POESIA E POLVERE DA SPARO - QUANDO VERLAINE SPARO’ A “MADEMOISELLE RIMBAUD”: UNA STORIA DI STALKING A MANO ARMATA

Pierluigi Panza per "Corriere della Sera"

È un ragazzotto di Charleville, ha sedici anni e invia i suoi versi a Paul Verlaine, tra i più affermati giovani poeti di Francia. Come ha già scritto al suo professore, Georges Izambard, anche lui vuole diventare poeta e «veggente». Verlaine, che da mesi ha attaccato il cappello nella casa dei suoceri - dove vive con la moglie Mathilde e il neonato Georges - lo invita a Parigi.

Lo incontra... e la sera del 30 settembre 1871 lo presenta a una cena nel mezzanino dei Vilains-Bonshommes a Saint-Sulpice (il salotto buono) dove, dopo il dessert, il ragazzino Arthur Rimbaud declama i suoi versi: «Comme je descendais des Fleuves impassibles...».

Verlaine se ne innamora. Viene colpito dall'esplosione panica che scatena quel giovane fauno dai bei capelli castani, dalle narici tonde e all'insù, dalla bocca carnosa, l'espressione dura e le mani contadine. Un metro e sessanta di sensibilità. Per lui, decide di lasciare la moglie Mauté - che precipita nella disperazione - e si getta in una vita «invasata di malafrenia».

Sono due battelli ebbri, Verlaine e Rimbaud, che ondeggiano nel fondale limaccioso della Francia fin-de-siècle: assenzio, cimiteri, teatri e lupanari. L'ironia borghese subito li addita. Edmond Lepelletier, vedendoli una sera al Théatre Français scrive il giorno successivo sul «Peuple Souverain»: «Tra gli uomini di lettere che assistevano alla rappresentazione della pièce di Coppée si distingueva il noto poeta Paul Verlaine che offriva il suo braccio a una graziosa giovinetta, Mademoiselle Rimbaud».

Voilà! In fuga dalla vita, i due diventano fuggitivi in Belgio e poi su, fino alla perfida Albione. Sono un'esplosione di lirica: Verlaine compone Romances sans paroles e Rimbaud, dopo un litigio, si rifugia dalla mamma nella fattoria di Roche e scrive Une Saison en Enfer: «Amavo... la letteratura fuorimoda, il latino di chiesa, libri erotici senza ortografia, i romanzi dei nostri avi, racconti di fate...».

Nell'estate del '73 Verlaine abbandona Rimbaud, deciso a tornare dalla moglie: se non mi riaccetta, dice, «mi sparo». Trasloca a Bruxelles, la «capitale delle scimmie» e dei belgi «torbidi» odiati da Baudelaire. Rimbaud lo raggiunge, persuaso che, tanto, non avrebbe il coraggio di spararsi. Ma quando poi se ne vuole andare via la situazione precipita.

E qui, il racconto dello scrittore e critico d'arte Giuseppe Marcenaro dedicato al rapporto tra i due (Una sconosciuta moralità. Quando Verlaine sparò a Rimbaud, Bompiani) raggiunge una precisione da entomologo, poiché segue i documenti del processo intentato a Verlaine, il cosiddetto dossier di Bruxelles (per la prima volta in italiano).

Sono le otto di sera del 10 luglio 1873. Rimbaud arriva al commissariato di Bruxelles per denunciare Verlaine. Verbale 746: Rimbaud è stato ferito e «motivo del ferimento - riferisce - è il rifiuto da parte di Verlaine, con il quale e con la mamma di lui convive da un annetto, di lasciarlo tornare a Parigi». Rimbaud racconta che quel giorno, dopo esser stato minacciato da Verlaine («Parti e vedrai»), questi è andato a comprare un'arma verso mezzogiorno.

«Siamo poi andati alla Maison des Brasseurs, Grand Place, dove abbiamo seguitato a discorrere della mia partenza; rientrati verso le due al nostro alloggio ha chiuso a chiave la porta e vi si è seduto davanti; poi ha caricato la pistola e ha tirato due colpi dicendo: Prendi! Ti insegnerò io a partire!».

Uno dei due colpi lo ferisce, ma non gravemente. Anche Verlaine è dalla polizia e, per difendersi, punta sulla pazzia: «Vedendomi infelice voleva lasciarmi - riferisce -: ho ceduto a un attimo di follia e gli ho sparato... ma sulle prime non mi ha denunciato... e mia madre gli ha dato venti franchi per il viaggio».

Una storia di stalking con lesioni gravi (oggi sarebbe pena da tre a sette anni), adattissima per i quotidiani up-to-date. Si sentono alcuni testimoni, come la madre di Verlaine che depone il 12 luglio. Dichiarazione strappalacrime: il figlio aveva perso il lavoro a causa dell'adesione alla Comune, riferisce, e dal dispiacere si era messo a bere.

«Otto giorni fa», aggiunge, poiché la moglie non gli rispondeva, mi aveva scritto che «si sarebbe ucciso. Lo trovai disperato. Qualche giorno dopo fummo raggiunti da Rimbaud, l'amico di mio figlio che da due anni vive a suo carico... Giovedì scorso, durante una di queste discussioni mio figlio era completamente ubriaco e non sapeva più cosa si facesse; ha tratto fuori dalla tasca una pistola e ha ferito Rimbaud. Gli manifestò subito il più profondo dispiacere...».

E per accreditare lo stato d'animo in cui si trovava Verlaine, tira fuori una lettera inviata dal figlio alla madre di Rimbaud nella quale scriveva che voleva uccidersi. Insomma, si punta alla parziale infermità.

La condanna è a due anni. Chi più ama, più ci rimette. Lascia intuire che i sentimenti siano questi anche una nota del 21 agosto 1873 del prefetto di polizia, che tratteggia Paul come una vittima dei comportamenti dell'altro: «Questo Rimbaud non tardò a manifestare i suoi gusti depravati e il suo disprezzo per le persone che, prima, s'erano interessate a lui. Quanto all'incolpato, preso da una passione turpe per il nominato Rimbaud, nel luglio scorso lasciò Parigi con lui, abbandonando la sua giovane moglie e un infante. Altrimenti è descritto senza cattive frequentazioni».

Verlaine entra nel carcere di Petits Carmes, con «ceffi da far paura, molti tedeschi... qualche italiano, com'è giusto» (sic!). Poi lo trasferiscono nel carcere modello di Mons: gli arrivano i pasti dall'esterno pagati dalla madre. Condotta esemplare: esce il 16 gennaio 1875. Primo desiderio? Rivedere Rimbaud. Appuntamento a Stoccarda.

Ma tutto è mutato e Rimbaud scompare dalla sua vita: in amor vince chi fugge. Lui, invece, non lo dimentica... e dopo altri dolori e altre bottiglie, e prima di nuove pene (detentive), nel 1884 pubblica le poesie del ragazzino di Charleville nell'antologia I poeti maledetti. E lo chiana «enfant Sublime».

La documentazione di Bruxelles non era stata resa disponibile per molti decenni. Ancora il 10 maggio del 1968 il Procuratore generale aveva negato al conservatore della Biblioteca reale di Bruxelles di poter prendere visione del dossier.

 

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