Marco Giusti per Dagospia
mario brega e carlo verdone in un sacco bello
E che ci scordiamo il centenario di Mario Brega? E che possiamo essere così infami? Maddeché…
Ricordiamo solo i capisaldi, come diceva il Piotta ai tempi di Supercafone. “Come so’ ’ste olive?”. “Sta mano po’ esse ferro e po’ esse piuma”. “Arzate! A ’nfame, arzate!”. “Aoh! Tu lo sai chi so’ io? So’ Mario Brega!”. Certo, che lo sappiamo chi è Mario Brega. Anche se non sappiamo e non sapremo davvero mai tutto su Mario Brega, come scrivevo qualche anno fa presentando l’unica monografia mai scritta su di lui, a opera di Ezio Caldarelli.
E, in fondo, concludevo, non lo vogliamo neppure sapere, perché è tanto più bello sentire le sue storie incredibili e le storie leggendarie che si raccontano ancora nel cinema e a Roma su di lui. Il “fratello perduto e ritrovato di Sergio Leone”, il “miglior amico di Robert De Niro”, quello che menava Gian Maria Volonté, che aveva perso a poker e non voleva pagare, che portava a letto sulle spalle Lee Van Cleef ubriaco perché la mattina dopo si doveva svegliare all’alba… Storie che sono quasi sempre se non in contraddizione, magari un po’ gonfiate, ma che dimostrano come nel cinema è sempre bene che vinca il mito piuttosto che la verità. Regolare.
MARIO BREGA - PER UN PUGNO DI DOLLARI
Prendiamo la celebre scazzottata con Gordon Scott sul set di Buffalo Bill, eroe del West. E che poi dette vita alla memorabile scazzottata coi “due di passaggio” di Borotalco. Ho passato anni cercando di ricostruirla. Assieme a Carlo Verdone, certo, che la riprese già in uno dei suoi spettacoli teatrali, dove interpretava Brega. E grazie a Carlo ho ritrovato la celebre sequenza di fronte a Regina Coeli dove lo stesso Brega la raccontava con grande enfasi, “Questo menava pe’ davero…
A Franco Fanta’…”. La misi all’interno di una specie di documentarietto, “Coatto come Mario Brega”, girato una ventina d’anni fa prima che nascesse Stracult. Poi incontrai Gianfranco Baldanello, allora aiuto regista del film, che mi raccontò un’altra versione dei fatti: “Avevano organizzato dei movimenti di scazzottata con il maestro d’armi, ma Brega non era molto per la quale... così si era scordato i movimenti e invece di parare il colpo di Gordon Scott gli ha mollato un pugno.
È finito sotto assicurazione e siamo rimasti fermi per tre giorni. La cosa più bella era vedere la faccia di Gordon Scott che durante la proiezione del film guardava il pugno di Brega che gli arrivava addosso”. La stessa cosa mi ha ripetuto più recentemente Sergio D’Offizi, operatore alla macchina sia per le prime scene di Per un pugno di dollari girate a Roma, quelle dove Clint Eastwood tira le botti addosso a Brega, ma anche per quella della celebre scazzottata di Buffalo Bill. “Mario si sbagliò e prese Gordon in pieno. Io dalla macchina vidi proprio Gordon Scott sparire. Mario, poverino si mise a piangere. Allora per uno stuntman dare un pugno vero al protagonista era un fatto grave.” Insomma, qual è la verità?
Sarà vero quello che dicono Baldanello e D’Offizi? Magari sì. Ma quanto è più bella la storia di Brega che si vendica dell’americano che lo menava pe’ davero, “come da copione, come da copione…”, che lo stende per terra. Davanti a tutti, a Franco Fanta’ e a Osiride Pevarello. Con tanto di finale incredibile e verdoniano… “Sai che fa oggi Gordon Scott in America? Fa… il benzinaio!”. Vero o non vero, a noi Brega piace proprio perché anche nel racconto, nella mitologia del nostro cinema, è il Brega che vorremmo che fosse stato. Il Brega dei film di Sergio Leone e quello di Carlo Verdone, che porta dentro al suo personaggio non solo la rilettura da spaghetti western, ma anche quella verdoniano del fan.
MARIO BREGA E LA RISSA CON GORDON SCOTT
Perché se è Leone a costruire il mito di Mario Brega nel nostro cinema in Per un pugno di dollari e in Per qualche dollaro in più, è poi Carlo Verdone a fissarlo per sempre come personaggio comico coatto romano. A renderlo cinema romano, a renderlo il nostro Mario Brega. Certo, se lo chiedeva anche lui perché quel giorno, negli studi di Alvaro Mancori a Settebagni, Sergio Leone scelse proprio lui e non Renato Baldini o qualche altro attore italiano di secondo piano. E si rispondeva da solo, “perché avevo la faccia da buono. Facevo il cattivo ma avevo la faccia da buono”. Può essere.
