PROVA A PRENDERLO - STASERA SULLA “HBO” VA IN ONDA “BANKSY DOES NEW YORK”, IL DOCUMENTARIO SU QUEL MESE DEL 2013 IN CUI LO STREET ARTIST COSTRINSE UN’INTERA CITTA’ ALLA CACCIA AL TESORO
Per un mese, nel 2013, uno street artist britannico noto come Banksy ipnotizzò la città di New York. Chi ci vive, sa che è così caotica e frettolosa che non si riesce a fare attenzione a nulla, ma il caso si presentava diverso, c’era uno zoccolo duro di fan, la sua fama cresceva sui social, e quel mese l Grande Mela si trasformò in una caccia al tesoro.
Come al solito, lui agiva in modo indipendente, non aveva un gallerista o un agente, e usava i muri come tele, come fossero il suo campo da gioco. Questa avventura ora è stata trasformata in documentario intitolato “Banksy Does New York”, in onda stasera sulla “HBO”. E ovviamente l’artista non è coinvolto in alcun modo nell’operazione.
Cosa lo ha reso così speciale? Dipende a chi lo chiedi. Come spiega il documentario, “Artforum.com” e lo snob “New York Observer” hanno fatto di tutto per ignorare lo spettacolo. Per quanto i suoi messaggi siano degni di ispirazione e di ammirazione, le sue opere sono considerate da molti prive di delicatezza, brusche contundenti. Alcuni street artist non lo considerano nemmeno un maestro del graffito. Ma sono voci, poche. Il resto del mondo lo segue e lo ama.
Quel mese tenne in pugno la Grande Mela, facendo comparire opere nel giro di una notte. Il giorno tutti andavano a cercare le nuove sculture, installazioni, murales, e lui (o lei) postava le foto su “Instagram” con qualche indizio sul luogo. Si andava dal semplice “Occupy Wall Street: The Musical” a Ronald McDonald che si fa lucidare la scarpa da un ragazzino del Bronx, dalla sfinge di sassi del Queens al camion-mattatoio “The Sirens of the Lambs”. E nacquero i cacciatori di Banksy, quelli che per primi volevano fotografare e condividere le opere inedite.
C’è qualcosa di terribilmente punk in un artista di alto profilo che tappezza la città più grande del globo, in un mondo in cui restare invisibile e anonimo è praticamente impossibile. E’ stata una performance artistica collettiva. Tutti abbiamo partecipato, da chi rubava o vandalizzava i suoi lavori a chi si inginocchiava al suo genio, fino al sindaco Bloomberg che lo dichiarò Nemico Pubblico Numero Uno.
Il suo valore non sta solo nell’arte. E’ la sua ambiguità, il suo senso dell’avventura, il fatto che riesca a sfuggire, a mantenere segreta la sua identità, e il fatto che lo faccia senza darcene la motivazione. Come disse al “Village Voice”: «Volevo fare arte senza etichetta del prezzo attaccata. Non c’è una mostra, un libro o un film in programma. E’ senza scopo, e spero che questo significhi qualcosa».