1. FIAT E MONTE DEI PASCHI, TORINO E SIENA, DUE MONDI FINITI NELLA STESSA MATTINATA, MICIDIALE ANTICIPO DI QUEL CHE AVVERRÀ INEVITABILMENTE IN ITALIA NEI PROSSIMI ANNI. IL MONDO CI ARRIVERÀ ADDOSSO PRIMA DEL PREVISTO, ‘SERVI’ DI CASA NOSTRA 2. TORINO E SIENA SANNO DA IERI CHE UN CORDONE OMBELICALE SI È ROTTO DEFINITIVAMENTE, CHE DEVONO GIOCARE SENZA PADRONI E SENZA TUTELE. LE SCELTE STRATEGICHE VERRANNO COMPIUTE ALTROVE, IN ANONIME CONFERENCE ROOM, IN ALBERGHI VICINI AGLI AEROPORTI PERCHÉ PIÙ FACILMENTE RAGGIUNGIBILI DAGLI GNOMI DELLE CITIES 3. LA SCOMMESSA VINTA DELLA RENZIANA ANTONELLA MANSI IN BARBA AL RONZINO PROFUMO, CHE AVEVA MINACCIATO LE DIMISSIONI SE NON SI FOSSE EFFETTUATO ENTRO GENNAIO L’AUMENTO DI CAPITALE, E AI POTENTATI DEL PD CHE HANNO MALGESTITO LA BANCA
1. TORINO E SIENA. IN POCHE ORE DUE CITTÃ VEDONO SPARIRE I LORO SIMBOLI
Paolo Griseri per âLa Repubblica'
Fiat e Mps, casi non isolati un anticipo di scenario per tutta l'Italia. Due mondi sono finiti nella stessa mattinata. Due rapporti simbolici sono andati in frantumi nel giro di poche ore. O comunque si sono trasformati in qualcosa di diverso che non si sa ancora bene che cosa sarà .
Ieri mattina all'assemblea degli azionisti Fiat del Lingotto, a Torino, sembrava di essere sulla carrozza di Luigi XVI bloccata nella sua fuga a Varennes: il rito della discussione con i piccoli azionisti, la polemica dei vertici con quelli che vengono definiti, non sempre a ragione, «disturbatori d'assemblea», tutto questo avveniva come se quelle scene appartenessero ormai a un passato lontano, quello che difendevano invano i nobili francesi in fuga dalla Rivoluzione.
Mario, cameriere di «Daturi e Motta», spiegava che «questo per noi è l'ultimo catering». Poi, il prossimo anno, l'assemblea si riunirà ad Amsterdam, in un albergo anonimo vicino all'aeroporto. Che cosa rimarrà del rapporto simbolico tra Fiat e Torino? L'azionista Antonini va al microfono per chiedere a Marchionne «se per l'anno prossimo è previsto un charter a disposizione degli azionisti italiani». La risposta è un secco «no». Il mondo volta pagina.
Il mondo volta pagina anche a Siena. Si rompe il rapporto secolare tra la banca e la città , già andato in frantumi con gli scandali che hanno travolto Mps. La Fondazione cede il 6,5% a due anonimi fondi e si riduce al 5,5. Non sarà più automatico identificare il Monte con Siena e non sarà più inevitabile che la guida della banca venga scelta dai poteri che contano in città .
Le scelte strategiche verranno compiute altrove, in anonime conference room, anche qui in alberghi vicini agli aeroporti perché più facilmente raggiungibili dagli gnomi delle cities. Pochi di loro avranno conosciuto, se non come turisti, i sapori acri della festa del Palio e saranno certo indifferenti al fatto che vinca questo o quel cavallo.
Torino e Siena, ciascuna a modo loro, sanno da ieri che un cordone ombelicale si è rotto definitivamente, che devono giocare senza padroni e senza tutele. I casi Fiat e Mps non sono isolati. Sono l'anticipo di quel che avverrà inevitabilmente in Italia nei prossimi anni. Il mondo ci arriverà addosso prima del previsto.
