO NEGOZIA PER LA PACE IN UCRAINA CONTE E SALVINI CERCANO L’INCIDENTE SULLE SPESE MILITARI O SUI MIGRANTI PER FAR CADERE IL GOVERNO E ANDARE ALLE ELEZIONI IN GIUGNO: IL MOTIVO? FRENARE IL CROLLO NEI SONDAGGI DI M5S E LEGA. LA "PAZZA IDEA" DI CONTE SAREBBE QUELLA DI COLLOCARSI ALL'OPPOSIZIONE A SETTEMBRE. QUANDO LA LEGISLATURA COMUNQUE ARRIVEREBBE ALLA FINE NATURALE. MA LA FORMULA "DI LOTTA E DI GOVERNO" NON HA PORTATO MOLTA FORTUNA ALLA LEGA…
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Per Mario Draghi, con la guerra ai confini d'Europa e il Pnrr da portare avanti, non è il tempo di prendere e sbattere la porta. «Il Presidente non molla, resta al suo posto più gagliardo di prima», dice chi ha parlato con il premier nelle ultime ore. Ma nell'entourage di Draghi si fa sempre più forte il sospetto che Giuseppe Conte e Matteo Salvini «cerchino l'incidente per andare a votare a giugno».
Uno scenario che allarma Sergio Mattarella: «Bisogna assolutamente evitare la crisi», ammoniscono dal Quirinale. Sulla stessa linea il segretario del Pd, Enrico Letta, che di Conte è (era?) il promesso alleato: «Se cadesse il governo l'Italia lascerebbe sbigottito il mondo intero. Lavoriamo con impegno per evitarlo».
Tutte le fonti interpellate non credono che il leader dei 5Stelle e il segretario della Lega - tornato ieri a bombardare l'esecutivo sul fronte dei migranti attaccando a testa bassa la ministra degli Interni Luciana Lamorgese - abbiano «il coraggio di aprire la crisi».
MATTEO SALVINI E GIUSEPPE CONTE
Ma, appunto, «cercano l'incidente». «Il momento della verità» sarà a metà di aprile, quando il Documento di economia e finanza (Def) che dovrebbe contenere l'aumento delle spese militari, sarà votato dal Parlamento. Prima l'«incidente» è da escludere, tanto più che oggi i 5stelle in Senato voteranno la fiducia al decreto Ucraina.
La convinzione che Conte e Salvini puntino alle elezioni a giugno è fondata sulla «pretestuosità» e la «strumentalità» dell'atteggiamento dei due leader, sia sul fronte delle spese militari, sia su quello dei migranti.
MATTEO SALVINI CONTESTATO IN POLONIA CON LA MAGLIETTA DI PUTIN
E il movente è il crollo continuo dei due partiti nei sondaggi: «5Stelle e Lega perdono, in un quadro che vede il loro sostegno a Draghi, mezzo punto percentuale al mese», dice un'autorevole fonte dell'esecutivo, «perciò, per istinto di conservazione e di sopravvivenza, stanno cercando un modo di far cadere il governo senza però volersi intestare la crisi, non avendo né Conte, né Salvini la forza politica per farlo...».
A palazzo Chigi per tutta la giornata hanno seguito con un certo sconcerto le piroette di Conte. Quel dire: «Non voglio la crisi». Ma allo stesso tempo annunciare che il Movimento sulle spese militari «non farà alcun passo indietro». E soprattutto continuare a punzecchiare Draghi, con argomenti «pretestuosi», tipo quello di sostenere che «se resta l'obiettivo di raggiungere il 2% del Pil nel 2024, l'aumento delle spese per armamenti sarà di 6 miliardi l'anno».
Parole, «pronunciate da Conte che è il premier che ha speso di più in armamenti negli ultimi vent' anni», che hanno innescato (di nuovo) l'irritazione di Draghi.
Nei giorni scorsi, infatti, il capodelegazione dei 5Stelle al governo Stefano Patuanelli, era stato «puntualmente informato» da palazzo Chigi che non era, e non è, prevista alcuna accelerazione rispetto alla scadenza del 2028 per raggiungere la quota del 2% del Pil. E che il premier non aveva, e non ha, alcuna intenzione di rendere più breve la road map fissata dalla Difesa.
giuseppe conte e matteo salvini alla confesercenti
Tant' è che, dopo il nuovo attacco di Conte, Draghi ha fatto scendere in campo Lorenzo Guerini per smascherare la «strumentalità» dell'offensiva del leader 5Stelle. Il ministro della Difesa ha confermato, appunto, che non c'è alcun anticipo al 2024 come invece va dicendo l'avvocato pugliese: «Il nostro obiettivo è raggiungere il 2% nel 2028». La precisazione è stata ben accolta da Conte, che ha spacciato la data (già fissata) del 2028 come una novità e un successo.
Per Draghi mostrare atteggiamenti ondivaghi, far credere agli alleati occidentali che l'Italia non rispetterà l'impegno assunto in sede Nato, rappresenterebbe un vulnus per la credibilità del Paese. Soprattutto in una fase in cui Roma, come dimostra la telefonata di ieri con Vladimir Putin, sta trovando una certa centralità nella crisi Ucraina. Da qui la reazione dura e ferma di martedì, con la benedizione di Mattarella, per stoppare la capriole di Conte.
