
DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...
DAGOREPORT
donald trump - forza dazio - immagine generata dall intelligenza artificiale
Lo stop di tre mesi ai dazi non basterà a salvare il culone di Trump, né l’economia americana. Il Caligola ddella Casa Bianca pensava che fosse sufficiente mettere in pausa le tariffe per far rientrare il genio nella lampada.
Non sapeva, il tapino col ciuffo cotonato, che ormai è troppo tardi: una volta innestato nella finanza il germe dell’instabilità, è finita. L’unico veleno che i mercati non potranno mai accettare è quella dell’incertezza: se non sei considerato affidabile, finisci kaputt.
È andata così: dopo il tracollo dei mercati azionari americani, seguito al “Liberation day” del 2 aprile, Trump è stato messo sotto assedio dalle grida di disperazione dei colossi bancari e grandi fondi pensione.
Una rivolta che è diventata un "Si salvi chi può!" da parte dei boss delle aziende a stelle e strisce, che l'hanno issato alla Casa Bianca sborsando milioni di dollari, come Apple, che produce il 90% degli iPhone in Cina, e Nike, che fabbrica il 50% delle sue sneaker in Vietnam.
All'assedio dei rivoltosi, la richiesta di Trump è stata: potete resistere almeno per 15 giorni, evitandomi una clamorosa e globale figura di merda? Lor Signori hanno risposto "manco per il cazzo, qui sta crollando tutto!" e hanno, di fatto, costretto il tycoon alla retromarcia.
DONALD TRUMP CON IL CARTELLONE DEI DAZI
È a quel punto che Trump ha chiamato il segretario al Tesoro, Scott Bessent, e ha deciso di fermare le tariffe per tutti i Paesi del mondo, ad esclusione della Cina.
Ma la frittata, ormai, era fatta: i mercati avevano dato il loro inappellabile giudizio. Come scrive Rana Foroohar sul “Financial Times”: “La scorsa settimana potrebbe essere ricordata come l’inizio della fine dell’eccezionalismo economico americano. […]Anche se la Cina dovesse indietreggiare e assecondare il presidente (cosa assolutamente remota), o se il sistema commerciale globale subisse solo cambiamenti in misura moderata, il danno è ormai fatto. La fiducia negli Stati Uniti è evaporata”.
SCOTT BESSENT INTERVISTATO DALLA MSNBC
Il dollaro cala, i rendimenti dei Treasury Bond deve aumentare per diventare di nuovo appetibile, e il debito pubblico americano è considerato una bomba a orologeria pronta ad esplodere.
L'assoluta instabilità decisionale del presidente americano porta i fondi istituzionali europei a chiudere i loro rapporti con i colossi di Wall Street, mentre quelli Usa iniziano a fuggire, a cambiare rotta e puntare all’Europa (nel primo trimestre del 2025, gli ETF europei hanno fatto segnare un incremento di 87,1 miliardi di euro di raccolta rispetto all’anno scorso).
A questo punto, come scrive Arthur Kroeber, sempre sul “Financial Times”, il “maestro” del “deal”, l'affarista Donald Trump, non ha più le carte in mano, parafrasando i suoi attacchi a Zelensky: “Ha perso la leva nei negoziati commerciali. Non può più alzare i dazi, perché il mercato dei Treasury si ribellerebbe nuovamente. La conseguenza è che la maggior parte dei leader globali cercherà accordi rapidi in cui si riducono i dazi in cambio di concessioni cosmetiche e segni esteriori di deferenza. Nessuno, però, accetterà di compromettere i propri rapporti commerciali con la Cina”.
MEME SUL CROLLO DEI MERCATI DOPO I DAZI DI DONALD TRUMP
Pechino, da parte sua, è destinata a vincere la guerra commerciale: “potrebbe perdere domanda dagli Stati Uniti, ma può sostituirla con la domanda interna; può fare a meno delle importazioni dagli Stati Uniti […] e può stabilizzare la propria economia senza una forte svalutazione della valuta”.
Xi Jinping ha poi un ventaglio amplissimo di “armi a disposizione”: ha innanzitutto in pancia i 760 miliardi di titoli di Stato Usa, che se venduti di appena un 10% potrebbero far esplodere il costo del debito.
Poi c’è il monopolio delle terre rare: è di oggi la notizia che il Governo ha bloccato l’export dei minerali “critici”, fondamentali per l’industria Usa. Una mossa che rischia di paralizzare le multinazionali tecnologiche statunitensi, alla quale si aggiunge la limitazione delle importazioni di prodotti agricoli e energia americana.
Poi ha il caro e vecchio ''dumping'', grazie al quale è diventata la prima manifattura del Globo: se gli americani smetteranno di comprare i loro prodotti, li riverseranno a bassissimo costo in tutto il mondo, a partire dall’Europa, costringendo gli altri Paesi a una spirale al ribasso senza via d’uscita.
Che può fare Trump? Nel suo delirio di onnipotenza da novello Cesare (anzi, Caligola), pensava di poter trattare con Xi Jinping e gli altri leader europei come fa un mafioso con il boss di un clan rivale, ma non ha considerato le ripercussioni.
Soprattutto, il paradosso più grande per uno che si è sempre vantato del suo successo come imprenditore (nonostante la “passione” per le bancarotte), è essere diventato kryptonite per i mercati: chi gestisce il denaro vuole la stabilità.
Ps. Anche la storiella del “togliamo ai ricchi per dare ai poveri” non regge: negli Usa il 60% delle persone possiede azioni, direttamente o indirettamente, tramite fondi pensione. Inoltre il settore finanziario è quello che sostiene le imprese, che danno lavoro al “proletariato” tanto caro al mondo “Maga”.
E infatti, oltre ai fondi, scappano anche gli elettori: il 56% degli statunitensi disapprova la sua gestione dell’economia. L'approvazione generale per il presidente è scesa dal 50 per cento al 47 per cento. Il 54 percento degli americani considera le politiche di Trump maggiormente responsabili per lo stato dell'economia rispetto a quelle varate da Joe Biden.
DONALD TRUMP - FRA DAZIO DA VELLETRI
MEME SU DONALD TRUMP GOLFISTA E DAZISTA
LA GUERRA DEI DAZI - VIGNETTA BY GIANNELLI
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donald trump rassicura wall street - vignetta by ellekappa
MEME SUI DAZI DI TRUMP AI PINGUINI DELLE ISOLE HEARD E MCDONALD