1. GHIZZONI COSTRETTO A CHIEDERE SCUSA AL PRESIDENTE DELLA BUNDESBANK WEIDMANN 2. GIUSEPPE SCOGNAMIGLIO, IL DIRIGENTE DISTACCATO DALLA FARNESINA CHE IN UNICREDIT HA LA RESPONSABILITÀ DEI “PUBLIC AFFAIRS”, AVREBBE RIFERITO UNA PRESUNTA DICHIARAZIONE DI WEIDMANN: “NOI TEDESCHI ABBIAMO FIDUCIA DI UNICREDIT, MA NON NELL’ITALIA” 3. ALITALIA! A BRUXELLES SONO IN MOLTI A SCOMMETTERE SULL’ARRIVO DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI NEI PANNI DI VITO GAMBERALE E DEL FONDO F2I. IL PREZZO PER GLI ITALIANI SAREBBE ALTISSIMO, MA C’È UN ALTRO PREZZO "POLITICO" CHE PROBABILMENTE È SULLO SFONDO DELLA TRATTATIVA TRA IL GOVERNO ITALIANO E QUELLO FRANCESE: FINMECCANICA 4. FINMECCANICA SOGNA CHE IL CANADA ROMPA IL CONTRATTO PER GLI ELICOTTERI SIKORSKY
1. GHIZZONI COSTRETTO A CHIEDERE SCUSA AL PRESIDENTE DELLA BUNDESBANK WEIDMANN
Federico Ghizzoni, il banchiere dalla carnagione rosea che guida Unicredit dal settembre 2010, ieri è impallidito come i marmi di Carrara.
Nella stessa giornata due autentiche bombe sono scoppiate tra i piedi di quest'uomo in 33 anni di lavoro in banca non ha mai immaginato di vivere ore così drammatiche. La prima bomba gli è arrivata dall'America quando ha saputo che dopo l'analisi dei risultati del terzo trimestre, gli gnomi di Goldman Sachs hanno cancellato Unicredit dalla lista dei titoli europei preferiti.
Per il 55enne banchiere piacentino il colpo è stato durissimo, ma di gran lunga inferiore a quello che ha subito alle prime ore del mattino quando nel suo ufficio nella nuova torre-grattacielo di 231 metri ha letto un articolo del "Financial Times" che portava la firma dei corrispondenti di Londra, Francoforte e Milano.
Nel testo, presentato con il titolo "L'Unione bancaria potrebbe liberare 7 miliardi di capitale a Unicredit dalla sua divisione tedesca", si leggevano alcune dichiarazioni rilasciate da Giuseppe Scognamiglio, il dirigente distaccato dalla Farnesina che dentro Unicredit ha la responsabilità dei "public affairs".
Secondo il quotidiano inglese il top manager durante un convegno a porte chiuse organizzato dall'European Council of Foreign Affairs si sarebbe lasciato andare a dichiarazioni avventate sulla base di parole che il presidente della Bundesbank Weidmann avrebbe pronunciato nelle sue orecchie durante una conversazione confidenziale.
Secondo Scognamiglio il giovane e potente banchiere tedesco avrebbe affrontato con lui il tema delle nuove regole di Basilea III sottolineando - così si legge sul "Financial Times" - che non c'è alcuna ragione particolare che obblighi Unicredit ad avere un indice di patrimonializzazione del 17% nella controllata tedesca Hvb.
Oltre a questa affermazione l'ineffabile Scognamiglio ,che negli uffici della banca si fa chiamare "ministro", ha completato le parole di Weidmann con un inciso esplosivo, attribuito a Weidmann, che suona così: "non ci sono particolari ragioni al di là del fatto che noi tedeschi non abbiamo fiducia nell'Italia. Non in Unicredit, ma nell'Italia".
Mentre il roseo Ghizzoni impallidiva come i marmi di Carrara anche nella sede della Bundesbank ,dove il 45enne Weidmann è presidente dal 2011, una matita nera ha sottolineato le confidenze di Scognamiglio ed è scattato l'allarme rosso.
Secondo quanto scrive oggi il "Financial Times", Weidmann avrebbe alzato il telefono per chiedere a Ghizzoni e a Unicredit di smentire immediatamente le affermazioni di Scognamiglio e soprattutto il giudizio sull'Italia. A questo punto i frammenti della bomba provocata dalla leggerezza del manager salernitano ,che nei meeting internazionali parla un inglese con forte accento partenopeo, sono volati sulle scrivanie dei top manager di Unicredit creando una tensione eccezionale.
