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CHI È ANNA PEPE, LA RAPPER 16ENNE IN CIMA ALLA CLASSIFICA DEI PIÙ ASCOLTATI SU SPOTIFY CON LA SUA CANZONE “BANDO” E CHE, A UN MESE DAL LANCIO, HA GIA’ UN CONTRATTO CON LA VIRGIN - NATA A LA SPEZIA, PAPÀ DEEJAY: “A CASA LA MUSICA ERA SEMPRE A BOMBA. IL MIO IDOLO? NICKI MINAJ” – IL SUO PEZZO È NATO PRENDENDO IL BEAT SU YOUTUBE, MA… - VIDEO

 

Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera”

 

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Quattro settimane fa Anna non esisteva.

Da due giorni è in cima alla classifica dei più ascoltati su Spotify. «Bando», questo il titolo del pezzo, è davanti a tutta la truppa sanremese e anche a Ghali.

 

Un' ascesa rapidissima che fotografa la velocità con cui si muove la musica oggi. Il brano è andato online il 31 gennaio, in due settimane è arrivato in Top 200, alla terza era in Top 50 e a quella dopo in top 10: un totale di oltre 4 milioni di ascolti. «Sta accadendo qualcosa, ma non ho realizzato a fondo. Non mi monto la testa», dice lei.

 

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A gennaio Anna era ancora e soltanto Anna Pepe, una sedicenne di La Spezia, iscritta al secondo anno di grafica pubblicitaria che si divertiva a fare freestyle su Instagram.

Con il rap la ragazza ci è cresciuta. Papà, che coordina una cooperativa di servizi di pulizia e allena i giovani della Sampdoria, «faceva il deejay in serate hip hop ed è un collezionista di dischi: a casa la musica era sempre a bomba».

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I riferimenti di Anna sono oltreoceano. «Gli americani sono più avanti. In Italia il rap lo fanno in troppi e pochi sono quelli buoni. Il mio idolo assoluto è Nicki Minaj: a 8-9 anni facevo cover dei suoi brani e le mettevo su Soundcloud».

 

La filosofia fai-da-te di «Bando» è paradigma dei tempi moderni. Il pezzo è nato prendendo il beat, la base musicale, su YouTube. «Sono cose che non si fanno, ma ho fatto rifare il beat a un amico di Roma... Quindi ho usato un servizio di distribuzione gratuito per andare su Spotify. In due settimane il pezzo è stato bloccato perché non rispettava il copyright».

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Nel frattempo Anna viene intercettata dai talent scout della Virgin, etichetta di casa Universal, che la mette sotto contratto. «Per fortuna, dopo un po' di giorni di silenzio, Soulker, il produttore francese cui avevo preso il beat, ha risposto alla mia richiesta e ci ha concesso l' uso dell' originale».

 

«Bando», che si pronuncia «bendo», «è lo slang americano per quartiere». Per il resto le rime sono un' esercizio di stile su una base house: immagini di vita di quartiere fra buste (forse degli spacciatori) e Booster (lo scooter anni 90), ego trip e linguaggio social.

«Dico cose che non hanno molto senso ma il sound e il mio flow entrano in testa. Il Booster non l' ho mai avuto, mi piaceva il suono della parola. Del resto anche uno come Lil Tecca rappa sul fare shopping a Milano ma nelle interviste dice di non essere mai stato in Europa».

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Nel rap in generale, e in Italia in particolare, le donne sono minoranza. «Sono una che ama le sfide e la competizione e ho trovato nel rap il modo migliore per esprimermi, per tirare fuori la mia voglia di rivincita». Le rime l' hanno portata fuori dal guscio dell' adolescenza: «Se alle elementari mi sentivo esclusa da tutti perché ero avanti, non sognavo le principesse Disney ed ero un maschiaccio, alle medie ero una debole, mi prendevano in giro per l' aspetto fisico. Uno che mi bullizzava è ancora in classe con me, ma ora so come rispondergli».

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Guarda ai suoi coetanei con profondità. «Quelli della mia generazione sono cresciuti con la paura di essere giudicati. Facciamo le cose per piacere agli altri. Abbiamo perso il senso della conversazione dal vivo per colpa dei social. Non mi chiamo fuori, anche io nuoto dentro a questo mare».

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Ancora non la fermano per strada. «A 8 anni, mentre in strada facevo un video per YouTube un signore si avvicinò e mi chiese l' autografo: "so che diventerai qualcuno" mi disse». Profetico. Ma se ora dell' estate ci fossimo dimenticati di lei? «Ce la metterò tutta per restare sull' onda».

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