GIOCONDA MICA TANTO - SETTEMILA PERSONE IN CODA PER LA RIAPERTURA DEL LOUVRE DOPO 4 MESI DI STOP - CON MASCHERINA OBBLIGATORIA E INGRESSI LIMITATI IL MUSEO PIÙ VISITATO DEL MONDO VEDRÀ PRECIPITARE LE ENTRATE – IL DIRETTORE, JEAN-LUC MARTINEZ (CRITICATO PER LA COMMERCIALIZZAZIONE DEL MUSEO): “ABBIAMO GIÀ PERSO 40 MLN €” - LA NOVITÀ: UNA SERIE DI GUIDE IN CARNE E OSSA PER VISITE TEMATICHE DI 20 MINUTI…
LEONARDO MARTINELLI per la Stampa
La sala della Gioconda, al Louvre, è sempre piena di gente, rumorosa. E il dipinto è così piccolo: non è facile «viverlo» avvolti in quel flusso di visitatori perenne ed eccessivo. Ieri, però, era diverso.
Al primo giorno di riapertura del museo, dopo tre mesi e mezzo di blocco, causa coronavirus, le persone ammesse erano poche rispetto al normale, per consentire il distanziamento sociale.
Finalmente, si può «vivere» la Gioconda. Matteo Prevosto, studente parigino di sedici anni, utilizza quella parola lì: «E man mano che mi avvicinavo, seguendo la fila a serpentina, era come se Monna Lisa mi seguisse con gli occhi: fino alla fine, quando mi sono ritrovato davanti a lei».
IN FILA PER IL LOUVRE PARIGI CORONAVIRUS
Matteo al Louvre non ci veniva da due anni e ricordava quando «bisognava fare la coda per ogni opera importante. Ora è troppo bello. Per questo ho superato ogni paura rispetto all'epidemia. Ho prenotato per il primo giorno». Lo stesso ha fatto Axel Pariot, 37 anni, altro parigino doc. Mancava da almeno 10 anni. E dire che dipinge miniature è il suo mestiere: «Ma in quella bolgia non ce la facevo».
Non ha paura: «Abbiamo le mascherine e non siamo numerosi». Si sofferma lungo la Grande galleria delle opere rinascimentali italiane: «Io mica so dipingere così. Ma la tecnica la conosco ed è quella che osservo in un dipinto. Ci vuole tempo». In media il 75% di chi frequenta il Louvre, il museo più visitato nel mondo, è straniero (americani i più presenti, secondi i cinesi e gli italiani in quinta posizione).
Ma ieri non c'erano, a parte poche eccezioni. Sono i parigini a riappropriarsi del loro Louvre. Un problema per gli incassi, ma, diciamolo, il risultato è gradevole. «Il museo è meno rumoroso, più calmo», sottolinea Leila Cherif-Hadria, vicedirettore responsabile della sorveglianza. Si trova in cima alla scalinata, dove è esposta la Nike di Samotracia, la misteriosa scultura ellenistica che rappresenta la dea della vittoria.
«Abbiamo fissato alcune regole per riaprire in tempi di pandemia», continua. «La mascherina è obbligatoria. Ci sono sensi di visita fortemente consigliati e in certi casi sensi unici obbligatori per il flusso dei visitatori. Il museo è aperto solo in parte, ma ne è fruibile il 70%, 45 mila metri quadrati.
E la prenotazione è obbligatoria per tutti e lo resterà fino a fine settembre. L'abbiamo limitata a un terzo del numero di visitatori accolto in genere. Oggi anche meno: 7 mila persone, mentre in questo periodo dell'anno ne entrano 30 mila. Abbiamo avuto il tutto esaurito, una soddisfazione».
Una cosa è certa: il museo di tutti i record (9,6 milioni di visitatori l'anno scorso, giusto un poco meno dei 10,2 del 2018, il più alto numero mai raggiunto) vedrà precipitare le entrate. Jean-Luc Martinez, il direttore, 56 anni, noto archeologo e storico dell'arte, si è piazzato ieri davanti alla mitica Piramide di vetro e acciaio, ad accogliere i primi visitatori, alle nove di mattina.
«Abbiamo già perso 40 milioni di euro nei tre mesi e mezzo di chiusura», sottolinea. «Su un budget complessivo di 270 milioni annui, in genere riusciamo a coprirne il 60% con gli incassi. Ma con questa crisi dovremmo scendere al 43%». Aggiunge, però, che «la finalità di un museo non è fare soldi».
Criticato a volte per aver esagerato con la commercializzazione del Louvre (vedi il video girato nelle sale da Beyoncé e Jay Z), Martinez vuole che «questa ripartenza sia l'occasione per rimettere l'umano al centro del museo. Abbiamo introdotto una novità: una serie di guide in carne e ossa che accompagneranno chi vuole per visite tematiche di 20 minuti». Parla anche della possibilità «di recuperare un'intimità con un quadro piccolo e intenso come la Gioconda».
E si dice emozionato come la prima volta in cui visitò il Louvre: «Avevo 11 anni. Ci venni con la scuola, mi ci trascinarono: era la prima volta che entravo in un museo. Vivevo in un complesso di alloggi popolari nella periferia Nord di Parigi. E la prima opera che vidi fu la Nike di Samotracia. Mi cambiò la vita».