IN FUGA DALLA NAVE TELECOM - STA PER SCATTARE IL "LIBERI TUTTI" NELLA CASSAFORTE DI TELCO. GENERALI, MEDIOBANCA E INTESA TAGLIERANNO LA CORDA. ENTRERA' QUALCHE NUOVO SOCIO ESTERO O TELEFONICA PRENDERA’ IN MANO IL CONTROLLO?

Antonella Olivieri per ‘Il Sole 24 Ore'

Telecom raccoglie i frutti del rinnovato interesse per l'Italia, con un rimbalzo del titolo - salito del 6,45% a 0,88 euro - che nel fa il best performer tra le blue chip di Piazza Affari e del settore in Europa (lo Stoxx tlc si è limitato a un +0,36%). Sullo sfondo anche l'attesa per un ulteriore intervento della Bce sui tassi che migliorerebbe le condizioni di rifinanziamento del gruppo. E, ciliegina sulla torta, a sostenere il recupero del titolo, che a inizio mese aveva superato quota 0,94 euro, anche la conferma del prossimo scioglimento di Telco, che riaccende l'appeal speculativo.

Venerdì il presidente di Generali, Gabriele Galateri, ha detto pubblicamente che la compagnia triestina dovrebbe dare disdetta ai patti Telco alla prossima finestra tecnica che si apre dal 15 al 30 giugno. E ieri Tarak Ben Ammar, consigliere di Mediobanca e di Telecom, ha confermato lo scenario: «Mediobanca ha sempre detto che vuole uscire. Non non abbiamo la vocazione di rimanere azionisti in un patto».

Intesa è sulla stessa linea. A maggior ragione, dopo l'esposto inoltrato alla Consob da Marco Fossati che contesta il controllo di fatto da parte di Telco e che, secondo Ben Ammar «è un investitore che ha investito molto, che conosce l'azienda, che conosce il Brasile» e che dunque «va ascoltato: non lo possiamo ignorare».

Dunque, con il "liberi tutti" nella compagine che oggi riunisce il 22,4% del capitale ordinario, Telecom, come dice Ben Ammar, si avvia a diventare «una public company». Le quote dei soci italiani - il 4,32% di Generali e l'1,63% ciascuna di Mediobanca e Intesa - una volta svincolate probabilmente verranno cedute progressivamente sul mercato quando ce ne saranno le condizioni (così come sta avvenendo in Rcs post-patto).
Sulla carta, alternative non ce ne sono, dato che anche mettendo insieme il pacchetto di Fossati (4,99%, a un prezzo di carico intorno a 1,4 euro) si arriverebbe al 12,6%. Dunque, meno di Telefonica che resterà comunque il primo singolo azionista di Telecom con una quota del 14,8%.

Una situazione che renderà più agevole a Telefonica confutare la posizione dell'Antitrust brasiliano che, dopo gli accordi di settembre che assegnavano al gruppo spagnolo la facoltà di salire al 100% di Telco, aveva imposto l'alternativa tra uscire da Telecom o cedere il 50% di Vivo, primo operatore mobile brasiliano.
Proprio perchè la questione è ancora aperta e Telefonica ha come priorità la salvaguardia della sua posizione in Brasile, gli spagnoli non eserciteranno l'opzione per acquistare dai soci italiani di Telco le quote della holding al prezzo di 1,1 euro per azione Telecom.
La conferma nelle parole del cfo Angel Vila che, nel corso della conference call sulla trimestrale, rispondendo a un analista sullo scenario di break-up di Telco e sui riflessi in Brasile aveva detto: «Non abbiamo ancora preso nessuna decisione a riguardo, ma al momento, naturalmente, non avremmo nessun problema a mantenere la nostra quota del 14,8%: non siamo presenti nel board Telecom e non abbiamo mai esercitato nessuna influenza sulle attività brasiliane di Telecom Italia».

Da qui a fine anno - sono necessari fino a sei mesi per realizzare la scissione della holding con la consegna fisica delle azioni ai partecipanti e l'attribuzione del debito pro-quota - l'accordo Telco resterà comunque in vigore, tutelando pro-tempore la posizione di Telefonica in Telecom da eventuali incursioni esterne.
Nel frattempo, verso l'autunno, Telecom potrebbe aprire il dossier Gvt, la rete in fibra ottica brasiliana che fa capo a Vivendi. Nel qual caso sarà da verificare la reazione di Telefonica che, sempre nell'ultima conference call, aveva dichiarato di credere nei benefici di un consolidamento del settore nel Paese sudamericano. Ma, a logica, non certo nella parte di spettatore.

 

 

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