SUPERTELEGATTONE! "SENZA DI ME CLAUDIO CECCHETTO NON SAREBBE CHE UN PUPETTO!" (VIDEO STRACULT) - MAURIZIO SEYMANDI MEMORIES: “FRANCESCO COSSIGA MI CHIESE DI TROVARGLI UN LAVORO IN TV PERCHÉ ERA CONVINTO CHE LO AVREBBERO FATTO FUORI DALLA POLITICA - PORTAI LE HIT PARADE IN TV CON 'SUPERCLASSIFICA SHOW'. MA FUI SILURATO PER GERRY SCOTTI" - LE BATTUTE IRRIPETIBILI DI MIKE, MONTALE E IL CIBO DEI POETI, LE BOTTIGLIE DI BRERA E QUANDO SI MISE A DIRE “LIBERATE VASCO” ARRESTATO PER POSSESSO DI COCA - VIDEO

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Roberta Scorranese per il Corriere della Sera

 

Maurizio Seymandi, bella casa.

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«E non ha visto quella del lago. L’ho comprata con i soldi di Soleado».

 

La canzone senza un testo ma che fa «oh oh oh»?

«Proprio quella, scritta con Dario Baldan Bembo e altri (in queste ore ci ha scritto Ciro Dammicco, aka Zacar, precisando che Soleado è stata scritta da lui, ndr). Ma ne ho scritte tante di canzoni, sa? Il punto è che spesso il nome non compariva».

 

(...)

 

Com’era la Milano del secondo dopoguerra?

«Vivace, piena di vita. Andavo con gli amici a giocare nel prato accanto alla via Gluck, quella cantata da Celentano. E trovavo sempre una scusa per infilarmi negli studi Rai. Vianello e Tognazzi erano i miei punti di riferimento».

 

Poi la Rai le fece un vero contratto.

«Sì, ma a Roma e con mansioni di autore. Che tempi. Conobbi Renato Rascel e Walter Chiari. Lo sa che la famosa battuta “Walter Ego” è mia?».

 

Anche Mike.

maurizio seymandi maurizio seymandi

«Gli devo moltissimo. Mi invitava sulla sua barca e faceva certe battute che però qui non si possono riportare».

 

Questo è il «Corriere».

«Assieme all’Inter, per me un faro».

Tanta radio, tante trasmissioni. Si lavorava parecchio in Rai all’epoca?

«Ma c’era anche un bellissimo incrocio di personaggi. Per esempio, io curavo una trasmissione legata al gusto e un giorno intervistai Eugenio Montale e gli chiesi che cosa mangiano i poeti. Lui rispose: “Spero che mangino”».

 

Altri incontri?

maurizio seymandi e raffaella carra maurizio seymandi e raffaella carra

«Gianni Brera. Nella sua casa al lago cucinò lui, apriva bottiglie e diceva “Le bottiglie aperte vanno finite”».

 

E poi arrivò «Sorrisi». La grande intuizione dell’allora direttore Gigi Vesigna: con le classifiche musicali si può costruire uno show.

«Televisivo. Eravamo alla fine degli Anni 70, le prime televisioni private prendevano forma e così mi misi a girare l’Italia per comprendere questo mondo che nasceva».

 

E che cosa vide?

«Di tutto. Un’anarchia totale, perché c’era una corsa sfrenata ad accaparrarsi le frequenze ma spesso chi se le aggiudicava non aveva i mezzi per fare televisione».

 

Un esempio?

«Nel Bolognese una tv aveva per sede una stalla, senza nemmeno la corrente elettrica. In altre zone della provincia magari c’erano una stanza e un telefono. In una tv parrocchiale in Veneto, di notte andavano in onda gli spogliarelli delle casalinghe. Non c’era nessuna organizzazione, era un Far West. Però sia Gigi che io intuimmo che stava per accadere una rivoluzione».

 

Che cosa glielo faceva pensare?

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«La mia esperienza in Rai. Non era possibile che restasse quel monopolio in un’Italia che cresceva, con imprenditori e industriali pronti a investire. Così nacque la Superclassifica di Sorrisi, da questo fermento che vedevo intorno a me. Al giornale ricevevamo tante lettere di piccole emittenti che volevano farsi conoscere, ma le cose molto lette erano le classifiche musicali. La disco music viveva il suo periodo d’oro, perché non portarla in televisione?».

 

La prima puntata?

«La girammo in pellicola, una cosa assurda, costosissima, ma non avevamo la telecamera. Poi, mesi dopo, Telealtomilanese, dove andavamo in onda, venne comprata da un certo Silvio Berlusconi».

 

La svolta.

«Assoluta. Il simbolo, però, il Discolaccio, quel pupazzone ideato da Giorgio Ferrari con la voce di Franco Rosi, c’era già. Non c’ero però io in video, pensi che usai degli spezzoni di film, opportunamente montati, per annunciare i brani musicali».

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La cosa che però ricordano tutti, anche chi all’epoca era bambino, è la sigla.

«SuperTelegattone... Maooo».

Nel 1980 il passaggio a Canale 5, giusto?

«L’avventura divenne straordinaria perché in studio avevamo ospiti di tutti i tipi. Ricordo, per esempio, Francesco Cossiga: alla fine dell’intervista mi chiese di trovargli un lavoro in tv perché era convinto che lo avrebbero fatto fuori dalla politica».

 

Musica e politica erano intrecciate.

«Una cosa assurda accadde quando arrestarono Vasco Rossi per possesso di cocaina. Nella registrazione io ospitai una band che lavorava con lui e, quando mi dissero che lui era sempre troppo impegnato per venire in trasmissione, io mi misi a gridare “Liberate Vasco”, intendendo dire lasciatelo più libero da impegni, non sapendo che in quelle ore lo avevano fermato davvero. La puntata andò in onda così, fummo sommersi da lettere e telefonate dei fan di Rossi».

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Tre mesi dopo i festeggiamenti per la puntata numero 900 lei viene a sapere dai giornali che non condurrà più la trasmissione.

«Appresi che mi avrebbero sostituito a breve con Gerry Scotti. Prima che me lo chieda con malizia: con Gerry, anni dopo, ci siamo parlati, chiariti e mi ha invitato spesso nelle sue trasmissioni».

 

(...)

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