ORO NERO E ORO VERO? - DUE EX MANAGER SAIPEM METTONO IN MEZZO L’EX AD DI ENI, PAOLO SCARONI, NEL CASO DELLE TANGENTI IN ALGERIA - SCARONI AVEVA DEFINITO UNO DI QUESTI (VARONE) “UN LADRO”
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
Eni, altri indagati. «Tangenti da 197 milioni» Due manager chiamano in causa l’ex amministratore delegato Scaroni per i soldi versati a politici algerini L’accusa: «Saipem pagò il ministro dell’Energia e un manager petrolifero». Chiesto l’incidente probatorio
Due indagati ex manager di Saipem puntano il dito contro l’ex amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni al punto che la Procura di Milano chiede al giudice delle indagini preliminari di cristallizzare le loro dichiarazioni accusatorie in un «incidente probatorio», cioè in una sorta di anticipazione di un segmento di dibattimento nel quale Pietro Varone e Tullio Orsi potranno essere controinterrogati dai difensori delle altre cinque persone — nonché delle due persone giuridiche Eni e Saipem, pure loro indagate — che anche sulla scorta delle loro parole, oltre che delle rogatorie internazionali, sono accusate dai pm milanesi di corruzione internazionale:
e precisamente di aver tra il 2007 e il 2010 fatto pagare alla Saipem 197 milioni di tangenti a politici e burocrati dell’Algeria (su conti a Dubai, Libano e Svizzera) per assicurare alla società controllata dal cane a sei zampe contratti petroliferi del valore di 8 miliardi di euro, che alla fine del 2012 avevano fruttato un profitto netto (prima delle imposte) di un miliardo di euro.
Assieme a Scaroni (e ovviamente a Orsi e Varone) risultano indagati Alessandro Bernini, direttore finanziario di Saipem sino all’agosto 2008 e poi di Eni sino a dicembre 2012; Antonio Vella, già responsabile Eni per il Nord Africa; Pietro Tali, tra il 2007 e 2012 presidente e amministratore delegato di Saipem; Farid Bedjaoui, il fiduciario algerino (con base a Dubai) dei politici algerini ritenuti corrotti; e il suo braccio destro Samyr Ouraied.
Rogatorie condotte non solo in Algeria ma anche in Libano consentono ai pm Fabio De Pasquale, Sergio Spadaro e Isidoro Palma di individuare, come destinatari delle tangenti intermediate da Bedjaoui, l’allora ministro dell’Energia algerino, Chekib Kelil; il capo di gabinetto dell’ente petrolifero statale algerino (Sonatrach), Rèda Hemce, al quale viene ricondotto ad esempio un conto con 1,7 milioni di dollari sulla Banque Privée Edmond Rothschild di Ginevra; e un soggetto qualificato dai pm come «faccendiere» per conto sempre dell’entourage del ministro, Omar Habour, di cui a Beirut è stato afferrato il filo di un conto da 34,3 milioni di dollari presso la Banca Audi Saradar.
I pm stilano per la prima volta una formale imputazione di corruzione internazionale contro Scaroni, di cui vengono evidenziati gli «incontri informali» organizzati da Tali e Varone, grazie all’intermediazione di Bedjaoui, «a Parigi e Vienna con il ministro dell’Energia»; e sempre delle tangenti si sarebbe discusso anche in altri «incontri riservati all’Hotel Bulgari di Milano» con Bedjaoui, Bernini, Varone e Orsi. In questa inchiesta sulle tangenti Saipem in Algeria non è indagato l’attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che invece lo è nell’altra indagine aperta su tangenti Eni a politici della Nigeria.