1. PARLA BISIGNANI (GIOVANNI)! REQUIEM SU ALITALIA DALL’EX CAPO DELLA IATA: “I 500 MILIONI SERVONO SOLO A COPRIRE I BUCHI, NESSUNO SI ILLUDA DI POTER STRAPPARE CONDIZIONI. ALITALIA VALE ZERO E SARÀ TRATTATA PER QUEL CHE VALE. MORIREMO FRANCESI” 2. CHE FINE HA FATTO ZINGALES? IL CONSIGLIERE “LIBERISTA” DI TELECOM HA FATTO FUOCO E FIAMME, MA ORA CHE IL GOVERNO PREPARA IL “GOLDEN POWER” NON PARLA PIÙ 3. MENTRE L’AGENDA DIGITALE AFFONDA E L’INFORMATICA ITALIANA CROLLA, VODAFONE COLAO MERAVIGLIAO APRIRÀ L’ANNO ACCADEMICO ALLA BOCCONI. UNA RIVINCITA RISPETTO A CHI LO HA SFOTTUTO QUANDO SCAVAVA BUCHE PAUROSE DENTRO IL GRUPPO RCS 4. MARCO GIRELLA, CAPOUFFICIO STAMPA DI MARINO, S’INCAZZA PER LE CRITICHE AL SUO STIPENDIO DA 170MILA € (LORDI) E I 60 DIPENDENTI. FORSE DOVREBBE PENSARE AD ARGINARE LA VALANGA MEDIATICA CONTRO IL SINDACO, CHE RISCHIA DI NON MANGIARE LA COLOMBA


1. PARLA BISIGNANI (GIOVANNI)! REQUIEM SU ALITALIA DALL'EX CAPO DELLA IATA: "I 500 MILIONI SERVONO SOLO A COPRIRE I BUCHI, NESSUNO SI ILLUDA DI POTER STRAPPARE CONDIZIONI. ALITALIA VALE ZERO E SARÀ TRATTATA PER QUEL CHE VALE. MORIREMO FRANCESI"
Dopo l'Assemblea terminata alle 3,30 di notte in cui i soci di Alitalia hanno approvato l'aumento di capitale di 300 milioni, le notizie sul futuro della Compagnia diventano ogni giorno più drammatiche.

Le ultime si riferiscono all'atteggiamento di AirFrance e delle banche, Intesa e Unicredit, che dovrebbero garantire l'operazione. A quanto si legge sui giornali (in particolare sul "Messaggero") i francesi avrebbero addirittura desiderato il fallimento immediato votando contro la copertura delle perdite, mentre i vertici delle due banche milanesi hanno scritto una lettera annunciando che il loro prestito di 200 milioni sarà effettivo solo dopo il piano industriale.

A questo punto non si capisce chi stia lavorando intorno a questo piano industriale che deve essere pronto prima che sia troppo tardi. Il povero Sarmi è volato a Parigi dove i top manager dell'Oltralpe gli hanno spiegato che anche se la loro quota dovesse ridursi metteranno sempre i bastoni tra le ruote.

E quando il manager dalle orecchie generose è uscito dal quartier generale di AirFrance, che si trova a due passi dalla tomba di Napoleone, aveva nelle orecchie la minaccia dei galletti francesi che da tempo stanno trattando anche con gli arabi per le rotte sul Maghreb poiché più del 60% dei passeggeri verso quelle rotte è il loro mercato. Mentre andava all'aeroporto per tornare in Italia, Sarmi si è reso conto che per contribuire a un piano industriale dovrà ricorrere anche lui a una delle solite società di consulenza (magari Accenture oppure Boston Consulting, la madrina di tanti piani falliti) e forse ha capito che nella partita internazionale l'Alitalia è un microbo.

A danneggiarla sono stati i tanti errori delle gestioni precedenti, primo fra tutti la polverizzazione degli aeroporti in Italia che ha favorito l'esplosione delle compagnie low cost, l'invasione di Ryan Air sulle rotte europee, e l'occupazione del traffico verso il Maghreb e il Medio Oriente che rappresenta un'area strategica poiche' pare (notizia inedita) che, al di là dell'interesse di Air France, si stia formando in Qatar una formidabile Compagnia low cost in grado di assicurarsi alcune rotte fondamentali.

