
DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)
DAGOREPORT
A che punto è la notte del più grande risiko bancario d’Italia? Bella domanda. L’unico fatto certo è che l’assemblea di Generali del 24 aprile è solo la prima battaglia di una guerra molto lunga.
La supremazia della lista Mediobanca, con la conferma di Philippe Donnet a Ceo della compagnia assicurativa, è tranquilla; quello che è incerto è il risultato della “lista corta”, quella di “blocco” presentata da Caltagirone (sei candidati consiglieri, senza indicazione di presidente e Ceo): se per caso l’editore-imprenditore caro a Palazzo Chigi riuscisse a portarsi a casa 6 consiglieri su 13, la governance di Donnet diventerebbe impossibile e dovrebbe dimettersi.
GLI INTRECCI TRA DELFIN E CALTAGIRONE
La guerra avrà inizio da maggio, quando quasi sicuramente scenderanno in campo i Cavalieri Bianchi meneghini, con le insegne di Unicredit e Banca Intesa, per sbarrare il passo all’’”usurpatore romano” Caltagirone in sella al cavallo di troia del “fantino” Luigi Lovaglio, ad di Monte dei Paschi di Siena, nella corsa alla conquista del tesoretto di Mediobanca (il 13% di Generali) che aprirà poi la via per catturare il Leone di Trieste e poter far gridare alla Fiamma di Palazzo Chigi la fatidica frase: “Abbiamo una banca!".
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI
Se Carlo Messina è fermo ai box in attesa di essere confermato a fine aprile Ceo di Banca Intesa, l’Unicredit guidata da Andrea Orcel non ha perso un minuto: ha lanciato un’Ops (offerta pubblica di scambio) sul 100% del Banco Bpm cercando di anticipare la mossa del Crédit Agricole che aveva rastrellato titoli del Banco proprio per chiedere di raddoppiare la propria partecipazione dal 10 al 20%.
‘’Ma così facendo Orcel ha scompaginato i piani del governo che aveva favorito un avvicinamento tra Banco Bpm e Monte dei Paschi di Siena per la formazione di un terzo polo bancario”, scrive Pons su “Repubblica”, ‘’Da lì sono partite altre mosse sullo scacchiere della finanza che hanno visto Generali annunciare un accordo con i francesi di Natixis, accolto male dal governo, e quindi a gennaio il lancio dell’Ops del Monte su Mediobanca’’.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
Il vispo Orcel ha sul tavolo, oltre a Bpm, altre due partite, queste sì grosse, da giocare: la conquista della seconda banca tedesca, Commerbank (l’antitrust di Berlino ha autorizzato Unicredit a salire al 29,9%), e Generali, di cui detiene almeno l’8%.
E tutti si chiedono cosa ci farà del pacchetto del Leone di Trieste: lo monetizza, lo scambia con il via libera di Donnet a Banca Generali o punterà a una contro-Opa su Mediobanca per sommare il suo 8% col 13 che ha in pancia l’istituto di piazzetta Cuccia, conquistando Generali ed evitando l’enorme esborso di un’Opa? Ah, saperlo…
ARTICOLO DELL ECONOMIST SU MEDIOBANCA E GENERALI
Altro punto interrogativo gira intorno su quali mosse farà Messina per arginare il dinamismo acchiappatutto di Orcel che farebbe decollare Unicredit nell’olimpo finanziario europeo, sorpassando così la prima banca italiana, Intesa. A quel punto, Messina abbandonerà lo status di “banca di sistema”, quindi filogovernativa, per mettersi di traverso a un’operazione benedetta e supportata dal governo Meloni? Ma spunta un'altra ipotesi birichina, oggi su "La Stampa".
''Difficile, però, che la partita lasci del tutto indifferente Intesa Sanpaolo”, scrive Giuliano Balestreri su “La Stampa”, “Carlo Messina ha più volte ribadito di essere spettatore e non attore del risiko bancario. Ha spiegato di aver guardato l'operazione Generali anni fa, ma che ora si tratta di un capitolo chiuso. Il 29 aprile, però, sarà riconfermato al vertice della banca dall'assemblea dei soci, e allora la storia potrebbe cambiare. Soprattutto per non lasciare troppo spazio a Unicredit”.
“Certo’’, continua “La Stampa”, “Intesa avrebbe problemi sul fronte dell'Antitrust, ma come nel caso di Ubi Banca una soluzione si potrebbe trovare. Del resto, due mosse le ha fatte anche Intesa. Prima ha insistito perché Assogestioni presentasse una lista per il rinnovo del cda Generali, poi ha prestato 500 milioni a Caltagirone – cliente storico della banca’’.
E Balestreri conclude: “Se la scalata di Mps a Mediobanca andrà in porto, chi controllerà le Generali? Gli addetti ai lavori non hanno dubbi: toccherà a Unicredit oppure a Intesa Sanpaolo. Addirittura c'è chi sussurra che tra i due big del credito sia iniziata una sorta di guerra fredda che – probabilmente – vedrà il suo culmine a maggio, dopo la stagione delle assemblee. Sarà una battaglia – spiega una fonte -, ma non sarà a colpi di Opa perché sarebbe troppo costosa per tutti”.
