
IL “BUCO” DI MPS ERA IL SEGRETO DI PULCINELLA PER LA VIGILANZA DI BANKITALIA (DRAGHI-TARANTOLA)
Fabrizio Massaro per il "Corriere della Sera"
C'è un appunto dell'ex direttore generale Antonio Vigni, che rivela quanto la Banca d'Italia nel 2009 fosse preoccupata della salute finanziaria di Mps. Già a fine maggio esponenti di Via Nazionale - Federico Signorini e Stefano Mieli, della Vigilanza - pressarono Vigni e il presidente Giuseppe Mussari a ricorrere agli aiuti di Stato: «Anche a nome del Governatore [Mario Draghi, ndr ] vi diciamo perché non prendete 2,5 miliardi di Tremonti Bond. Vi invitiamo a riflettere».
E ancora da un altro appunto di Vigni emerge che a settembre di quell'anno in un incontro con lo stesso Draghi, con Fabrizio Saccomanni, allora direttore generale (attuale ministro dell'Economia) e Anna Maria Tarantola, ex capo della Vigilanza (ora presidente della Rai), Banca d'Italia insistette sul «problema capitale» di Mps, da affrontare anche non distribuendo dividendi.
Mps invece li distribuirà , sia pure nella misura di appena 1 centesimo e solo per le azioni di risparmio: un modo per poter remunerare i bond, a partire dal Fresh da 960 milioni, le cui clausole segrete (la cosiddetta indemnity ) sono anch'esse nel mirino dei pm.
Anche questi manoscritti, sequestrati a casa di Vigni, sono tra i documenti depositati dai pm di Siena Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso nell'appello contro la decisione del gip di bocciare il sequestro preventivo di 1,8 miliardi a carico di Nomura.
L'istituto giapponese realizzò nel 2009 con Mps la ristrutturazione del derivato (in perdita) Alexandria con un'operazione di «pronti contro termine» su 3,5 miliardi di Btp a trent'anni: operazioni distinte ma collegate da un «mandate agreement» tenuto nascosto e occultato alla Vigilanza (anche se Nomura ha sempre sostenuto il contrario).
Anche quei Btp hanno finito per gravare sul patrimonio di Mps già indebolito dall'acquisizione di Antonveneta per 9 miliardi a fine 2007, tanto che i nuovi vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola hanno fatto causa a Nomura (e anche a Deutsche Bank per l'operazione gemella "Santorini", per complessivi 1,2 miliardi di danni).
In questo filone dell'inchiesta Mps per l'ex capo europeo di Nomura, Sadeq Sayeed, il banker dell'istituto Raffaele Ricci, nonché per Mussari, Vigni e l'ex capo dell'area finanza, Gianluca Baldassarri, l'ipotesi di reato è usura aggravata, alternativamente, truffa aggravata.
Non ci sono solo le agende di Vigni tra gli elementi in mano ai pm. Per superare l'obiezione del gip che Mps non versava in uno stato di difficoltà economica quando strinse con Nomura quell'accordo («usurario» per i pm), i magistrati hanno reso pubblici alcuni documenti dell'inchiesta principale, quella su Antonveneta. Tra questi, una relazione di Bankitalia del 28 novembre 2012, secondo la quale il patrimonio di Mps a giugno 2008 era sotto il minimo dell'8% (al 7,8% dal 9,1% dichiarato).
Oppure le dichiarazioni dell'allora direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, sentito come persona informata sui fatti il 24 settembre 2012 a Roma, quando era ministro dell'Economia: «Da una parte parlavamo con Bankitalia per quanto attiene ai Tremonti Bond e, dall'altro, ci ponevamo il problema del rafforzamento patrimoniale di Mps richiesto in sede europea a livello di commissione e di vigilanza». Fu proprio con Grilli che Mussari e Vigni misero a punto i Tremonti bond (presi in tutto da sole quattro banche in Italia: Mps, Bpm, Creval, Banco Popolare).
Insomma, Siena era un problema europeo, ha sottolineato Grilli. Come tale, per i pm, era conosciuto nell'ambito nella finanza internazionale, e dunque anche a Nomura. Sarebbero state proprio le difficoltà di Mps a spingere Mussari e Vigni, con l'aiuto di Baldassarri (in custodia cautelare per le vicende della presunta «banda del 5%») a ricorrere a Nomura dopo il rifiuto di Jp Morgan, spingendo l'acceleratore sugli investimenti in Btp.
Tutto ciò, senza che il consiglio d'amministrazione ne fosse a conoscenza, almeno secondo quanto riferito ai pm da Francesco Gaetano Caltagirone, allora vicepresidente della banca: «Mi sono sempre battuto affinché banca Mps non concentrasse il rischio su titoli di Stato a lunga scadenza, e solo recentemente, prima della mia uscita da Mps, ma dopo l'aumento di capitale 2011, sono venuto a sapere che ne erano stati acquistati quasi 30 miliardi» .








