Elisa Calessi per “Libero Quotidiano”
Il kit del difensore del "sì" è già stato mandato alle federazioni regionali, perché lo distribuiscano a tutti i circoli. E ieri pomeriggio, dopo essere stato a L' Aquila e a Bari e prima di incontrare, a sera, i parlamentari, Matteo Renzi ha voluto vedere al Nazareno tutti i segretari provinciali e regionali.
Proprio per istruirli dal punto di vista organizzativo sulla grande battaglia di ottobre. Quella che deciderà della riforma costituzionale, ma anche del destino del governo e di chi lo guida. Ieri Renzi ha provato ad abbassare i toni dello scontro: «A me questa cosa del referendum», ha detto, «sembra una cosa bellissima. Decide la gente e noi rispetteremo la scelta del popolo italiano».
Anche se non ha derogato dallo schema dell' aut-aut: «Da un lato c' è un' Italia più semplice», dall' altra «chi vuole conservare questo modello che c' è adesso», chi è per «l' inciucio». Renzi è convinto che i "sì" vinceranno.
Ma sa che la battaglia sarà durissima. Per questo, ieri sera, ha chiesto ai parlamentari un impegno assoluto per i prossimi «sei mesi»: «Dobbiamo andare a testa alta, sei mesi di lavoro costante sul territorio, giocando all' attacco». Basta giocare di rimessa, ora si fa «il calcio totale». E basta polemiche interne, «occorre parlare al Paese».
Il calcio d' inizio lo darà il premier sabato, da Bergamo. Contemporaneamente Maria Elena Boschi farà lo stesso da Reggio Emilia. I parlamentari, intanto, saranno in giro a raccogliere le firme a richiesta del referendum. Simboliche, visto che quelle necessarie sono già state presentate. L' obiettivo è depositarne 500mila entro metà luglio.
L' arma principale della campagna impostata da Jim Messina, il guru di Obama che in questi mesi si è trasferito al Nazareno, è una «gigantesca campagna porta a porta». Una novità per il Pd che, anche nelle mobilitazioni più importanti, non è mai andato oltre i banchetti.
Per bucare i pregiudizi o il disinteresse. Ma per farlo serve un esercito e ben addestrato. Ecco perché il kit. In ciascuno ci sarà un "bignami" della riforma, che fornisca una buona conoscenza del disegno di legge Boschi. Poi una guida ragionata, in modo da rendere il militante in grado di rispondere a eventuali obiezioni.
Ce ne sono almeno due: una scritta dal costituzionalista Stefano Ceccanti,un' altra da Carlo Fusaro, altro costituzionalista di ruolo all' Università di Firenze. Ci sarà poi un pieghevole che spiega novità e benefici della riforma, da distribuire alle persone.
Infine, una guida su come fare il porta a porta: da come presentarsi a cosa dire, tattiche e suggerimenti. Messina ha poi insistito sulla strategia dei big data, ossia l' uso dei dati degli elettori-sostenitori del Pd. Un metodo largamente usato negli Usa. Il Pd non parte da zero: ha già una banca dati con circa un milione e mezzo di nomi. Si punta a due milioni.
Il punto, però, è verificarli e imparare a usarli.
L' aspetto della formazione della militanza, spiegano al Nazareno, è particolarmente rilevante, proprio per il buon funzionamento della strategia. Lo slogan è già pronto: "Basta un sì". Sarà anche il nome del sito web che diventerà operativo sabato e da cui ciascuno potrà non solo stampare il materiale e comprare i gadget (cappellini, t-shirt), ma anche apprendere le regole per creare un comitato. Cruciale sarà la festa nazionale del Pd: sarà a Palermo, a fine agosto, e il titolo sarà "C' è chi dice sì", che fa il verso a un celebre pezzo di Vasco Rossi.
L' aspetto politico, invece, lo ha chiarito ieri sera Renzi, incontrando i parlamentari. Basta tentennamenti, tutti sono chiamati alle armi per la battaglia decisiva del governo e del Pd. E si parte subito, senza aspettare le Amministrative. Ha chiesto a tutti i deputati e senatori di mobilitarsi ciascuno nel proprio territorio, garantendo la formazione di almeno un comitato.
Il ramoscello di ulivo offerto alla minoranza è la promessa, fatta ieri dal sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti, di approvare prima della fine della legislatura la legge che definirà come scegliere i futuri senatori.
Una correzione rispetto alle parole di un altro sottosegretario, Gianclaudio Bressa, che avevano portato la minoranza a parlare di tradimento dei patti. L' accordo che ha portato tutto il Pd a votare sì alla riforma sarà onorato.
Persino a costo di creare la curiosa circostanza per cui molti componenti del nuovo Senato, quelli delle regioni che andranno al voto nella primavera 2018, dureranno in carica solo due mesi. In tempo per entrare nella Camera che entrerà in vigore dopo le Politiche del febbraio 2018.
Cosa farà la minoranza, però, è da vedere. Vorrebbero aspettare le Amministrative per capire se valga la pena tentare la spallata. Dal voto nelle città, è il ragionamento, si capirà quale è l' umore del Paese. In base a questo, vorrebbero decidere se schierarsi per il no. Una scelta che, però, sarebbe un passo senza ritorno.