XI JINPING NEL BUNKER – IL PRESIDENTE CINESE NON ESCE DALLA CINEA DA 21 MESI E IN MOLTI SI CHIEDONO PERCHÉ: SARÀ SOLO COLPA DELLE DURE RESTRIZIONI IMPOSTE DALLA STRATEGIA DEI “CONTAGI ZERO” O C’È DELL’ALTRO? FORSE VUOLE DARE UN MESSAGGIO PRECISO: LA CINA È SEMPRE MENO DISPONIBILE AL COMPROMESSO, NON SI SENTE PIÙ OBBLIGATA A COOPERARE CON GLI USA E I LORO ALLEATI E SOPRATTUTTO CREDE DI ESSERE ABBASTANZA FORTE DA POTERLO FARE…
Vittorio Sabadin per www.lastampa.it
I presidenti e i primi ministri dei paesi più importanti discutono al G20 di Roma e alla conferenza sul clima di Glasgow il futuro del mondo, ma uno dei principali interlocutori, il presidente cinese Xi Jinping, se ne è rimasto a casa.
Xi non esce dalla Cina da 21 mesi ed è uno dei pochi leader mondiali a non avere ancora incontrato Joe Biden. Gli osservatori cominciano a domandarsi se questa assenza dipenda davvero solo dalle restrizioni imposte dal Covid, come si cerca di far credere a Pechino, o se ci sia sotto qualcos’altro.
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Le date degli incontri di Roma e di Glasgow erano in conflitto con una importante riunione a porte chiuse del partito comunista cinese, che si terrà dall’8 all’11 novembre e che è ritenuta decisiva per la conferma di Xi al potere per altri cinque anni.
Meglio dunque restare a casa a combattere per le proprie ambizioni che non andare a discutere di riduzione delle emissioni di carbonio cinesi, di Covid e di ripresa dell’economia.
La reputazione della Cina, considerata responsabile di gran parte dell’inquinamento del pianeta, della diffusione della pandemia e della continua violazione dei diritti umani, non è mai stata così bassa, e Xi non vuole andare in giro a sentire prediche e rimbrotti perché il suo Paese non segue l’agenda che gli altri vorrebbero imporgli.
Secondo il “New York Times”, il paese si sta chiudendo in un bunker ed è sempre meno disponibile all’idea che il suo destino debba essere deciso in continui compromessi con l’Occidente.
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Xi non va all’estero perché non si sente più obbligato a cooperare con gli Stati Uniti e con i loro alleati a condizioni diverse dalle proprie, e si sente abbastanza forte da poterlo fare. Cinque anni fa, al World Economic Forum, si era presentato come l’ispiratore e il custode di un ordine multinazionale opposto all’”America First” di Donald Trump, ma è difficile esercitare questo ruolo se non si incontra mai nessuno.
Le relazioni di Pechino con il resto del mondo negli ultimi mesi si sono fortemente deteriorate: la questione di Taiwan resta aperta e minacciosa, l’alleanza “Aukus” tra Gran Bretagna, Francia e Australia è diretta a contenere l’espansionismo cinese nel Pacifico, gli accordi commerciali con l’Europa sono bloccati da ripensamenti, dalla crisi dei trasporti e dalla pandemia.
Xi non vuole sedersi ai vertici internazionali solo per essere quello contro il quale tutti puntano il dito, e ha forse deciso di fare proprio il principio di un suo predecessore, Deng Xiaping: «Nascondere la nostra forza e aspettare il nostro tempo». È un cambiamento non da poco, rispetto ai primi anni al potere, quando aveva viaggiato persino più dei presidenti americani, trascorrendo in media 34 giorni all'estero contro i 25 di Obama e i 23 di Trump.
VLADIMIR PUTIN XI JINPING BY EDOARDO BARALDI
Se Xi resta chiuso nel suo ufficio, questo non significa comunque che la diplomazia cinese rimanga ferma. La Cina ha fatto significative aperture ai taleban dopo il loro ritorno al potere in Afghanistan e tiene contatti intensi con i paesi del Terzo mondo, vale a dire la maggioranza di quelli esistenti.
Nello stesso tempo, Xi telefona ogni tanto ai leader europei: prima del G20 ha parlato con Angela Merkel, con Emmanuel Macron, Boris Johnson e Mario Draghi. Ma i suoi pensieri sembrano rivolti al fronte interno e alla concreta possibilità di essere confermato al potere nel prossimo congresso del partito, che si terrà nel 2022.
Victor Shih, professore di scienze politiche all'Università della California, ha confermato al “Times” che la drastica riduzione dei viaggi di Xi ha coinciso con un tono sempre più nazionalista in patria che sembra precludere una cooperazione in campo internazionale. «Non sente più di aver bisogno di sostegno internazionale perché ha un grande sostegno domestico e controllo interno - ha detto -. Lo sforzo generale per corteggiare l'America e i paesi europei è oggi minore di quanto non fosse durante il suo primo mandato». Quando Xi sarà riconfermato presidente e il Covid, si spera, sarà solo un brutto ricordo, la Cina tornerà ai vertici internazionali. Ma sarà sempre meno disposta a farsi accusare di ogni male del mondo e sempre più pronta a battere i pugni sul tavolo per difendere i suoi interessi.