IGNA', TE NE DEVI ANNA' - SE “DIGRAZIO” MARINO RITIRA LE DIMISSIONI, I CONSIGLIERI DEL PD SONO PRONTI A LASCIARE IN MASSA IL CAMPIDOGLIO - RENZI CONSIDERA CHIUSA LA QUESTIONE MA, PER LASCIARE IN MODO INDOLORE, IL GAIO CHIRURGO CHIEDE IN CAMBIO UN “RISARCIMENTO”
Elisa Calessi per “Libero Quotidiano”
Al solo sentire pronunciare la parola "Roma", Matteo Renzi si irrita. E ormai da tempo. Si può immaginare come abbia accolto, ieri, immerso come era nelle ultime correzioni alla legge di stabilità, la notizia che Ignazio Marino starebbe pensando di ritirare le proprie dimissioni.
Per la precisione il sindaco, dopo essere stato in procura dove è stato ascoltato dai magistrati per l' indagine sui rimborsi presentati per cene e pranzi, ha detto che si prenderà tutti i venti giorni che gli concede la legge per «verificare» se ha una maggioranza o no. Come dire che nulla è ancora deciso.
La risposta di Palazzo Chigi, più eloquente che mai, è stato il silenzio. L' impegno di Renzi per Roma, si fa sapere, riguarda l' individuazione del «dream team», la squadra che affiancherà il commissario - probabilmente un prefetto - chiamato a gestire la Capitale fino alle elezioni. Il nome di punta sarà Marco Rettighieri, in arrivo da Expo, ma gli altri sono ancora da scegliere. Marino, per il premier, è un problema chiuso. Detto in altro modo, se la deve sbrigare Matteo Orfini, commissario del Pd romano.
Il quale, alle parole di Marino, ha immediatamente convocato al Nazareno i consiglieri comunali del Pd. E ha ribadito che la posizione non cambia: con Marino non si va avanti, la decisione è presa e non si torna indietro. «La linea è quella che già sapete», ha detto all' uscita dalla riunione.
Agli eletti in Campidoglio ha spiegato che nelle prossime ore cercherà di parlare con il sindaco dimissionario, di convincerlo a non tirare la corda, a non tentare inutili prove di forza. Ma se dovesse insistere, la risposta è pronta: dimissioni in blocco di tutti i consiglieri comunali.
Uno show down di fronte al quale l' ex chirurgo non potrà fare altro che prendere atto. Naturalmente si spera di non arrivare a questo punto. Anche perché nel Pd si è consapevoli che più questo sanguinoso epilogo va avanti, più a perderci è il Pd. Il gioco di Marino, è la convinzione generale, è proprio questo. Il sindaco-chirurgo, si dice, vorrebbe che qualcuno gli offrisse qualcosa.
Una buonuscita politica, la promessa di un incarico. Una sorta di risarcimento per come è finita. Ma nessuno, né Orfini, né tantomeno Renzi, sono in condizioni di offrirgli alcunché. Non è che non possono, non vogliono. Il piano B, allora, è vendere cara la pelle: fare in modo che sia chiaro al mondo che se lui va a casa è perché il Pd lo ha cacciato. Se la procura archivierà l' indagine, verrebbe meno - è il ragionamento che fa Marino - l' argomento per cui è stato costretto alle dimissioni. A quel punto deve essere il partito che lo ha eletto, se ha il coraggio, a sfiduciarlo.
Ma è una sfida a cui il Pd vuole sottrarsi. Anche perché, se arrivasse a sfiduciarlo, salirebbe sul banco degli imputati, passando come il partito che ha cacciato un sindaco eletto, senza che fosse accusato di alcun reato. La linea, perciò, messa in chiaro da Orfini ai consiglieri, è di totale fermezza: l' esito dell' inchiesta non modifica le decisioni prese.
«Marino non può andare avanti». Per il Pd non ci sono le condizioni, indipendentemente dalla vicenda degli scontrini. A dare una mano, ieri, è stato Alfonso Sabella, assessore dimissionario alla Legalità, il quale, a Porta a Porta, ha raccontato come avesse in tasca le dimissioni già prima che scoppiasse la vicenda degli scontrini. Perché si era reso conto «della difficoltà dell' amministrazione a far fronte ai bisogni dei cittadini».
La situazione, in ogni caso, è complicata. Il Pd teme lo stiliccidio. Cioè che ogni giorno Marino se ne esca con un' accusa o una sfida. A questo si aggiungono le preoccupazioni dei consiglieri, i quali non sono felici di decadere e vedono un futuro per loro incerto. Peraltro, con il passare del tempo, la vicenda si ingarbuglia. Renzi sperava di definire commissario e dream team prima della partenza per il Sud America, prevista per giovedì prossimo, ma le ultime vicende rischiano di allungare i tempi. Se Marino era, per il Pd, un problema da sindaco in carica, lo sta diventando ancora di più da dimissionario. E gli effetti potrebbero prolungarsi.
La partita che il Pd si gioca a Roma è difficilissima. Nessuno si fa illusioni. Ma se agli avversari già in campo, a cominciare dal M5S, si aggiunge un Marino furioso, rischia di diventare persa in partenza. Tra Renzi che si tiene alla larga e Orfini costretto a gestire lo strascico di una storia sempre più ingarbugliata, è un renziano doc, Michele Anzaldi, a dire quello che forse anche il premier pensa.
«Quello che sta accadendo intorno al Campidoglio», ha scritto ieri sull' Huffington Post, «fa tornare in mente una famosa orazione di Cicerone. "Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?". Quando cesseremo noi di essere oggetto del tuo furore? Quando avrà fine cotesta tua sfrenata audacia? Roma merita questo balletto? La città, che sta vivendo una delle sue stagioni amministrative più difficili con l' inefficienza dei servizi ormai non più sostenibile, non ha diritto quantomeno al rispetto da parte di chi è stato chiamato pro tempore ad amministrarla?».
IGNAZIO MARINO - MATTEO RENZI - VIGNETTA DI BENNY
Ma l' impressione è che il chirurgo-Catilina non abbia nessuna intenzione di fermarsi. Tutti contro il sindaco Il chirurgo minaccia: non ho ancora deciso se me ne andrò, potrei ripensarci. Ma il partito lo gela: non può più restare al Campidoglio. E, in caso di scontro frontale, i consiglieri saranno fatti dimettere Marino resiste: dem pronti a lasciare in massa.