I BENETTON VOGLIONO VENDERE LE AUTOSTRADE? È UN DATO DI ''FATTO'' - IL QUOTIDIANO, CHE SPINGE PER LA REVOCA DELLE CONCESSIONI, OGGI LANCIA IN APERTURA LA NOTIZIA CHE ATLANTIA AVREBBE MESSO SUL MERCATO UNA ''QUOTA RILEVANTE'' DI AUTOSTRADE PER L'ITALIA, PERCHÉ IL M5S CONTINUA A FARE MURO SOPRATTUTTO CONTRO LA FAMIGLIA VENETA, AZIONISTA PRINCIPALE DEL GRUPPO CHE GESTIVA IL PONTE MORANDI
1 - "VENDONSI AUTOSTRADE". È LA RESA DEI BENETTON
Marco Franchi per il “Fatto quotidiano”
SARDINE CON OLIVIERO TOSCANI E LUCIANO BENETTON
Il dossier della revoca della concessione ad Autostrade per l' Italia (Aspi) è una partita a scacchi tra il governo e i Benetton. Ma una mossa sembra ormai defilarsi: ridurre la presa della famiglia veneta sulla concessionaria, risolvendo così anche un grosso problema all' esecutivo, che non sa come uscire dall' incastro. Dal giorno del crollo del ponte Morandi a Genova, il 14 agosto 2018, di acqua sotto ai ponti ne è passata parecchia.
Di ipotesi se ne sono fatte tante, dalla revoca della concessione all' ingresso dello Stato tramite la testa di ponte della Cassa depositi e Prestiti (Cdp). Il tutto mentre i partiti - al governo e non - avevano visioni e sensibilità diverse.
Ora, fonti ben informate e vicine al dossier confermano che la famiglia trevigiana si sarebbe decisa a spingere la holding Atlantia a mettere sul mercato una quota rilevante di Autostrade per l' Italia (Aspi).
E questo perché quello che è tuttora l' azionista di maggioranza del governo, il Movimento 5 Stelle, non ne vuole sapere di lasciare la concessione un' azienda che custodiva un ponte che si è sbriciolato, con le sue 43 vittime.
le sardine con luciano benetton e oliviero toscani
Dopo mesi di trattative e bracci di ferro che non hanno portato risultati, Atlantia sarebbe intenzionata a vendere parte del suo business più redditizio. La holding controlla l' 88% della concessionaria e potrebbe mettere sul mercato una cifra non superiore al 50%.
Chi comprerà? L' ultima ipotesi risale a poche settimane fa ed era stata fatta ventilare proprio da Autostrade al ministero delle Infrastrutture, guidato da Paola De Micheli (Pd).
Una proposta di accordo transattivo per chiudere la ferita aperta dal Morandi facendo acquistare dallo Stato - per il tramite della Cdp - il 49% del capitale di Aspi. Un acquisto che, se prendessimo la valutazione complessiva con cui, nel 2017, il fondo statale cinese Silk Road ha rilevato il 5% del capitale di Autostrade, costerebbe allo Stato circa 5,5 miliardi, una cifra enorme, che però potrebbe essere più bassa nel caso concreto che la concessione venga in qualche modo rivista aumentando la manutenzione e gli investimenti non remunerati in tariffa.
Anche così, però, resterebbe una cifra a nove zeri. L' ipotesi sarebbe stata scartata, anche perché politicamente insostenibile per il premier Conte (contrario a un impegno così gravoso per la società pubblica) e soprattutto indigeribile per i 5 Stelle. Inoltre con quella percentuale lo Stato non avrebbe nemmeno il comando assoluto: Atlantia, la holding controllata dai Benetton, possiede l' 88% della società Autostrade. Cedendo il 49% finirebbe in minoranza, senza però che lo Stato possa comandare davvero da solo: dovrebbe trovare di volta in volta l' accordo o con la famiglia Benetton o con gli altri due azionisti, cioè Appia Investments del gruppo Allianz(6,94%) e, appunto, il fondo statale cinese Silk Road Fund (5%).
L' altra ipotesi è che venga usato il fondo infrastrutturale F2i guidato da Renato Ravanelli che vede fra i suoi quotisti più importanti proprio la Cdp.
Problema: il fondo non ha una potenza di fuoco sufficiente, potrebbe al massimo fare da capofila di una cordata di investitori esteri e italiani (come fondazioni e casse di previdenza) oppure conferire parte dei suoi asset ad Autostrade. In questa ipotesi lo Stato non avrebbe un ruolo, visto che Cdp non ha poteri di governance in F2i, ma è senz' altro la strada preferita dai Benetton. Nelle scorse settimane il loro manager plenipotenziario, Gianni Mion, aveva pubblicamente aperto a un negoziato con F2i.
roberto tomasi autostrade per l'italia
Da qui l' idea di togliere la concessione ai Benetton - che ha fruttato ricchissimi dividendi agli azionisti - non appena arriverà il via libera dall' Avvocatura dello Stato e dalla Corte dei Conti.
