DA FRANCOFORTE TEGOLA IN TESTA ALLE PICCOLE E FRAGILI BANCHE DE’ NOANTRI – PER IL CAPO DELLA VIGILANZA DELLA BCE “LE PIU’ DEBOLI VANNO LASCIATE MORIRE”. E IN ITALIA (GIA’ 12 BANCHE COMMISSARIATE) SCATTA IL PANICO PER MPS, BPM, CARIGE E TUTTI I GRUPPI A CACCIA DI SOLDI…

Carlotta Scozzari per Dagospia

Le banche europee più deboli? "Vanno lasciate morire". Se si considera che tali dichiarazioni non sono arrivate dal più agguerrito dei liberisti ma dal capo della vigilanza unica della Banca centrale europea (Bce), la francese Danièle Nouy, si capisce perché stiano facendo parecchio rumore.

Eppure, nei mesi scorsi, già il numero uno dell'Eurotower, Mario Draghi, aveva lasciato intendere che l'imminente check up sugli istituti di credito europei, per essere credibile, dovrà consentire il fallimento di qualche gruppo del credito. "Dobbiamo accettare il fatto - ha detto Nouy al "Financial Times" - che alcune banche non hanno futuro. Dobbiamo lasciarle scomparire in modo ordinato, senza per forza cercare di fonderle con altri istituti".

L'eco di queste parole risuona alimentando nuove preoccupazioni soprattutto in Italia, dove i crediti in sofferenza, i prestiti cioè che hanno scarsissime possibilità di essere restituiti alle banche che li hanno erogati, crescono a vista d'occhio, mettendo in serio pericolo i bilanci degli istituti proprio in vista dei nuovi stress test europei. Questa mattina, la Banca d'Italia ha fatto sapere che a dicembre il tasso di crescita annuo delle sofferenze bancarie si è attestato al 24,6%, in ulteriore progresso dal 22,7% che era stato registrato a novembre.

E' in quest'ottica che vanno letti i vari interventi e ricette che si stanno mettendo a punto nel disperato tentativo di consentire alle banche italiane di superare i nuovi stress test europei. Fioccano così le operazioni di aumento di capitale, mentre si sprecano i progetti per la creazione di società dove fare confluire i prestiti marci delle banche, le cosiddette "bad bank". In questo contesto, gli istituti di credito italiani in maggiore difficoltà sono quelli che, il più delle volte proprio a causa del lievitare dei prestiti in sofferenza, sono alle prese con la preparazione di ricapitalizzazioni che dati i tempi che corrono si preannunciano più complesse che mai.

Il pensiero vola al Monte dei Paschi di Siena presieduto da Alessandro Profumo e guidato dall'amministratore delegato Fabrizio Viola, che entro maggio dovrà battere cassa tra azionisti vecchi e nuovi per la bellezza di 3 miliardi, cifra che servirà soprattutto a restituire il prestito statale "Monti bond" da 4 miliardi. Stando alle ultime indiscrezioni, il Qatar sarebbe interessato a rilevare una parte dei titoli di Mps in mano alla Fondazione prima socia, presieduta da Antonella Mansi, e in seconda battuta a fare la propria parte nell'ambito della ricapitalizzazione. Una mossa che aiuterebbe Mps ma che certamente non risolverebbe del tutto il problema dell'aumento.

Sempre a proposito di banche la cui quota di controllo è gelosamente custodita da una Fondazione, non si può dimenticare il caso di Carige, che da quasi un anno ormai ha in ballo un aumento di capitale di circa 800 milioni che ancora non è riuscita ad avviare. In questo caso, i nuovi azionisti che potrebbero entrare con l'operazione sono il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi e la famiglia genovese dei Malacalza, balzata agli onori della cronaca nei mesi scorsi per i dissidi (poi ricomposti) con Marco Tronchetti Provera nel gruppo Pirelli.

E se Bonomi vorrebbe entrare in Carige, il finanziere è da poco uscito da Bpm, dove fino allo scorso autunno era anche presidente del consiglio di gestione. L'uscita di Investindustrial dalla Popolare di Milano non ha certo aiutato il lavoro del neo consigliere delegato Giuseppe Castagna, che sta preparando un aumento di capitale da 500 milioni che servirà a rimborsare i vecchi aiuti di Stato ricevuti in forma di "Tremonti bond".

Un altro grande istituto di credito alle prese con un aumento di capitale, in questa caso da 1,5 miliardi, è il Banco Popolare. Il gruppo guidato da Pier Francesco Saviotti, schiacciato dal peso dei crediti deteriorati, si è trovato costretto ad avviare l'operazione dopo il pressing esercitato da Bankitalia.

C'è poi tutto un gruppo di piccole banche che l'Authority di Palazzo Koch capitanata da Ignazio Visco ha deciso di commissariare in vista di tempi migliori: da Banca Marche, dove un mix di controllo in mano alle Fondazioni e di prestiti facili erogati negli anni d'oro ha condotto l'istituto sull'orlo del crac, a Popolare di Spoleto, passando per Tercas e per alcune Bcc di matrice locale. Le banche italiane commissariate, dallo scorso autunno, sono salite a quota 12. E considerati i tempi che corrono è difficile pensare che nel breve possano diminuire anziché aumentare.

 

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