Paola Pellai per “Libero Quotidiano”
una vista aerea della demolizione delle vele di scampia
Troppo facile andare a Scampia a farsi parare due calci di rigore su un campo da calcio con le righe bianche verniciate a lucido. Ancora più facile fingersi tennista in completo gessato, come ha fatto Giuseppe Conte nel suo tour elettorale. Scampia, periferia nord di Napoli, non si identifica in tutto ciò e neppure nell'omonima fermata metropolitana con installazione sonora "firmata" e un design da Guggenheim Museum.
Scampia è la vergogna di quelle Vele che ancora disegnano un paesaggio di lamiere, degrado, inciviltà. Sono le nostre favelas, qui ci si intossica di cemento, amianto, fumo, infiltrazioni. Qui tutto è rotto, sporco, pericolante.
Il campo da calcio non ha l'erba, non ci sono reti alle porte arrugginite, mancano le linee regolamentari: è uno spazio di terra rinsecchita e sterpaglia. Qui cammini nella paura e nel ventre di ruggine, infiltrazioni e amianto.
Molte persone si sono ammalate di tumore e in troppe sono morte. Vedi l'acqua scendere dai muri già impregnati di umidità, trovi gli scheletri di appartamenti arsi dalle fiamme, annusi l'insalubre presenza dell'amianto e ogni pertugio è pieno di spazzatura e rifiuti.
Qui si vive nell'anonimato, addensati senza controlli in gironi infernali, con numeri simili a pallottolieri impazziti. Ma sai per certo che in quelle scatole di latta vivono tanti bambini, te ne accorgi dalla sfilata baby di magliette, calzini, bavaglini, tute sui balconi.
Non esistono citofoni e neppure cassette delle lettere. C'è chi scrive il proprio nome (mai il cognome) sulla porta in lamiera, talvolta c'è pure un numero di cellulare. Ci sono fili e cavi elettrici che penzolano ovunque e che passano da un ballatoio all’altro.
Altri, insieme a lunghi tubi, sono a terra ed è facile inciamparci. Gli allacciamenti sono fai da te, se qualcosa va storto o vuoi fare un dispetto al tuo nemico, saltarein aria o appiccare un incendio è un attimo. L'ultima volta è successo a giugno, con un rogo domato dai vigili del fuoco e una colonna di fumo avvistata a chilometri di distanza
LA SFILATA DEI POLITICI
Si vive alla giornata in una delle aeree a maggior tasso di disoccupazione in Italia. Se t'infili nei dedali bui e intricati dei piani sotterranei ti accorgi in fretta che l'arte dell'arrangiarsi diventa per molti la sopravvivenza.
C'è chi lava auto, chi le aggiusta, chi ha aperto un bar e chi vende generi alimentari. Chi abita qui invecchia nell'umidità, nella precarietà, nel pericolo. Questo è il luogo delle aspettative tradite e della vergognosa processione dei candidati politici che in campagna elettorale arrivano barattando finte promesse con i voti, ingolositi dalle 41 mila presenze, ma è una cifra al ribasso.
La verità è che qui lo Stato non esiste, ne sta al di fuori e vogliono tenerlo al di fuori. Le originarie sette Vele di Scampia sono state costruite su un'area di 115 ettari tra il 1962 e il 1975 su progetto dell'architetto Francesco De Salvo. Un intervento di edilizia economica popolare a forma triangolare che, ispirandosi alle Unités d'habitation di Le Corbusier, doveva favorire l'integrazione, grazie ad ampi spazi verdi con percorsi pedonali, aree giochi, centri scolastici, commerciali e religiosi.
Il modello architettonico è quello di due blocchi a gradoni - ciascuno alto al massimo 14 piani - separati da un vuoto centrale e collegati da scale, ascensori e ballatoi volti proprio a favorire le relazioni tra gli abitanti.
Quella favola progettuale si limitò ad immensi agglomerati di cemento finiti presto in mano alla camorra, che li trasformò nel più importante supermercato europeo della droga. Quello che doveva essere un modello si trasformò in un ghetto, complice il terremoto dell'Irpinia del 1980 che portò molte famiglie senza tetto ad occupare anche abusivamente gli alloggi.
Ad aggravare la situazione la totale assenza dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato nel 1987. Troppo tardi, mafia e delinquenza lì avevano già trovato alloggio. La camorra "dava lavoro" e l'illusione della ricchezza, le auto di grossa cilindrata dei boss erano il traguardo da inseguire: i bambini facevano le vedette sui ballatoi, i ragazzi erano i pusher e famiglie intere custodivano droga, soldi e armi in casa o nei garage.
COME ALLO ZOO
In seguito la guerra alla camorra e gli arresti eccellenti hanno mobilitato cooperative e associazioni, difendendo «le tante persone oneste che abitano le Vele». Eppure per tutti questo resta il regno di Gomorra, raccontato da Roberto Saviano e trasformato in fiction televisiva.
La fantasia napoletana ha fatto di una piaga un business inventando i "Gomorra Tour", organizzati da diverse agenzie per "esplorare il quartiere con i suoi caratteristici edifici degradati" che hanno "fatto da sfondo alle storie dei personaggi della serie televisiva”.
Si passeggia, talvolta si raggiungono Forcella e Secondigliano, magari con una colazione o un brunch di specialità napoletane su una terrazza panoramica: il tour dura 4 ore, costa dai 60 ai 75 euro ed è fortemente "sconsigliato a donne in gravidanza e cardiopatici”.
Chi abita nelle Vele non ne può più di tour e serie tv, così a lettere cubitali scrivono che non sono Gomorra e neppure uno zoo. «Siamo stufi di essere trattati come un safari fotografico - mi racconta Pina -. Vengono qui fanno selfie, fotografano tutto e tutti come se fossimo leoni e giraffe in gabbia. Abbiamo il diritto di vivere e di essere rispettati».
Quattro Vele sono già state abbattute (nel 1997, 2000, 2003 e 2020), altre due (la Vela Rossa e quella Gialla) seguiranno la stessa sorte mentre l'ultima (quella Celeste) verrà riqualificata, ospitando gli uffici della Città Metropolitana. Tutto ciò ha un costo, 26 milioni di soldi pubblici che si spingeranno fino ad un piano di fattibilità complessiva da 120 milioni, comprensivo di abbattimenti, ricostruzioni, riqualificazioni, servizi e un polo universitario.
Si fa e si disfa, si costruisce e si abbatte: è il gioco degli appalti. Ho girato a lungo all'interno delle Vele, tutti mi hanno salutato, qualcuno mi ha sorriso. Ho visto la dignità della miseria in buchi "truccati" da appartamenti, una camera da letto sotto una tettoia all'aperto, un bimbo che spingeva un monopattino tra l'immondizia, un'anziana con due sacchi di spesa che saliva arrancando i tremolanti e infiniti gradini tra un piano e l'altro. Una ricerca universitaria condotta tra i giovani ha sottolineato che l'80% ritiene che a Scampia la camorra sia più presente della Chiesa (8%) e persino dello Stato (5%).
scampia scritte contro gomorra
Il 51% di loro ha contatti con chi si droga e il 44% ammette che la criminalità è una scorciatoia per avere tutto e subito, soprattutto oggetti "firmati". «In questo quartiere non c'è nulla - spiega Tony, 14 anni -, o scappi o ti schieri con la camorra o lotti per cambiare le cose, ma perché farlo? Per noi lo Stato non trova neppure il tempo di toglierci l'immondizia. Io non porto rispetto a chi non me ne porta».
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