BUSTARELLE IN VIA OLGETTINA - NO, NON SONO QUELLE DI PAPI, MA QUELLE CHE MARIO CAL, CONTABILE SUICIDA DI DON VERZÉ, INTASCAVA DA FORNITORI E COSTRUTTORI DEL S. RAFFAELE - MILIONI DI EURO IN CONTANTI CHE POI PASSAVA AL FACCENDIERE DACCÒ PER INGUATTARLI ALL’ESTERO (E SECONDO UNO DEI FORNITORI, PER “PAGARE POLITICI”) - UN VORTICE DI SOLDI CHE PORTERÀ A NUOVI ARRESTI E NUOVE RIVELAZIONI SU DOV’È FINITO IL MILIARDO E MEZZO DISSIPATO DALL’OSPEDALE…
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
«Io vado là (in Procura, ndr) e gli racconto tutto», e cioè «che però il Mario diceva che dava dei soldi ai politici», si sfoga Gianluca Zammarchi con il padre Pierino, costruttori che su 140 milioni di euro di commesse ricevute dal San Raffaele nel 2006-2011 hanno restituito in «nero» al vicepresidente Mario Cal dal 3% al 5% in contanti, in parte poi consegnati all'intermediario Piero Daccò dal braccio destro (uccisosi il 18 luglio) di don Luigi Verzé.
Sono le 9 di sera di pochi giorni fa, il 4 novembre, e l'intercettazione sta captando non le parole di Zammarchi junior, ma il resoconto che il padre sta facendo a un amico dello sfogo fattogli poco prima dal figlio, preoccupato perché nella «disfatta del San Raffaele» ha la sensazione che «tutto gravita su di loro», e sotto pressione per l'assedio dei pm alle vacillanti imprese di famiglia Diodoro e Metodo (verifiche fiscali, indagine penale, richiesta di fallimento delle aziende).
Il padre, stando al resoconto che fa all'amico, frena l'idea del figlio di alleggerire la loro posizione andando a raccontare ai pm quanto Cal diceva dei politici pagati tramite Daccò. Ma, nel raccontarlo, Zammarchi senior si esprime non come chi obietta che l'affermazione del figlio non sia vera, bensì come chi lo mette in guardia dall'aprire un vaso di Pandora senza disporre di elementi di prima mano: «Ma tu non hai la prova! Pensi che gli possa aver dato dei soldi ai politici ma non hai le prove, porco cane», anche perché «chi ti dice che questo Daccò, i soldi che prendeva da Cal, li dava ai politici? Non eri presente, magari se li mettevano in tasca loro o che cacchio ne sai, capito? Quando non hai una prova certa...».
Non sarà certo facile capire se e a chi il mediatore Daccò, ben introdotto in Regione, abbia girato i soldi datigli da Cal: sia perché i contanti lasciano meno tracce, sia perché Cal si è ucciso, il che può anche rendere «conveniente» a molti scaricare su di lui. Tuttavia il fermo di Daccò ordinato l'altro ieri dai pm Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta appena una telefonata intercettata alle 13.49 aveva fatto intuire la «prenotazione di un viaggio in Israele», indica che l'inchiesta sulla bancarotta da un miliardo e mezzo di euro della Fondazione San Raffaele-Monte Tabor di don Verzé (pure indagato e ieri perquisito) ha già ricostruito che, «a fronte di una significativa sovrafatturazione dei costi delle prestazioni rese dalle società di Zammarchi, c'era un ritorno economico verso Cal al quale faceva seguito l'ulteriore dazione delle provviste a favore di Daccò».
A fondare questa convinzione dei pm non è solo la suggestione dell'«emblematica conversazione» del 4 novembre, ma soprattutto l'incrocio tra le indagini bancarie sulla «incontrollata emorragia di capitali prelevati per anni in contanti» dai Zammarchi - 8,3 milioni dal 2006 al 2009, «anche 150.000 in una volta sola», «vistosamente in contrasto con l'antiriclaggio» - e le agende di Cal che testimoniano «la frequenza degli appuntamenti» e «la singolare coincidenza di data» e «sequenza di incontri tra Cal e Zammarchi prima, Cal e Daccò poi» (168 volte dal 2007 al 2010).
Cosa avvenisse in questi incontri lo raccontano alcuni testimoni oculari individuati dalla polizia giudiziaria (PS e GdF) dei pm. Come il contabile Danilo Donati: «Cal mi disse che le fatture venivano gonfiate dai fornitori» e «parte delle somme venivano retrocesse in contanti nelle mani di Cal» per poi essere date «con pagamenti in contanti in Svizzera a commercialisti indicati da Daccò e da Cal stesso». L'indagato direttore amministrativo Mario Valsecchi dichiara che «in un'occasione ho assistito alla consegna di una busta di denaro da parte di Zammarchi nelle mani di Cal», e «quando Pierino è andato via, Cal mi ha riferito che Zammarchi aveva portato il contante per Daccò. Cal non ha aggiunto altro, né io ho chiesto».
E anche la segretaria di Cal, Stefania Galli, spiega d'aver «assistito a consegne a Cal di diverse buste di contanti, riposti nella cassaforte della vicepresidenza» e poi (quando due pm milanesi indagavano sui rimborsi sanitari) «in quella dell'albergo Rafael» vicino l'ospedale. «Oltre a questo contante», per l'accusa «Daccò ha beneficiato di ulteriori risorse del San Raffaele, utilizzando società estere alle quali il denaro è stato bonificato con causali di comodo»: come le «fittizie motivazioni» dei 3,5 milioni costatigli il fermo riguardo consulenze nella ricerca di un aereo da comprare, nel contenzioso legale a Gerusalemme e in Mozambico, e in un affare immobiliare in Cile.