Insomma, allacciate le cinture, allontanate i pupi e i cardiopatici: le ipotesi sono varie e avariate e tutto può succedere…E' successo pure che nei giorni scorsi Fabrizio Palenzona rilasci ad Affari & Finanza di ‘’Repubblica’’ un’intervista che ha destato perplessità, illazioni e commenti controversi.
L’ex vicepresidente Unicredit, da sempre vicino alla Mediobanca di Nagel sin dai tempi di Cuccia e Maranghi, e da molto tempo in cattivi rapporti con Caltagirone, ha sorpreso molti suggerendo un’ipotesi di soluzione pacifica dello sconquasso che vede sul campo di battaglia Paschi di Siena, di cui il Mef ha la maggioranza con l’11,7%, affiancato dagli azionisti Caltagirone (9,9%), Delfin-Milleri (9,7%) e Bpm (5%), partito all’assalto di Mediobanca, il cui valore è dato dal suo 13% di Generali, al fine di catturare finalmente il Leone d’oro di Trieste (di cui sono gran azionisti sempre Calta e Milleri).
34 enrico cuccia e vincenzo maranghi
Se il sogno di Caltagirone di espugnare il “Forziere d’Italia’’ (è la seconda volta che ci prova), coadiuvato da Milleri della famiglia Del Vecchio e ben supportato dalla “convergenza di interessi” con Palazzo Chigi - che ha messo a disposizione il cavallo di troia di Mps, in quanto i due imprenditori sono privi dei requisiti bancari per scalare un istituto di credito -, diventasse una realtà; beh, a quel punto, sarebbe inevitabile un allineamento con la destra al potere di ciò che resta dell’indipendenza dalla politica della finanza del Nord, che ebbe come epicentro il ‘’salotto” meneghino dei poteri forti governato dal venerabile Cuccia dall’alto di Mediobanca.
Geronzi Cesare Antonio Catricala
In tale labirintico groviglio di interessi, l’intramontabile Palenzona consiglia a Nagel, “un grande gesto di sacrificio personale” per la salvaguardia dell’indipendenza di Generali: caro Alberto, togliti di mezzo, fai un passo indietro, dimettiti dal vertice di Mediobanca. E aggiunge: “come fece Maranghi”.
Infatti a Milano ancora ricordano bene, scomparso Cuccia, che fine fece l’opposizione di Maranghi all’avanzata in Mediobanca di Cesare Geronzi, il Cuccia di Roma: fu tradito da Salvatore Ligresti e Maranghi girò i tacchi, rifiutando qualsiasi liquidazione e buonuscita (quando poi un male se lo portò via, tra le sue carte trovarono un foglio con la lista delle persone che non desidera al suo funerale, tra cui l’ingrato Ligresti, immemore di chi a suo tempo permise l’acquisizione della Fondiaria-Sai).
Ritorniamo a bomba. Qual è il “piano di pace” by Palenzona? Per “abbassare la tensione”, Nagel dimettendosi dovrebbe chiedere “di votare l’unica lista completa presentata in assemblea (cioè quella di Mediobanca, ndr) e deliberando altresì, Mediobanca, di vendere una parte consistente della partecipazione in Generali”.
A parte che togliendosi di mezzo, Nagel farebbe felice solo il trio governativo Mps-Calta-Milleri, ma deliberare la vendita delle azioni di Generali, anche una parte del 13%, non sta né in cielo né in terra, dal momento che l’Ops lanciata da Banca Mps, impedisce a Mediobanca qualunque attività straordinaria.
Il piano di Palenzona, che ha ricevuto gli applausi sulla prima pagina del meloniano “Il Giornale”, diventa però un indovinello in queste righe: “Si potrebbe individuare e far spazio a un partner industriale che possa aprire una fase di stabilizzazione della compagnia e compattare intorno a questo l’azionariato storico, superando, nessuno escluso, quell’ego e quei personalismi che caratterizzano la situazione attuale”.
Che vuol dire ‘’far spazio a un partner industriale”? Intende, ovviamente, l’arrivo di un Carlo Messina (Banca Intesa) o di Andrea Orcel (Unicredit) nei panni di un Cavaliere Bianco che salvi salvare dagli “usurpatori” romani in groppa al cavallo di Troia di Siena.
Ma altri invece sottolineano che ‘’un partner industriale” è già stato messo in piedi dal trio Governo-Calta-Milleri e si chiama Mps.
E quando il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, riferendosi alla partecipazione in Generali,
parla di “partecipazione non strategica” nell’ambito di un futuro terzo polo nuovo
bancario formato da Mps-Bpm-Mediobanca, sorge spontanea la domandina: davvero Siena ha messo in atto una tale scalata a colpi di miliardi solo per la conquista dell’istituto di Nagel? O perché Il valore di Mediobanca è dato soprattutto dal 13% che ha in pancia di Generali, apriscatole del "Forziere d'Italia"?