2. IL PD Ã (QUASI) FUORI DA MPS
Ugo Bertone per âLibero Quotidiano'
«Chapeau». Così, con un lapidario tweet, il presidente della Cdp Franco Bassanini, uno che di congiure senesi se ne intende, ha salutato il capolavoro di Antonella Mansi: 40, anni, occhi azzurri, la determinazione e l'incoscienza che ci voleva per una mission davvero impossibile: spezzare il cordone ombelicale tra Banca Monte Paschi, alla ricerca di tre miliardi per ripartire, e la Fondazione che i miliardi li ha gettati al veto per imperizia, disonestà e giochini della politica locale.
Ora tutto questo appartiene al passato. Ieri mattina la Fondazione, che nel corso di marzo era scesa in due occasioni dal 27% circa al 12% della banca, ha annunciato la vendita di un'ulte - riore 6,5% a due gruppi sudamericani: il 4,5% alla Fintech Advisory che fa capo al finanziere messicano David Martinez Guzman, il restante 2% a Btg Pactual Europe, un network capitanato dal miliardario brasiliano Andres Esteves. Ma le sorprese non finiscono qui.
La Fondazione ha anche siglato un patto parasociale con i due soci: l'inedito trio s'impegna a votare in comune su governance, trasferimento delle azioni, mantenimento delle quote per un totale del 9% del capitale Mps anche dopo l'aumento di capitale per 3 miliardi. Ovvero, la Fondazione impegnerà il 2,5% delle azioni ancora di sua proprietà nel patto che già promette nuove sorprese. Martinez Guzman, infatti, non è un miliardario qualsiasi per quel che se ne sa.
Di lui si ricorda, in gioventù, l'esperienza giovanile in seminario a Romatra i legionari di Cristo. Poi una laurea in ingegneria, master alla Harvard Business School, l'esordio in Citigroup prima di mettersi in proprio, 29 anni fa, con Fintech. La sua specialità sono le operazioni sui titoli, pubblici e privati distressed, ovvero in stato di bisogno o al centro di dispute societarie.
Pochi mesi fa, con un assegno da 960 milioni di euro, ha rilevato da Telecom Italia la controllata argentina. Riservato finoall'ossessione, fa però parlare di sé per due motivi: il suo appartamento di New York che dà su Columbus Circle è uno dei lussuosi della Grande Mela; la sua passione nell'arte contemporanea gli ha garantito un posto nella classifica dei 200 collezionisti più importanti del pianeta. Anche lui avrà (grande) voce in capitolo a Siena, a fianco dei manager di Larry Fink di BlackRock o dei rappresentanti di Och-Zif, hedge fund Usa che ha una lunga esperienza nei Paesi più a rischio.
Saranno loro i nuovi interlocutori dei robusti sindacati d'os - servanza piddina, fino a ieri abituati a vedersela con partiti e sindaci. O con la Fondazione che rispondeva, più o meno, agli stessi indirizzi dettati dalla politica. Fino a ieri, perché ormai l'en - te controlla solo il 9%, a garanzia del radicamento locale della banca ma sotto la tutela di azionisti che pensano a far fruttare i quattrini investiti. Resta un3%sulla cui sorte Antonella,dama di ferro di toscana, tace.
La sensazione è che miss Mansi intenda fare ancora cassa: che se ne fa, del resto, l'ente di un residuo 3% in una banca di cui aveva la maggioranza assoluta fino a venti mesi fa? Meglio incrementare il tesoretto dell'ente. Dal passivo di 324 milioni di febbraio, infatti, la Fondazione è passata a un attivodioltre300 milioni grazie agli incassi (685 milioni) per le azioni vendute. Mica poco, se si pensa ai prezzi infimi cui era precipitato il titolo a fine dicembre, quando i vertici dell'istituto, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, avevano minacciato le dimissioni se non si fosse effettuato entro gennaio l'au - mento di capitale.
La Mansi in quell'occasione ebbe dalla sua il coraggio della disperazione: la Fondazione non aveva i soldi per partecipare all'aumento ma, a quei prezzi, la vendita dei diritti non avrebbe nemmeno coperto i debiti con le banche. Di qui una tenace resistenza contro gli inviti a vendere. Con la primavera sono spuntati i fondi interessati al Monte Paschi. Una storia a lieto fine? Mica tanto: Siena ci ha rimesso il controllo della banca. Ma a piangere sono i potentati del Pd, di centro e di sinistra, che hanno gestito la banca. Merito di donna Mansi, in odor di renzismo, aver dribblato i tanti ronzinicon e senza fantino che ancora s'aggirano tra le contrade.
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