COME PREVISTO, I RISULTATI PREVISTI DA GENISH NON SI SONO MATERIALIZZATI, E OGGI IL TITOLO TIM CROLLA IN BORSA (-8%) - I RICAVI CALANO DEL 5%, IN LINEA CON LE ATTESE DEGLI ANALISTI, MA A TRADIRE LE ASPETTATIVE DEL GRUPPO È STATO IL BUSINESS IN ITALIA NELL'ANNO IN CUI È ARRIVATA ILIAD AD ABBATTERE I MARGINI PER IL SETTORE. LA CONTROLLATA BRASILIANA INVECE DÀ SODDISFAZIONI
- TIM: IN BORSA NON FA PREZZO, CALO TEORICO -9%
(ANSA) - Tim non riesce a fare prezzo in Borsa mentre il titolo segna un calo teorico del 9,3%, all'indomani del consiglio d'amministrazione che ha analizzato i risultati preliminari gestionali che prevedono un 2019 in calo. Ha deluso anche l'ultimo trimestre del 2018.
- TIM: ENTRA A SCAMBI IN BORSA (-8%) DOPO CDA SU CONTI
(ANSA) - Tim entra agli scambi in Borsa dopo che all'avvio non riusciva a fare prezzo. Il titolo cede l'8,8% a 0,48 euro, dopo il cda fiume di ieri che ha analizzato i risultati preliminari gestionali del 2018 e quelli di un 2019 che si preannuncia difficile.
- DIFFICILE ANCHE IL 2019 IL MERCATO ITALIANO FRENA I CONTI DI TIM
Francesco Spini per “la Stampa”
L' anno dei mille litigi tra i soci e del ribaltone al vertice si chiude con conti in calo per Tim, tradita dall' Italia ma salvata dal Brasile. Il consiglio di amministrazione, mentre comincia la marcia di avvicinamento all' assemblea del 29 marzo - quella in cui si consumerà un nuovo duello tra il primo socio Vivendi e il fondo Elliott - vara i risultati preliminari, che confermano un anno alquanto difficile sotto il profilo del business. Il margine operativo lordo (ebitda) organico, al netto cioè di oneri non ricorrenti, è atteso «nell' intorno di 8,1 miliardi di euro», con un calo intorno al 5% ma sostanzialmente in linea con le stime degli analisti.
A tradire le aspettative del gruppo è stato il business in Italia nell' anno in cui si è affacciato un nuovo concorrente «low cost» come Iliad che ha contribuito, in estate, a far esplodere una nuova guerra dei prezzi. Fatto sta che «l' ebitda organico della Business Unit Domestic è stimato in diminuzione» con una intensità «mid single digit», ovvero tra il 4 e il 6%, e questo «nonostante la maggiore resilienza di Tim rispetto al mercato».
Di certo il risultato, come gli stessi analisti avevano previsto, non centra le stime del piano DigiTim varato dall' ex ad Amos Genish, che stimava per le attività domestiche un tasso di crescita medio annuo «low single digit», vale a dire nella parte bassa della singola cifra. Qui si scende. A non deludere è stato il Brasile dove si assiste a un «miglioramento» che porta il dato a chiudere alla cifra di cui sopra.
Come la società aveva già preavvisato, sul fronte del debito non ci sono progressi: alla fine dell' anno si dovrebbe assestare in zona 25,2 miliardi sostanzialmente in linea con quanto visto al 30 settembre e su cui pesano i 513 milioni della prima rata del pagamento delle licenze per il 5G, l' ultima generazione in fatto di telefonia mobile. La riunione di ieri, lunga e dibattuta, è stata l' occasione per approvare il budget del 2019 e per iniziare una prima analisi con i consiglieri del nuovo piano strategico che l' ad Luigi Gubitosi presenterà nella sua forma definitiva il 21 febbraio, nel corso della riunione del cda che licenzierà anche i conti definitivi.
Inutile attendersi miracoli nel breve termine. «Le prime stime per la Business Unit Domestic - si legge nella nota emessa al termine del cda - ipotizzano un andamento della performance operativa che sconta le dinamiche competitive che hanno impattato l' esercizio 2018 (...) e si prevede influiscano anche sul 2019, in particolare sul primo semestre». Serviranno almeno 6-9 mesi per vedere gli effetti del cambio di marcia, se ci sarà, impresso dal nuovo piano. Un piano che, come si diceva, va prendendo forma. In particolare, tra le azioni intraprese, ci sarebbe un fortissimo intervento sui costi: gli acquisti di beni e servizi vengono passati al setaccio dal nuovo vertice.
Nel consiglio di ieri si sarebbe parlato anche del dossier relativo a Persidera: semplicemente il consiglio avrebbe chiesto a Gubitosi di riprendere in mano la faccenda. Nessuno esclude che l' iter (che era sfociato in trattative in esclusiva con il fondo americano I Squared Capital) possa riaprirsi, consentendo anche a F2i e Rai Way di tornare in partita. Ancora non ci sono però le decisioni strategiche che il mercato attende, a cominciare dal destino della rete di cui il fondo Elliott vorrebbe lo scorporo (a cui dovrebbe seguire la fusione con Open Fiber) e Vivendi invece no. Uno snodo cruciale su cui i tecnici ragionano, da tempo, su due fronti. Da un lato la sostenibilità della futura società di servizi che sarebbe caricata di almeno 20 mila addetti, quando i concorrenti sono tutti abbondantemente sotto i 10 mila.
Dall' altro sul futuro assetto della società di rete, ossia sul ruolo che avrà Cdp nell' aggregazione di operatori infrastrutturali, in modo da creare quel monopolio di fatto che garantisca la tariffazione vantaggiosa della Rab.