“CROSETTO È CONVINTO DI AVER INDIVIDUATO UNA SOLA ‘MELA MARCIA’ NELL’AISE, RIFERENDOSI SEMBREREBBE AL GENERALE LUCIANO CARTA, EX DIRETTORE DELL’AGENZIA, GIÀ A LEONARDO” - “REPUBBLICA” RICOSTRUISCE LA SPACCATURA NEL GOVERNO TRA CHI VEDE COSPIRAZIONI OVUNQUE (FAZZOLARI, CROSETTO, IL VICE CAPO DEL DIS, GIUSEPPE DEL DEO E IL CAPOSCORTA DELLA MELONI, PINO NAPOLI, MARITO DI PATRIZIA SCURTI) E CHI NON ABBOCCA AL TEOREMA (MANTOVANO E I VERTICI DELL'INTELLIGENCE, CARAVELLI E VALENSISE) - "L’INCHIESTA DI PERUGIA NON È L’UNICO TERRENO SU CUI SI ALLUNGA L’OMBRA DEL COMPLOTTISMO. LA VEDIAMO ANCHE SUL CASO BOCCIA-SANGIULIANO - E QUANDO DUE UOMINI, CHE SI PRESENTANO COME AGENTI DI POLIZIA, VENGONO FERMATI SOTTO CASA MELONI, LA SUA SCORTA, E ALCUNI UFFICIALI DEI SERVIZI, CONVINCONO LA PREMIER CHE È QUESTIONE GRAVISSIMA, CHISSÀ CHI ERANO E CHISSÀ CHI LI A MANDATI - DI PIÙ: CI SONO STATI FURTI VICINI ALLA VECCHIA E ALLA NUOVA ABITAZIONE DELLA PREMIER..."
Fabio Tonacci e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
Un complotto contro il governo Meloni, anzi centomila, dunque nessuno. Ma tanti, tanti complottisti in seno all’esecutivo. La discovery degli atti dell’inchiesta di Perugia sul tenente Pasquale Striano e la sua centrale di spionaggio ha dimostrato, una volta di più, ciò che da mesi è sotto gli occhi di tutti, per chi vuol vedere: nel governo, e di conseguenza anche nei servizi della nostra intelligence, esiste una spaccatura, che si declina in conflitto istituzionale, tra coloro che gridano ogni giorno alla cospirazione, alzando attorno alla Presidenza del consiglio un muro di difesa. E coloro che, invece, al facile richiamo della trama non cedono e coprono il proprio ruolo nella forma più convenzionale: con le nomine nei posti chiave.
Per fare i nomi: da un lato ci sono il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, in parte il ministro Guido Crosetto, alti dirigenti dei servizi segreti come Giuseppe del Deo (nuovo vice capo del Dis), e figure solo in apparenza minori, come il caposcorta di Giorgia Meloni, Giuseppe Napoli detto Pino, ex carabiniere entrato nell’Aisi, l’intelligence interna, e marito della potentissima segretaria della premier Patrizia Scurti; dall’altro lato ci sono l’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, e i vertici delle due agenzie, Giovanni Caravelli dell’Aise e Bruno Valensise dell’Aisi.
A rendere evidente la spaccatura è stata l’audizione del 22 gennaio scorso di Crosetto davanti al procuratore di Perugia Raffaele Cantone, chiesta dallo stesso ministro per spiegare perché, dopo l’uscita di articoli di stampa su sua moglie e sulla sua casa, sospettasse di essere vittima di dossieraggio da parte dei nostri 007 o di qualche servizio segreto straniero. «I rapporti con Aise non sono particolarmente buoni», sostiene Crosetto in quell’occasione. «Ci sono state mancate informazioni che avrebbero potuto creare problemi alla sicurezza nazionale».
È importante però collocare nel tempo il verbale: siamo a gennaio e nei Servizi c’era grande fibrillazione. La poltrona del vertice Aise sembrava vacillare, e da lì a qualche mese anche il generale Mario Parente, numero uno dell’Aisi, sarebbe andato in pensione. All’interno della maggioranza si agitavano in tanti: Salvini e il cerchio magico di Meloni che non amavano Parente, lo stesso Crosetto, convinto che all’Aise ci fosse qualcuno che ce l’aveva con lui, tanto da parlarne a Cantone.
Il timore del ministro della Difesa si dimostrerà però infondato: dietro le uscite sui giornali non c’è alcun complotto, Striano faceva ricerche abusive su di lui probabilmente per conto dei giornalisti (è la tesi della procura) o per seguire uno spunto di indagine (la versione di Striano). In ogni caso, non su ordine dell’intelligence, come certifica Mantovano con una nota ufficiale.
La partita delle nomine ai Servizi, Crosetto, nei mesi successivi la perderà. Caravelli è rimasto al suo posto, anzi, ha acquisito sempre più peso per come sta affrontando la questione Libia (le partenze dei migranti si sono ridotte, Meloni ha siglato intese, discusse e discutibili, con i due governi libici) e, più in generale, per la gestione di delicate partite internazionali, come il Niger (l’unico contingente rimasto lì è italiano) e i rapporti con l’America. All’Aisi, poi, è andato il candidato di Mantovano, Valensise. Mentre Giuseppe del Deo («uno dei pochi che non bussa quando entra nella stanza di Giorgia», dicono a Chigi) è stato dirottato al Dis.
Tutto sembrava essersi calmato fin quando il verbale di Crosetto — da giorni noto al Governo perché depositato in Commissione Antimafia — è finito sui giornali. Dopo la pubblicazione integrale sul Fatto , Mantovano ha espresso «massima fiducia nell’Aise», chiara presa di distanza dalle dichiarazioni di Crosetto, più tardi annacquata dalla formula di rito «c’è piena collaborazione tra Difesa e Aise».
Tutto rientrato? Per niente. Crosetto, con persone a lui vicine, si chiede perché quel verbale sia uscito proprio adesso (banalmente, perché ora è stato depositato e a disposizione delle parti) e poi è convinto di aver individuato una sola «mela marcia» nell’Aise, riferendosi sembrerebbe al generale Luciano Carta, ex direttore dell’agenzia, già a Leonardo.
L’inchiesta di Perugia non è l’unico terreno su cui si allunga l’ombra del complottismo. La vediamo anche sul caso Boccia-Sangiuliano. E tra novembre e dicembre due uomini, che si presentano come agenti di Polizia, vengono fermati sotto casa Meloni: la sua scorta, e alcuni ufficiali dei Servizi, convincono la premier che è questione gravissima, chissà chi erano e chissà chi li a mandati.
alfredo mantovano giorgia meloni
Di più: ci sono stati furti vicini alla vecchia e alla nuova abitazione della premier. Agitazione, brutti pensieri, si intessono trame. Ma la Polizia, l’Aisi e lo stesso Mantovano (come spiegherà al Copasir) al termine di indagini stabiliscono che non si tratta di complotto, nessun pericolo per la sicurezza nazionale. Erano due ricettatori in cerca di pezzi di ricambio, capitati sotto l’abitazione sbagliata . I furti in casa sono un problema per tutti, a Roma.