guaglianone

‘NU BELLU GUAGLIANONE (NICOLA) – DAL SUCCESSO DI “LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT” AL NUOVO FILM DI VERDONE, PARLA LO SCENEGGIATORE: "QUANDO MI HA CHIAMATO CARLO MI SONO DETTO: CE L'HO FATTA – NON E’ VERO CHE IL PUBBLICO NON VUOLE ANDARE AL CINEMA. BISOGNA FARGLI VENIRE VOGLIA. NON SE NE PUÒ PIÙ DI FILM DOVE VIENE RAPPRESENTATO SOLO IL DISAGIO…” – VIDEO

 

Gianmaria Tammaro per La Stampa

guaglianoneguaglianone

 

Tutto è cominciato con Leo Benvenuti: «Mi ha fatto capire che potevo fare lo sceneggiatore. Studiavo Giurisprudenza. La abbandonai. Nel '99 vendetti l' orologio che i miei mi avevano regalato per i 18 anni e sono andato a Los Angeles. Lì ho studiato e più che una città ho conosciuto un supermercato delle emozioni umane: un luogo dove si soffre molto e dove puoi diventare dio nel giro di un mese».

 

Nicola Guaglianone - classe '73, mamma napoletana e papà calabrese, sceneggiatore - ha scritto Lo chiamavano Jeeg Robot e L' ora legale . Poche settimane fa, a Taormina, ha vinto il Nastro d' Argento per il miglior soggetto per Indivisibili . Sta scrivendo il nuovo film con Gabriele Mainetti, un film d' animazione intitolato Uccelli criminali , La Befana vien di notte con Paola Cortellesi e una graphic novel per Mondadori.

 

Non si ferma un attimo.

«Sono un autore. Pigro, ma un autore. È quello che faccio».

 

guaglianone verdoneguaglianone verdone

Ha mai pensato di dirigere?

«Tanti me lo stanno proponendo ma mi spaventa svegliarmi la mattina alle sei. Nun ja posso proprio fa' . E poi ho paura di cambiare punto di vista sulla realtà. Come sceneggiatore, associo a ogni volto una storia. Da regista, invece, forse penserei alle inquadrature, alla scena, a come costruirla».

 

Quando vi siete conosciuti, lei e Gabriele Mainetti?

«Da giovanissimi. Sua sorella era fidanzata con un mio amico. Avevamo vent' anni, lui voleva fare il regista, io già scrivevo. Noi siamo stati folgorati da Tarantino, da Le Iene , dal cinema che nasceva a New York».

 

I vostri primi lavori insieme sono stati cortometraggi.

«Avevo scritto Il produttore . All' inizio lo volevo dirigere io, la pigrizia mi portò a proporlo a Gabriele. Poi toccò a Basette . L' idea era prendere i cartoni animati giapponesi, gli "anime" degli Anni Settanta e Ottanta e portarli in Italia, a Roma».

nicola guaglianonenicola guaglianone

 

Con «Tiger Boy» arrivaste tra i dieci corti finalisti agli Oscar.

«Sì, e in Italia nessuno ne parlò. Era lo stesso anno di Sorrentino. Nessuno scommetteva sulle nuove generazioni».

 

Tra i suoi nuovi film c' è «Benedetta Follia» di Carlo Verdone.

«Quando ho ricevuto la telefonata è stato molto emozionante. Ho pensato di avercela fatta, di aver fatto le scelte giuste. Carlo è un maestro, è un uomo di una grande umiltà, che si sorprende di essere un' icona».

 

Ha lavorato all' adattamento per il piccolo schermo di «Suburra». Quali differenze con i film?

«Tutti adesso dicono che le serie americane sono scritte bene, ma è il sistema produttivo che è diverso. Alle nostre fiction si lavora per compartimenti stagni: c' è sempre l' idea di accontentare tutti. E così non si piace a nessuno».

luca marinelli in lo chiamavano jeeg robotluca marinelli in lo chiamavano jeeg robot

 

Dopo «Suburra» ha in mente altre serie?

«Ne sto facendo una per Wildside. Ho appena consegnato la terza stesura del soggetto. Con me c' è anche Roberto Menotti, stiamo lavorando insieme».

 

Rimettere al centro la storia. È questa la medicina per guarire la crisi della sala cinematografica?

«Dicono: il pubblico non vuole andare al cinema. E invece sì che ci vuole andare. Ma bisogna fargli venire voglia. Non se ne può più di film dove viene rappresentato il disagio e non c' è speranza per i protagonisti».

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