Da qui la decisione di emettere ,poco dopo le 16 del pomeriggio, un comunicato stampa che definisce "sbagliate e prive di fondamento" le dichiarazioni attribuite da Scognamiglio al capo della Bundesbank. La nota di Unicredit conclude: "la banca ha subito voluto porgere le proprie scuse a Jens Weidmann e alla Bundesbank per questo sfortunato incidente".
Oggi i principali quotidiani, ad eccezione de "La Stampa", non riportano una riga su questa vicenda che non ha precedenti nella storia della finanza europea. Giornali come "Il Sole 24 Ore", il "Corriere della Sera" e "MF" ignorano la "bomba" e pubblicano una foto di Ghizzoni che stringe sorridente la mano a un cinese per un accordo che riguarda le carte di credito. Anche questo è un segno dell'atteggiamento ossequioso che gli organi di informazione rivolgono di fronte a casi clamorosi che toccano la prima banca italiana, la più potente banca centrale europea e la BCE dove siede Mario Draghi che con il governatore della Bundesbank ha sempre avuto rapporti conflittuali.
La leggerezza dei giornali è comunque al di sotto di quella di Giuseppe Scognamiglio, che si prende la briga di parlare nei meeting internazionali come se fosse l'amministratore delegato di Unicredit.
L'incidente si lega all'intraprendenza del cosiddetto "ministro" che ha già procurato notevole fastidio ai piani alti della sua banca. Il suo nome è saltato fuori a proposito della società editrice Europeye, che pubblica la rivistina East, dove oltre a una quota del 90% sottoscritta da Unicredit è apparsa curiosamente una quota in mano a una società cinematografica che ha realizzato film con Dorotea Morlicchio, la moglie di Scognamiglio.
Dopo un internal audit voluto da Ghizzoni per chiarire la faccenda, pochi giorni fa il nome del manager salernitano è tornato alla ribalta come possibile candidato ai restauri di Pompei. E anche questa volta è scoppiato un gran casino perché subito il ministro dei Beni Culturali si è opposto denunciando l'incompetenza del candidato.
Dopo quello che è successo ieri è probabile che Ghizzoni,appena si sarà ripreso dallo choc, si faccia in quattro per mandare Scognamiglio tra i reperti archeologici di qualche sito italiano dove lupanari, baccanali e poderosi falli di pietra possono arricchire le virtù e la cultura del querulo dirigente.
2.
La telenovela dell'Alitalia è ben lontana dalla conclusione.
La decisione di AirFrance di non sottoscrivere l'aumento di capitale viene vista dalla maggior parte degli osservatori come una porta che si chiude definitivamente sull'alleanza con i francesi. Così la interpretano i principali giornali dove i nomi di Aeroflot, Etihad e AirChina ruotano in un delirio di suggestioni senza alcun fondamento.
A queste si aggiungono le parole del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che invece di pregare come gli è stato insegnato a "Comunione&Fatturazione", spara cazzate a ritmo frenetico. Ben più importanti sono le dichiarazioni che appaiono oggi in un'intervista di "Repubblica" ad Alexandre de Juniac, il manager che domenica scorsa ha festeggiato 51 anni e da luglio 2011 ha preso il timone della compagnia parigina al posto di Cyril Spinetta.
Nell'intervista a "Repubblica" il giovane tecnocrate ,che ha lavorato gomito a gomito con la contessa del Fondo Monetario Christine Lagarde, si dichiara profondamente deluso e elenca con puntiglio le ragioni che porteranno AirFrance-Klm a scendere tra il 5 e il 10% del capitale Alitalia.
Senza avere nessuna capacità profetica e di analisi, anche Dagospia nella sua infinita miseria due giorni fa aveva elencato in dettaglio i motivi del gran rifiuto francese, e lo aveva fatto ricordando che il capitolo delle delusioni partiva dal problema del debito ("un macigno" dice oggi De Juniac) ma toccava anche aspetti di natura industriale.
Oggi il manager di AirFrance definisce poco corretto l'atteggiamento di Alitalia che ha impedito una seria due diligence ed è stata ignorata nella preparazione del piano industriale. Va anche detto che il capo di AirFrance nega categoricamente di aver posto il problema di una riduzione del personale ,e rivolge un apprezzamento nei confronti del "motociclista" Del Torchio che sta andando "nella buona direzione, è coraggioso, e raccoglie alcune delle nostre richieste".
