Alessandro Fulloni per il "Corriere della Sera"
Distinta, affabile, sempre sorridente, vestita con eleganza. Ma anche hacker insospettabile, capace di mettere da parte un gruzzolo di 600 mila euro reinvestito nelle criptovalute del dark web. La donna è stata presa dopo due anni di indagine, inseguendo le decine di denunce giunte da tutta Italia, ma soprattutto da Genova e dalla Liguria.
Raggiri ai danni di pensionati, gioiellieri, titolari di boutique importanti ed enoteche rinomate. Tutti truffati da questa quarantenne russa con un curriculum che comprende una laurea in ingegneria informatica messa a frutto occupandosi, con gran talento, di hackeraggio.
Da quattro anni Natalia - è il suo nome di battesimo -, due figlie piccole, si era stabilita a Genova, tra i caruggi che stanno non lontano dalla zona del Porto Vecchio. Di giorno madre insospettabile: tutte le mattine portava le bimbe piccole a scuola tenendole per mano, premurosa, anche nel rincasare nel pomeriggio. Ma poi si trasformava di notte, orchestrando sui tasti del computer imbrogli online di ogni genere, rubando identità o utilizzando documenti falsi che riusciva a procurarsi grazie a complicità con la malavita dell'Est europeo.
La Polizia postale di Genova diretta da Lucia Muscari ha arrestato Natalia l'altra mattina, nella sua abitazione «senza sfarzo». Nel mandato firmato dalla Procura compaiono i reati di frode informatica, ricettazione e riciclaggio e il sospetto forte è che l'ingegnera fosse uno dei terminali italiani di un'associazione a delinquere - con il vertice all'Est e sulla quale l'inchiesta è ancora in corso - dedita alle truffe online su vasta scala.
Prima di affacciarsi in Liguria la donna era stata coinvolta - sempre in Italia - in altre indagini riguardanti raggiri sul web. «Ma poi era sparita», racconta uno degli investigatori che ha fatto scattare l'inchiesta dopo avere catalogato tutte le denunce, dal tenore simile, raccolte dalla Polizia postale.
Natalia operava su diversi fronti. Con il classico «phishing» - l'invio di email solo apparentemente provenienti da istituti finanziari - riusciva a «intrufolarsi», svuotandoli, nei conti correnti di chi aveva avuto l'ingenua idea di risponderle. Ma il talento criminale dell'ingegnera russa emergeva sopratutto negli acquisti su Internet. Rivolgendosi ad alcune banche online in Svizzera - in certi casi «indulgenti» nella richiesta di documenti - riusciva a ottenere carte di credito che intestava a nomi di gente dello spettacolo, ovviamente a loro insaputa e del tutto estranei alle attività di hackeraggio per le quali nell'inchiesta non risultano nemmeno come vittime.
Tra le generalità fittizie usate da Natalia per ottenere le carte di credito c'erano quelle di Roberto Bolle, Malika Ayane e Nina Zilli. Poi sui siti di compravendite la donna «razziava» di tutto, da costosi capi d'abbigliamento a gioielli e champagne. I ritiri degli oggetti mai pagati erano fissati presso punti di recapito sempre diversi - «basta indicare un bar o una tabaccheria», osserva un investigatore - a Genova e in località vicine.
Se era lei a presentarsi, arrivava munita di documenti falsi; oppure reclutava terze persone che, dietro compenso, ritiravano i pacchi in sua vece. Per le sue attività, Natalia si faceva spedire dai complici in Russia telefonini di ultima generazione e materiale elettronico di altissima qualità. Tutti oggetti sequestrati assieme a decine di documenti d'identità, Pos e centinaia di carte di credito appositamente attivate per riciclare i proventi delle truffe tramite acquisti in criptovaluta.
Ma adesso quale sarà la sorte delle due figlie di Natalia? Non sono escluse eventuali intimidazioni da parte dell'organizzazione. Per questo sono state trasferite in un centro protetto.