Ma la mia tesi, mia personale, è che Leone vide in Brega non solo un fratellone romano, come poteva essere Aldo Fabrizi, ma la chiave perfetta per sintetizzare la sua visione del cinema western e di tutto lo spaghetti western nostrano, il volto e il corpo del romano, anzi del trasteverino da imporre come volto e corpo da western alla Leone. La stessa cosa non accade, mi sembra, con certi attori più noti, tedeschi e spagnoli, presenti in Per un pugno di dollari e imposti dalle coproduzioni.
Ma con Mario Brega ci caschi subito. Come il sigaro e il poncho di Clint Eastwood, come l’asino che “non gli piace che si rida di lui”, come la musica del romano Ennio Morricone, come il sole a picco voluto da Leone e realizzato perfettamente da Massimo Dallamano, imposto da Papi e Colombo, Leone voleva il romanissimo Tonino Delli Colli, il corpaccione e il volto infido e vitale di Mario Brega diventano parte indelebile del cinema western che cambierà tutto il cinema successivo fino alla generazione dei John Woo e dei Quentin Tarantino. E in quel volto si legge la fatica del costruire con pochi soldi qualcosa di completamente nuovo.
Il miglior film che ha girato con Leone?, gli chiederà Carlo Romeo, nell’unica sua intervista che ci è rimasta, a Teleroma 56 nel 1991. “Per un pugno di dollari”, risponde senza esitazioni. “L’avevamo fatto con la fame. Nun ciavevamo una lira. Papi e Colombo pensavano solo a quell’altro film, Le pistole non discutono con Rod Cameron. A noi nun ce pensavano. Nel nostro hotel mi chiedevano sempre: Senor Brega, la cuenta. E io: domani, facciamo domani”. E qui non possiamo che credere totalmente alla versione di Mario Brega. All’idea che sia grazie alla fame che quel film è venuto fuori in maniera così speciale. E che la fame sia alla base anche dell’amicizia che ha legato per tanti anni Leone a Brega.
Brega, già attore di parecchi film in ruoli più o meno minori, pensiamo a I mostri o a La marcia su Roma, rinasce totalmente con Sergio Leone e diventa una sorta di braccio destro del maestro del western all’italiana. Anche se sul set recita in romano, come racconteranno tutti i suoi registi. Lo troviamo anche nel curioso The Bounty Killer, diretto dallo spagnolo Eugenio Martin, ma che doveva essere girato proprio da Leone, dove, da cattivo, affronta Tomas Milian al suo primo western. E il direttore della fotografia, guarda un po’, è un altro fratellone romano, Enzo Barboni, poi noto come E.B.Clucher, che proprio da queste esperienze di western con attori romani si inventerà il primo Lo chiamavano Trinità.
rossana di lorenzo e mario brega vacanze di natale
Perché, alla fine, come diceva Brega, il mistero del successo di Brega al cinema è proprio l’idea del cattivo con la faccia da buono, tradotta da Verdone per tutti negli anni ’80 col buono che ha la faccia e il corpo da cattivo, di quella mano che “po’ esse piombo e po’ esse piuma”. Un principe col fisico da coatto. Anche se Verdone, a differenza di Leone, riuscirà a imporre un Mario Brega con la sua vera voce romana e cavernosa. Una voce che da subito farà parte del repertorio del cinema di Verdone.
mario brega carlo verdone un sacco bello
In un gioco di rimandi col cinema precedente e con la figura del Leone produttore assolutamente incantevole. Al tempo stesso Brega sarà, nei film di Verdone e poi in quelli dei Vanzina, sempre più una presenza forte e significativamente di un cinema avventuroso che si ritrova nella commedia. Ma, proprio per questa complessa e in fondo sofisticatissima costruzione di personaggio mitico per il cinema, non ci sarà mai un altro Mario Brega, più che un attore, un’idea di cinema.
MARIO BREGA E LA RISSA CON GORDON SCOTT mario brega borotalco mario brega e carlo verdone in un sacco bello 1 carlo verdone e mario brega in borotalco MARIO BREGA E LA RISSA CON GORDON SCOTT mario brega giorgio ariani pierino la peste alla riscossa MARIO BREGA E LA RISSA CON GORDON SCOTT