E dopo aver apprezzato il rigore e la lealtà di Enrichetto Letta, il manager dal volto giovanile conclude la sua intervista senza sbattere la porta,ma lascia sul tavolo un cioccolatino che suona così: "non esiste l'amore, ma solo prove d'amore".
A occhio e croce sono gli stessi concetti che si ritrovano in un'altra intervista uscita oggi sul quotidiano francese "Le Figaro" dove de Juniac continua a battere il ferro sul macigno del debito che si potrà sgretolare solo con un colpo di scena. Fin qui le parole raccolte sulla stampa italiana e francese, alla quale per completezza bisogna aggiungere il titolo abbastanza eloquente dell'altro giornale "Les Echos" che definisce "non definitiva" la ritirata di AirFrance dal tavolo di Alitalia.
Chi vuole saperne di più deve fare un salto a Bruxelles dove nella Commissione trasporti si parla molto della vicenda italiana. Secondo gli eurocrati che si sentono per il momento estranei dalla partita Alitalia, l'elenco dei problemi da affrontare è lunghissimo. Innanzitutto gli ometti di Barroso e del Commissario Tajani sottolineano che il piano industriale di Del Torchio è più o meno identico a quelli che Alitalia ha preparato con una cadenza annuale, e aggiungono con ironia che questa prassi non è mai stata seguita dalle grandi aziende dove è consuetudine preparare piani a 3 anni e non a 12 o addirittura a 6 mesi.
C'è poi chi tra gli eurocrati ritiene che il terreno avrebbe dovuto essere preparato con un minimo di accordo sindacale e che la prossima Legge di Stabilità potrebbe introdurre altri elementi destabilizzanti per il piano di salvataggio. E ancora :secondo Bruxelles è probabile che i piccoli azionisti, fottuti cinque anni fa da Colaninno e dai suoi patrioti, potrebbero fare una bella class action contro i manager, poi si sottolinea che nel piano non si legge una parola su come l'Alitalia pagherà i debiti contatti con fornitori internazionali e italiani (Aeroporti, Sea, Eni). Se prevalesse l'idea di pagare soltanto le società creditrici italiane, il piano è destinato a fallire, e comunque l'iniezione di 300 milioni a stento potrebbe pareggiare i debiti perché per rilanciare seriamente l'azienda ci vogliono 1,5 miliardi di euro.
Fin qui l'opinione che circola nei corridoi di Bruxelles dove sono in molti a scommettere sull'arrivo della Cassa Depositi e Prestiti nei panni di Vito Gamberale e del Fondo F2i. Il prezzo per i contribuenti italiani sarebbe altissimo, ma c'è un altro prezzo "politico" che probabilmente è sullo sfondo della trattativa tra il governo italiano e quello francese.
Sembra infatti - così sussurrano gli eurocrati - che la vicenda Alitalia sia uno dei pezzi da giocare nel settore della difesa, un ponte per un attacco che Parigi avrebbe in animo di fare nei confronti di Finmeccanica alla quale si chiederebbe di cedere ai colossi francesi della difesa quote sostanziali delle aziende che operano nel campo dello spazio e degli armamenti. A cominciare da Avio, la società guidata oggi da Francesco Caio, amico di Enrichetto Letta che lo ha nominato Mister Agenda Digitale.
3. FINMECCANICA SOGNA CHE IL CANADA ROMPA IL CONTRATTO CON GLI ELICOTTERI SIKORSKY
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che gli uscieri di Finmeccanica stanno sostituendo le luci del palazzo di piazza Montegrappa con candele votive.
L'idea, promossa a quanto si dice dal mite Marco Forlani, non avrebbe nulla a che fare con il Natale, ma è un atto preparatorio rispetto all'annuncio che il ragionier Pansa e il superpoliziotto De Gennaro sperano di fare nelle prossime ore.
Sembra infatti che da un momento all'altro il governo canadese ufficializzi (così scrive Pietro Romano sul settimanale "Il Mondo") la rottura del contratto stipulato 10 anni fa con l'americana Sikorski per 28 elicotteri del valore di 3,8 miliardi di euro. Se da Ottawa arriverà questa notizia ,AgustaWestland di Finmeccanica è pronta a subentrare nel contratto, e a quel punto si accenderanno le candele votive sulle note dell'alleluja cantato a squarciagola dal mite Forlani e dal ragioniere Pansa".











