Mario Raffaele Conti per "Oggi.it"
La prima volta che ho incontrato Awana Gana era l’ottobre 1984. Lui era il mito di Radio Monte Carlo, aveva già fatto Domenica in e mi sembrava già maturo anche se aveva solo 37 anni. Io di anni ne avevo 25 e in un locale di Milano l’occasione è immortalata in una foto in bianco e nero: lui mi alza il braccio mentre Roberto Arnaldi - altra leggenda di Rmc - presentava questo nuovo giovane acquisto di Radio Monte Carlo.
Awana Gana è stato il mio maestro di radio, mi ha trasmesso la passione per la Camargue, sua e ora anche mia terra di elezione, per i cavalli, per i Gipsy Kings e per le cravatte da ranchero. Non ci siamo più persi di vista. E a Natale mi ha confessato la novità che stava portando gioia nella sua vita: «Sono un cavaliere templare». Immaginatevi la reazione. Sono trasalito.
Ma Awana Gana, classe 1949, nome d’arte di Antonio Costantini Picardi, non è uno sciocco. E siccome conosce il mio agnosticismo e la mia curiosità, qualche giorno fa mi ha lanciato un invito: «Vieni all’Abbazia di Ferrania e guarda con i tuoi occhi».
Ed eccoci, con il fotografo Fernando Arias, catapultati in questo angolo di Medioevo alle spalle di Savona tra gli spettri delle vecchie fabbriche dismesse delle pellicole 3M. I cavalieri e le dame arrivano in auto e in abiti borghesi, ma appena scesi infilano il saio, indossano un mantello e una meravigliosa spada d’altri tempi. Awana ci accoglie con un bel sorriso assieme al Gran Priore di questa singolare “compagnia dell’anello”, Fra Riccardo Bonsi.
Oggi qui alla presenza di un sacerdote, Fra Don Massimo Iglina, abate generale dell’Ordine, ci sarà la cerimonia di investitura di cavalieri e dame ad honorem e di consacrazione di postulanti e cavalieri del Venerabilis Equestre Ordo Sacri Principatus Sancti Sepolcri, il V.E.O.S.P.S.S., i templari.
La prima nostra reazione è dovuta: «Ma com’è possibile, Awana? Sappiamo bene che i templari furono tutti arrestati per ordine del Papa da Filippo il Bello re di Francia e che la loro storia finisce con il rogo di Jacques de Molay il 18 marzo 1314, accusato di eresia».
Awana Gana e il Gran Priore ci raccontano una storia in parte diversa che si collega a un altro luogo mitico, il Principato di Seborga, fazzoletto di terra nell’entroterra di Bordighera che un po’ per vezzo e un po’ sul serio, rivendica una sua autonomia ed elegge un principe: «Si dice che, prima dell’arresto di De Molay, furono consegnati al principe di Seborga, Jacopo da Moncucco, i tesori dell’ordine e l’anello dei maestri generali.
Il principe si ritirò a Seborga e lì venne difeso. Da lui l’ordine è arrivato fino a noi e ha contato tra i Gran Priori Cristoforo Colombo, Victor Hugo, Alessandro Volta, Jules Verne, Claude Debussy, Jean Cocteau».
La cerimonia ha inizio e nelle due ore successive assistiamo a promesse di fedeltà in latino, al Padre Nostro recitato in aramaico, a spade che si levano verso la cupola della chiesetta, a investiture e alla famosa formula di consacrazione: «È sorto un cavaliere!». Non siamo in Indiana Jones e l’Ultima Crociata e Awana Gana non è Harrison Ford, ma è inutile dire che il fascino si confonde con la sorpresa, il gioco con il senso del sacro, lo scetticismo (nostro) con la fede salda (loro). Ci credono.
«Bene, ora però devi dirci a cosa serve tutto questo», lo blocco sul sagrato mentre si accende una sigaretta con ancora indosso la tunica e il mantello. «È chiaro che non partiamo per una crociata», attacca, «noi siamo cavalieri-monaci, facciamo voto di obbedienza, umiltà e silenzio. Il che vuol dire che alcune verità non vanno rivelate». «Neanche quella sul Santo Graal?», lo incalziamo un po’ per gioco e un po’ no.
«Noi siamo stati, siamo e saremo custodi delle reliquie legate alla vita e alla parola di Cristo e il Gar-Haal, reliquia custodita dai Cavalieri del tempio, è una di queste», spiega. «Si tratta di capire se sia una pietra, un calice o qualcosa di più spirituale. In entrambi i casi è un mezzo per risanare l’uomo e riportarlo all’immortalità divina».
«NON SIAMO MASSONI»
E continua: «Ci rifacciamo alla regola di San Bernardo da Chiaravalle, siamo presenti in Italia, Canada, Francia, Inghilterra, Argentina, contiamo due vescovi nell’ordine. E nel nostro statuto c’è la sopravvivenza del genere umano e anche la difesa del cristianesimo. Ecco perché è capitato che in Francia siamo stati chiamati a fare da deterrente sul sagrato delle chiese.
Non siamo massoni, ci diamo sostegno morale e fisico ma non siamo una società d’affari e nemmeno un “rotary” e la nostra quota annuale è intorno ai 200 euro. Facciamo beneficenza e siamo riconosciuti dall’Onu dove io sono ambasciatore e ognuno di noi si adopera per i bisognosi. Per esempio io vado a distribuire pasti caldi a Nizza per
l’associazione monegasca Soupedenuit».
Awana si illumina. Ci crede. In effetti qualcosa è cambiato in lui. «Quattro anni fa sembravi un po’ depresso, demotivato, oggi sei felice», gli confesso. «Quattro anni fa Fra Riccardo mi ha contattato», spiega.
«Aveva sentito parlare di me e mi ha fatto la proposta di entrare nell’ordine. Quando ho accettato sono andato da mia madre, 89enne, che vive a Venezia e gliel’ho detto: “Non voglio che ci siano malintesi, conosci la mia etica, non siamo una setta”. Ha approvato».
Mi scappa un sorriso. Awana monaco proprio non ce lo vedo: fascinoso a dispetto dei suoi 67 anni, ha alle spalle un matrimonio durato 12 anni e una serie ragguardevole di conquiste.
Ancora oggi è capace di innamorarsi e le giovani donne lo apprezzano. «Non fare lo spiritoso, siamo oblati di derivazione cistercense, ma non siamo ordinati e non abbiamo il voto di castità», mi stronca sornione. Ora va meglio. Awana Gana è un cavaliere. Anzi, lo è sempre stato.
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