Di fronte a questo scenario è significativo il silenzio dei cosiddetti manager che hanno gestito la Compagnia. Nessuno di loro ha il coraggio di parlare. L'ultimo arrivato, il comandante dei capitani coraggiosi Roberto Colaninno, si guarda bene dal ripetere gli annunci trionfalistici di luglio e in vista dell'aumento di capitale sta raggranellando soldi vendendo azioni della sua holding Immsi fondata nel 2000. Così ha fatto in un paio di giorni portando fieno in cascina per 22 milioni di euro.

Tacciono anche il mitico Ragnetti (approdato in Alitalia dopo il successo nella vendita dei vibratori quando era in Philips, tace Federico Cempella (l'unico che aveva intuito il pericolo Moretti), e tace anche l'uomo dell' IRI, Francesco Mengozzi. Ovviamente nessuno si aspetta qualche parola da Giancarlo Cimoli, il manager che ha creato scandalo con la sua liquidazione. A parlare invece è Giovanni Bisignani, detto Nanni, che dopo aver guidato Alitalia per volonta' di Prodi, per 11 anni è stato a capo della Iata, l'Organizzazione mondiale del trasporto aereo. Due giornali (Carlino e Panorama) lo hanno pescato in India dove sta presentando "Shaking the Skies", il libro autobiografico che non ha la pretesa di "sussurrare ai potenti" come piace al fratello Luigi, ma ripercorre l'esperienza nel mondo dell'aviazione.

Adesso ha 67 anni, si dedica alla consulenza e può permettersi il lusso di parlare della sua vecchia Compagnia che ha guidato senza peli sulla lingua. Nanni non ha dubbi: salvare l'Alitalia è una "mission impossible" che non si può affrontare con un cerotto di 500 milioni utili soltanto "a mantenerla in vita qualche mese". E a suo avviso nemmeno investendo miliardi si potrebbe invertire la china perché le compagnie low cost stanno per aggredire le rotte intercontinentali ed è stata persa la grande occasione del 2008 quando i patrioti "si trovarono la compagnia ripulita di tutti i debiti con un aiuto dello Stato senza precedenti in Europa".

La conclusione è amara, il verdetto inesorabile: "i mezzi freschi servono solo a coprire i buchi, nessuno si illuda di poter strappare chissà quali condizioni, Alitalia vale poco più di zero e sarà trattata per quel che vale. Moriremo francesi".

2. CHE FINE HA FATTO ZINGALES? IL CONSIGLIERE "LIBERISTA" DI TELECOM HA FATTO FUOCO E FIAMME, MA ORA CHE IL GOVERNO PREPARA IL "GOLDEN POWER" NON PARLA PIÙ
Nel mondo degli economisti c'è un po' di preoccupazione per Luigi Zingales, l'economista padovano che con le sue violente esternazioni ha sempre innalzato la bandiera del neoliberismo fino al punto di caricarsi dell'appellativo di rompicoglioni.

Nessuno è in grado di dire se in questo momento si trova all'università di Chicago oppure nelle stanze di Telecom dove siede come consigliere indipendente,e nessuno gli ha chiesto se si sente offeso dalla mancata assegnazione del premio Nobel che è stato attribuito a tre economisti.

Eppure solo lui, considerato esageratamente insieme a Draghi tra i 100 pensatori più influenti dell'universo, avrebbe potuto spiegare perché i tre Nobel sono stati premiati nonostante abbiano ignorato nei loro lavori la volatilità e la pericolosità dei mercati finanziari. Ciò che più sorprende è comunque l'assenza della sua firma in calce all'appello degli economisti di stampo "mercatista" che è apparso ieri sul quotidiano "Il Foglio" di Giuliano Ferrara.

Il testo, che si onora della firma di una mente straordinaria come quella di Chicco Testa (per gli amici Testa di Chicco) è apparso un messaggio ben preciso contro "la vampata statalista che si vede dietro le operazioni del governo in favore di Alitalia, Finmeccanica e Telecom".

Quando mettono il cervello a dormire gli economisti si dilettano a lanciare appelli e manifesti che sono nella maggior parte dei casi messaggi in bottiglia. Così è avvenuto il 17 novembre quando si sono rivolti a Monti accusato di aggravare la crisi, e a dicembre con il professore della Luiss Gustavo Piga che insieme ad altri accademici ha invocato una moratoria sul debito pubblico da parte della Unione europea.