Insomma, l' unico modo per far uscire il governo dallo stallo, anche nel timore che la revoca dia avvio a un enorme contenzioso, è che i Benetton mollino la presa su Autostrade. Monetizzando la gallina dalle uova d' oro finchè vale qualcosa.
2 -ATLANTIA, STALLO CON IL GOVERNO IL NODO È IL TAGLIA-INDENNIZZI
Umberto Mancini per “il Messaggero”
La trattativa è in stallo. Bloccata su una pregiudiziale che rischia di far saltare il confronte. Ciò nonostante Atlantia abbia messo sul tavolo un mix di proposte per evitare la revoca della concessione di Autostrade ai limiti della tenuta di bilancio: dalla vendita del 51% di Aspi al taglio dei pedaggi, dall'aumento degli investimenti a nuovi interventi per Genova.
Ma, prima di formalizzare la proposta, chiede al governo di mettere mano all'articolo 35 del Milleproroghe, quello che prevede il passaggio obbligato della concessione ad Anas, un drastico taglio all'eventuale risarcimento, una sforbiciata secca alle tariffe. Fino ad ora però nessuna apertura né dal Mit né da Palazzo Chigi. La prospettiva della revoca sembra davvero tramontata ma nei fatti al momento non ci sono le condizioni per arrivare ad una composizione del confronto.
LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI
LA POSIZIONE
Dal Tesoro, che di revoca non vuol sentir parlare, premono per una modifica del decreto o per un intervento successivo in grado di sterilizzarne gli effetti. Considerano un azzardo sfidare Atlantia sul fronte giudiziario. Una parte del Pd e dei 5stelle sembra determinata invece a far pagare il prezzo massimo possibile al gruppo privato il crollo del Ponte Morandi, ma sia a livello economico che di consenso mediatico ci sono due ostacoli da superare: il rischio di pagare un indennizzo miliardario e quello di mandare a casa 7 mila lavoratori.
Tra l'altro, in molti sono convinti che Anas non sia in grado di gestire una operazione tanto complessa. Anche i 5stelle più duri nelle ultime ore si sarebbero convinti che bisogna procedere per un'altra via. Non che questo riposizionamento non abbia causato mal di pancia, tutt'altro; ma alla fine se il controllo di Autostrade dovesse passare a Cdp o F2i, in casa grillina si potrà sempre dire che l'obiettivo della statalizzazione è stato raggiunto. Che Altantia sia disposta a scendere sotto il 50% della quota che detiene in Autostrade (l'88%), è un tabù ormai superato.
Ma per procedere servono ulteriori passaggi che il governo al momento non ha ancora compiuto. Primo tra tutti cancellare lo scenario delineato dall'articolo 35 che prevede la revoca e affida la gestione delle autostrade in mano all'Anas. Il segnale dato al governo dai Benetton è chiaro: apriamo le porte di Atlantia ad altri soci, allarghiamo la governance, di fatto rinunciamo al controllo su Autostrade, ma va tolta di mezzo la pistola fumante della revoca, che con il Milleproroghe non modificato resterebbe sul tavolo.
In più - è il ragionamento degli analisti finanziari - l'articolo 35 fa venire meno la possibilità per Atlantia di restituire la concessione; ovvero di chiedere il maxirisarcimento previsto dall'attuale convenzione. Altro punto chiave: la revisione al ribasso delle tariffe voluta dall'esecutivo, unita al piano di investimenti in manutenzione della rete deciso da Aspi che aumenta controlli e spese, rischia di mettere la società in una fase pericolosa di tensione sul fronte dei conti. Il sistema tariffario è ancora incerto e questo è un elemento che non consente di avere un quadro trasparente, in caso di vendita, perché le tariffe comprendono il tasso di remunerazione del capitale, cioè gli incassi futuri.
giuseppe conte roberto gualtieri mes
SE CAMBIANO LE REGOLE
Se cambiano le regole, se i pedaggi saranno meno del previsto, cambiano anche gli introiti e quindi il rischio è di ritrovarsi con azioni dal valore più alto o più basso rispetto al momento dell'acquisto. Senza contare gli effetti sui soci esteri di Aspi-Atlantia e sui risparmiatori che posseggono azioni e obbligazioni. Anche Cdp o F2i dovrebbero avere certezze prima di entrare in gioco, semmai lo faranno.
Prima cioè di trovarsi alle prese con una concessione meno appetibile rispetto all'attuale. L'esecutivo potrebbe anche decidere di allungarla ulteriormente per assicurare ritorni importanti, ma questa ipotesi non è stata messa sul tavolo. Insomma, la strada sembra ancora lunga. Tra paletti normativi da dribblare, una governance tutta da scrivere e un governo alle prese con non poche divisioni interne e i casi Alitalia, Ilva e Airitaly da risolvere.