Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, stavo ascoltando alla tv le parole dette in occasione delle celebrazioni del 25 aprile, ossia della fine della guerra civile italiana e della restituzione al nostro popolo delle libertà civili e democratiche. Ascolto, e allibisco. Sembrerebbe da quelle parole e dall’ossessiva retorica “resistenziale” di cui si fa forte l’Anpi – ossia l’associazione di cui fanno parte quelli che non erano ancora nati mentre gli italiani si ammazzavano tra loro –che la Liberazione sia avvenuta per merito della Resistenza, e uso non a caso la maiuscola perché le due parole eccome se lo strameritano.
Sono due parole sacre, solo che tra l’una (la Resistenza) e l’altra (la Liberazione) non c’è alcun nesso causale, il che ovviamente nulla toglie all’immenso valore testimoniale della Resistenza e dei suoi morti.
Per evitare equivoci, ti premetto che lo studio e la conoscenza dei fatti, degli atti e dei protagonisti della Resistenza italiana è stato uno dei nervi centrali della mia formazione morale. Per quel che è di Roma sono stato un amico al massimo grado di Antonello Trombadori, il vicecapo dei gap romani, quello che era a Regina Coeli la mattina in cui i nazi raccattarono le vittime da destinare al macello del Fosse Ardeatine.
Ho conosciuto, profondamente conosciuto, Rosario Bentivegna, il partigiano comunista che accese la miccia della bomba di via Rasella. Ho conosciuto e ammirato Franco Ferri, il cognato di Maurizio e Marcella Ferrara, di cui i libri dicono che ci fosse anche lui a via Rasella, e invece non c’era perché quel pomeriggio era impegnato in un’altra azione. Ho conosciuto e voluto bene a Luigi Pintor, che venne preso dai nazi, portato a via Tasso e quei bastardi gli ballarono con i piedi sul corpo. Ho bene in mente tutti gli indirizzi dei martiri della Resistenza romana, e sempre mi fermo innanzi a quelle abitazioni su cui c’è una targa con un nome e una data.
Detto questo la Resistenza romana, a cominciare dall’agguato di via Rasella, non ha cambiato di un’ora l’esito della battaglia per la conquista di Roma. Nemmeno di un’ora.
Quella battaglia la vinsero i soldati americani, inglesi, neozelandesi, quelli della Brigata ebraica (più volte bersagliati da insulti durante i cortei antifascisti del terzo millennio, di quando del fascismo non c’è più l’ombra), marocchini (ivi compreso lo stupro della “Ciociara”).
STRISCIONE ANTI USA A ROMA PER IL 25 APRILE
Quelli che erano sbarcati prima in Sicilia e poi ad Anzio e che ci misero dei mesi a conquistare Monte Cassino, dove arrivarono per primi i soldati polacchi e scoppiarono a piangere. Mussolini è andato giù il 25 luglio non per una qualche mossa audace dei gappisti comunisti, ma perché un bombardamento alleato aveva fatto morti a centinaia nel Quartiere San Lorenzo. E’ semplice, ma è così.
La guerra contro il nazifascismo non l’hanno vinta né quelli che andarono sulle montagne né quelli che ammazzavano più o meno a caso un tedesco o un repubblichino di passaggio nelle grandi città.
La guerra l’hanno vinta i milioni di uomini che gli Alleati mobilitarono pur di piantare gli stivali sulle spiagge della Normandia e liberare palmo a palmo l’Europa almeno fin dove erano arrivati i russi, i quali non “liberarono” nulla di nulla ma solo sostituirono un regime dittatoriale con un altro.
ingresso delle fosse ardeatine
Quella partita spaventevole la giocarono i carri armati e i bombardieri degli Alleati, non i gap dell’eroico Giovanni Pesce che agirono prima a Torino e poi a Milano. Quella partita la giocò e la vinse il soldato Ryan, a prendere il titolo del famoso film di Steven Spielberg il cui protagonista è uno che negli Usa faceva il professore. Gli americani di soldati Ryan ne mandarono a milioni contro le mitragliatrici e i cannoni manovrati dal più agguerrito esercito al mondo, quello tedesco.
Quella partita la vinse l’America, per dire del Paese contro il quale il mio amico Massimo Fini scaraventa carrettate di sterco tutte le volte che può. Ossia un giorno sì e un giorno no. E’ semplice, semplicissimo, e non c’è null’altro da aggiungere a meno di non volere usare parole che gonfiano le gote ma che insozzano la verità delle tragedie del Novecento.
partigiani2 salvate il soldato ryan partigiani 1 ATTENTATO DI VIA RASELLA ATTENTATO DI VIA RASELLA erich priebke il boia delle fosse ardeatine partigiani con giuseppina ghersi stuprata e uccisa perche accusata di essere repubblichina partigiane salvate il soldato ryan 2 partigiani 5