
DAGOREPORT – MA ‘STI “GENI” ALLA FIAMMA DI PALAZZO CHIGI PENSANO DAVVERO DI GOVERNARE IL PAESE DEI CAMPANELLI? E COME SI FA A NON SCRIVERE CHE DIETRO L’APPLICAZIONE DEL GOLDEN POWER ALL’UNICREDIT, C’È SOLO L’ESPLICITA VOLONTÀ DEL GOVERNO DEI MELONI MARCI DI MANGANELLARE ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA OSATO METTERSI DI TRAVERSO AL LORO PIANO “A NOI LE GENERALI!”? - UNA PROVA DELL’ATTO ‘’DOLOSO’’? IL GOLDEN POWER, UNO STRUMENTO CHE NASCE PER PROTEGGERE GLI INTERESSI NAZIONALI DALLE MIRE ESTERE, È STATO APPLICATO ALL’OPERAZIONE ITALIANISSIMA UNICREDIT-BPM, EVITANDO DI UTILIZZARLO ALLE ALTRE OPERAZIONI BANCARIE IN CORSO: MPS-MEDIOBANCA, BPM-ANIMA E BPER-SONDRIO - ORA UNICREDIT PUÒ ANCHE AVERE TUTTE LE RAGIONI DEL MONDO. MA NON SERVE A UN CAZZO AVERE RAGIONE QUANDO IL TUO CEO ORCEL STA SEDUTO DALLA PARTE SBAGLIATA DEL POTERE…
MELONI E MATTARELLA CON FAZZOLARI, TAJANI, GIORGETTI, FITTO E ZAMPETTI
DAGOREPORT
Ma ‘sti “geni” di Palazzo Chigi, a cui sono stati sufficienti due anni e mezzo di Meloni avariati per anestetizzare (eufemismo) i cervelloni della grande stampa, pensano davvero di governare il paese dei campanelli?
Ma santo cielo, come si fa a non capire, ma soprattutto a non scrivere, che dietro la bieca applicazione del Golden Power all’Unicredit per ostacolare l'operazione su Banco Bpm, c’è solo l’esplicita volontà del governo alla Fiamma di manganellare il “ribelle” Andrea Orcel?
Andrea Orcel giuseppe castagna
Intanto, il Ceo di Unicredit è reo di aver scompaginato, con l’Ops su Bpm, i piani del governo che puntavano a una fusione tra la banca guidata da Giuseppe Castagna e il Monte dei Paschi di Siena capitanata da Luigi Lovaglio per dar vita a un terzo polo bancario filo-governativo, tra i due colossi meneghini Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Ma la grande mossa sullo scacchiere della finanza italiana era la conquista by Caltariccone del “Forziere d’Italia”. Ma per espugnare Generali, la cui assemblea è fra due giorni, la guerra inizierà a partire dal 25 aprile con il lancio dell’Ops del Monte su Mediobanca, porta d’accesso col suo 13% di Generali alla definitiva cattura del Leone di Trieste.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI
E, anche qui, riciccia quel rompicojoni di Orcel che detiene almeno l’8% di Generali. Quando i due caballeros Caltagirone e Milleri, assistiti dai Fazzolari e dai Giorgetti, hanno capito che l’Unicredit se ne fotteva allegramente di far contenta la Romanella di Palazzo Chigi, è sceso il santo manganello del Golden Power sull’Ops di Unicredit su Bpm, in barba alla legislazione italiana e comunitaria. Tanto che l’imbelle Tajani è stato costretto a metter agli atti la sua contrarietà.
Vi serve una prova dell’atto ‘’doloso’’? Come mai il golden power, uno strumento che nasce per proteggere gli interessi nazionali dalle mire estere, è stato applicato all’operazione italianissima Unicredit-Bpm? E perché i geni alla Fiamma non l’hanno utilizzata anche alle altre operazioni bancarie in corso: Mps-Mediobanca, Bpm-Anima e Bper-Sondrio?
Massì, la mannaia è dedicata solo al collo di chi osa mettersi di traverso al piano del governo Meloni, “A noi le Generali!”.
E Unicredit può anche avere tutte le ragioni del mondo contro il provvedimento del governo. Beh, non serve a un cazzo avere ragione quando sei seduto dalla parte sbagliata del potere. (Cosa che del resto si era già intuita quando Orcel, in missione a Palazzo Chigi il 3 marzo, non fu ricevuto da Giorgia Meloni, né dal ministro del Mef Giorgetti, ma solo dal capo di gabinetto di Palazzo Chigi, Gaetano Caputi).
POST SCRIPTUM
A questo punto, saremmo curiosi di sapere se Carlo Messina, Ceo della prima banca italiana, Intesa SanPaolo, troverà il coraggio di mettersi di traverso a un’operazione benedetta e supportata a colpi di Golden Power dal governo Meloni? Ah, saperlo…
A UNICREDIT 5 ANNI DI DIVIETI
Articolo di Giuseppe Colombo E Giovanni Pons per “la Repubblica - Estratti
LUIGI LOVAGLIO MONTE DEI PASCHI DI SIENA
…. Secondo quanto ricostruito da Repubblica , i punti più impattanti per l’istituto guidato da Andrea Orcel sarebbero essenzialmente quattro. Eccoli in sintesi.
In primo luogo, per almeno cinque anni, il dispositivo approvato dal Consiglio dei ministri obbliga a «non ridurre il peso attuale degli investimenti di Anima holding in titoli di emittenti italiani e supportare lo sviluppo della società». In pratica andrà mantenuto invariato il livello dei Btp in portafoglio, continuando così a sostenere il debito pubblico e a convogliare il risparmio a sostegno dell’economia.
In secondo luogo, per cinque anni, si prevede di «non ridurre il rapporto impieghi/depositi praticato da Banco Bpm e Unicredit in Italia, con l’obiettivo di incrementare gli impieghi verso famiglie e Pmi nazionali». Si fa riferimento agli sportelli: la prescrizione si traduce nell’impossibilità di modificare il numero complessivo delle filiali, preservando così i canali di finanziamento e il credito concesso ai nuclei familiari e alle piccole e medie imprese.
Poi il documento tocca anche il tema delle infrastrutture, quando prescrive al nuovo gruppo di «non ridurre il livello del portafoglio attuale di project financing di Banco Bpm e Unicredit in Italia».
Infine il delicato tema della Russia, dove Unicredit ha già ridotto la sua attività del 95% dall’inizio della guerra in Ucraina.
L’esecutivo prescrive di «cessare tutte le attività in Russia (raccolta, impieghi, collocamento fondi e prestiti transfrontalieri) entro nove mesi dalla data del presente provvedimento».
Il termine sarebbe quindi stato fissato al 18 gennaio 2026. E sarebbe stato l’unico al centro della trattativa che ha surriscaldato il Consiglio dei ministri di venerdì sera. Forza Italia, rappresentata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, è riuscita a imporre uno slittamento rispetto alla versione originaria che indicava un obbligo immediato.
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