Volteggi che Draghi aveva previsto, come dimostrano le sue parole di venerdì scorso, a conclusione del Consiglio Ue: «In questo momento l'unica cosa che può fare una politica che vuole bene al Paese è stare uniti. Poi i conti si fanno con la coscienza e anche con il proprio elettorato. Ma non è ora il momento». Per Conte invece lo è.
2 - SFILARSI A SETTEMBRE DAL GOVERNO L'AUTUNNO CALDO TENTA IL LEADER 5S
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Solo un pourparler, una ipotesi buttata lì? O forse - sospettano specialmente i più "moderati" del M5S - una opzione vera e propria, alla quale nei fatti si starebbe già lavorando preparando le condizioni per...? Di certo c'è che nel circolo ristretto di Giuseppe Conte l'argomento è stato trattato più di una volta nei giorni scorsi, cioè la "pazza idea" di collocarsi all'opposizione, non adesso ma a settembre. Quando, con buone probabilità, la legislatura comunque arriverebbe alla fine naturale, consentendo però ai 5 Stelle di passare qualche mese in modalità protestataria, vecchio stile insomma.
Nella convinzione, o nella speranza, di recuperare consensi e identità, i primi perduti e la seconda anche, dopo quattro anni e passa di governo.
L'autunno caldo del Movimento avrebbe quindi dei pro, ma anche numerose variabili difficilmente controllabili. Primo particolare di cui tenere conto: a settembre scatta il diritto alla pensione dei parlamentari, un fattore apparentemente minore. Con questa garanzia però per tutti quanti, soprattutto per decine e decine di fortunati del M5S che avevano vinto la lotteria del 2018, il terrore di tornare a casa anzitempo, spesso celato dallo stoico senso di responsabilità di chi è entrato incendiario e si ritrova pompiere, verrebbe decisamente meno.
Un M5S d'opposizione recupererebbe lo spirito e l'anima ribelle in libera uscita, oppure rimasta ingabbiata dalla morsa super istituzionale; magari tornerebbe Alessandro Di Battista, oppure riprenderebbero centralità figure tenute lì col freno a mano come Virginia Raggi e Danilo Toninelli. Poi non c'è solo la parabola del M5S, arrivato al 33 per cento nel 2018 e adesso quotato al 12 per cento, a dimostrare che governare - e ancor di più con un premier tecnico che concede pochi spazi ai partiti - rischia da qui ad un anno di inchiodare il Movimento sotto al 10: anche lo schema "di lotta e di governo", sperimentato finora da Matteo Salvini, non sta portando grandi fortune alla Lega.
«Il Pd è il partito della stabilità, della responsabilità sempre e comunque, è il suo core business e infatti mantiene sempre lo stesso livello di consenso. Noi cosa siamo? Non si capisce bene, di sicuro fare i doppioni del Pd non serve né a noi né a loro», ragiona un alto in grado dei 5 Stelle. L'evoluzione di questi anni ha portato il M5S populista e trasversale a collocarsi stabilmente nel centrosinistra, con la guida di Conte - a guardare temi e sensibilità, compresa l'ultima accentuazione pacifista - molto spesso addirittura alla sinistra del Pd.
stefano patuanelli matteo salvini giuseppe conte
Con uno strappo al governo però a quel punto l'alleanza progressista rischierebbe anch' essa di saltare in aria e questa possibilità, che pure non dispiace ad alcune anime del Movimento, ha un peso non da poco nelle riflessioni in corso.
Non ci sono dubbi inoltre che, lasciando l'esecutivo, il M5S perderebbe pezzi per strada, vedi ad esempio Luigi Di Maio. Allo stesso tempo sarebbe un passaggio chiarificatore e che, nel rimescolamento, potrebbe togliere di mezzo delle contraddizioni interne. Al momento del resto convivono due diversi Movimenti, uno pienamente allineato alla maggioranza e un altro che invece punta i piedi e fa la gara al distinguo. Perciò secondo i maligni Conte cerca il pretesto giusto per mandare tutto all'aria: la legge di bilancio, in autunno, che avrà dentro le spese militari contestate oggi?
Un blocco europeo della terza tranche del Pnnr, che suonerebbe come una figuraccia dalla quale tenersi alla larga? Per l'ex presidente del Consiglio invece è colpa dei cosiddetti "media mainstream" che «quando il M5S pone un problema dicono che vuole la crisi di governo: è l'angolo in cui vogliono cacciarci». Resta da capire come si pone o si porrebbe Beppe Grillo. Il garante si è di nuovo rintanato, descritto come stanco e disinteressato, ma sempre in contatto con Conte. Di certo se desse un via libera convinto allo sganciamento per Conte sarebbe una garanzia in più. Ma mancano cinque mesi, in mezzo può succedere qualsiasi cosa e prima la pandemia e poi la guerra l'hanno insegnato, alle 5 Stelle in caduta libera più di tutti.
mario draghi 5matteo salvini e giuseppe conte in senato prima del discorso del premiergiuseppe conte contro salvini in senato