Da parte sua Zingales potrebbe spiegare il suo silenzio rimandando i curiosi al "Manifesto Capitalista", un'opera pubblicata l'anno scorso da Rizzoli in cui sollecitava "una rivoluzione liberare contro l'economia corrotta". C'è però chi pensa che sia imbarazzato perché il dibattito tra mercatisti e riformisti tocca da vicino le vicende di Telecom dove ha sempre fatto fuoco e fiamme per poi ripiegare dietro le quinte quando Franchino Bernabè è stato esiliato.

L'unica dichiarazione risale al 25 settembre quando ha intravisto dietro gli spagnoli di Telefonica un concorrente di Telecom in Argentina e Brasile "che rischia di forzare l'azienda con la dismissione di asset preziosi per il rilancio della società".

Adesso a Palazzo Chigi e negli uffici di Catricaletta studiano la golden power per mettere i bastoni tra le ruote agli spagnoli, ma il liberista Zingales lascia che a parlare siano l'amico Francesco Giavazzi e le decine di economisti che mettono il loro nome sotto il manifesto mercatista. Ma dove e' finito Zingales?


3. MENTRE L'AGENDA DIGITALE AFFONDA E L'INFORMATICA ITALIANA CROLLA, VODAFONE COLAO MERAVIGLIAO APRIRÀ L'ANNO ACCADEMICO ALLA BOCCONI. UNA RIVINCITA RISPETTO A CHI LO HA SFOTTUTO QUANDO SCAVAVA BUCHE PAUROSE DENTRO IL GRUPPO RCS
Se continua così anche l'informatica cade nel precipizio.
A dirlo è Elio Catania, l'ingegnere ex-IBM che nei giorni scorsi ha presentato l'ultimo Rapporto di Assinform, l'associazione da lui presieduta nella quale sono presenti i big italiani e stranieri del settore.

Nello studio curato dalla società di consulenza Net Consulting, si legge che il primo semestre è stato disastroso con un calo del 4,3% provato dalla discesa dei servizi di rete delle telecomunicazioni e dal blocco totale degli appalti della Pubblica Amministrazione.

L'unica notizia di un certo conforto riguarda i collegamenti a banda larga che sono cresciuti del 2,4% con 13,9 milioni di accessi, una percentuale che resta comunque di gran lunga inferiore a quella dei principali Paesi europei.

Il grido di dolore di Catania sarà sicuramente ripreso nella mattina di lunedì quando in Confindustria si terrà il Forum sull'Agenda Digitale, un tema intorno al quale ballano l'inquieto Stefano Parisi e Francesco Caio, desideroso di arrivare prima o poi sulla poltrona più alta di Telecom.

Sarà una passerella con torrenti di parole. Ben più interessante è l'incontro del giorno dopo che si terrà a Milano per la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico della Bocconi. Qui dopo l'intervento di Mario Monti, ritornato presidente della "madre di tutti i sapientoni", toccherà a Vittorio Colao tenere la prolusione. Per Colao Meravigliao, che oggi è l'italiano al vertice della più grande azienda al mondo di telefonia, la cerimonia avrà il sapore di una rivincita rispetto a chi lo ha sfottuto quando scavava buche paurose dentro il Gruppo Rcs.

4. MARCO GIRELLA, CAPOUFFICIO STAMPA DI MARINO, S'INCAZZA PER LE CRITICHE AL SUO STIPENDIO DA 170MILA € (LORDI) E I 60 DIPENDENTI. FORSE DOVREBBE PENSARE AD ARGINARE LA VALANGA MEDIATICA CONTRO IL SINDACO, CHE RISCHIA DI NON MANGIARE LA COLOMBA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Marco Girella, il capo ufficio stampa del sindaco Marino, si è incazzato.

Con una lunga lettera al quotidiano "Il Tempo" ha spiegato che dal suo stipendio di 170mila euro l'anno vanno detratti ben 112mila euro per tasse, contributi, Irap e addizionali varie. E aggiunge che il suo stipendio è pari a quello del suo predecessore poiché guida una struttura di 60 persone impiegate nell'ufficio stampa. Senza avere il minimo pudore sul compenso che rimane strabiliante e sul numero pazzesco di collaboratori che folleggiano nell'ufficio stampa in quantità superiore a quello della Casa Bianca, il giornalista Girella difende dal suo girello le ragioni dell'efficienza e della trasparenza.

Forse farebbe meglio a impiegare le sue forze per arginare la valanga di critiche che ogni giorno piovono addosso al povero Sindaco dalle pagine romane del "Corriere della Sera", "Repubblica", "Il Tempo" e "Il Messaggero" di Caltariccone".

 

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