IL PROBLEMA DEL LAVORO IN ITALIA NON È LA DISOCCUPAZIONE, SONO GLI STIPENDI DA FAME – DAL 2020 A OGGI IL POTERE D'ACQUISTO DEGLI ITALIANI È CALATO DEL 4% PERCHÉ L’INFLAZIONE È SCHIZZATA IN ALTO, SOPRATTUTTO PER LA GUERRA IN UCRAINA. MENTRE I SALARI SONO RIMASTI AL PALO. RISULTATO: I LAVORATORI SE LA SONO PRESA NEL CULO MENTRE MOLTE AZIENDE HANNO REGISTRATO PROFITTI RECORD – E PER IL TESORO È IN ARRIVO UNA BELLA ROGNA: STA PER SPARIRE L'EFFETTO DEL VITUPERATO SUPERBONUS, CHE HA FATTO CRESCERE IL PIL DEL 2,4%…
Estratto dell’articolo di Stefano Lepri per “La Stampa”
[...] il potere d’acquisto degli italiani è davvero calato: la stranezza è che quasi nessuno se ne lamenta. Tra un po’ non se ne parlerà proprio più, perché l’inflazione è ormai sconfitta, con la novità rara che nel mese di settembre finito ieri il costo della vita è sceso un pochino. Quasi tutta la perdita cumulata nei mesi precedenti però resta.
[...] secondo i calcoli dell’Ocse, lo shock inflazionistico determinato dall’invasione russa dell’Ucraina ha reso più poveri gli italiani (quasi – 4% dall’inizio del 2020 ad oggi) i francesi (-3%) e i tedeschi (-2%), Gli statunitensi invece – a dispetto di Trump – si sono ben rifatti, con più 3%.
La Banca centrale europea prevede che il recupero dei salari proseguirà. Ma intanto per parecchi mesi abbiamo potuto comprare meno beni; e la decurtazione secondo altri calcoli è stata più pesante di quanto faccia pensare l’Ocse. Nei precisi dati cumulativi di 1900 grandi e medie società resi noti l’altro giorno da Mediobanca, al netto dell’inflazione il costo del lavoro è sceso del 7,6% in 2 anni.
La propaganda politica ha un peso nell’orientare le percezioni dei cittadini. Negli anni ’90, quando l’Italia sperimentò per la prima volta l’alternanza al governo di schieramenti opposti, «non si arriva più alla fine del mese» divenne il grido di battaglia preferito degli uni contro gli altri; ma i tassi di inflazione contro cui si protestava erano ben inferiori al picco della seconda metà del 2022.
Negli ultimi anni, i tagli alla rivalutazione delle pensioni medio-alte adottati dai governi Conte e Draghi, inaspriti dal governo Meloni, sono passati pressoché sotto silenzio benché, secondo calcoli della Federdirigenti, abbiano eroso fino a un quarto del potere d’acquisto. La fase non ancora terminata, in cui in Italia i salari sono rimasti indietro rispetto all’inflazione ha molto migliorato i profitti delle aziende, che nell’anno 2023 hanno toccato livelli non visti da lungo tempo.
SALARI E POTERE D AQUISTO IN ITALIA
I buoni risultati raggiunti dalle imprese italiane nel 2023, che in altre parti d’Europa è stato un anno difficile, derivano quindi in gran parte da fattori temporanei che già si stanno attenuando e presto scompariranno. Si vedrà se il miglior livello della produttività rivelato dall’ultima revisione dei dati Istat reggerà a lungo in presenza di una perdurante compressione dei salari reali.
Così pur si sta esaurendo un’altra causa temporanea: i grandi sprechi del superbonus, occorre riconoscerlo, un limitato effetto di spinta l’hanno esercitato. Un calcolo della Confindustria, circondato da molte cautele, stima a 2,4 punti l’aumento del Pil riferibile al superbonus.
Da una analisi della Banca d’Italia si può ricavare che ci sarebbero stati modi molto migliori, più produttivi, di spendere quelle ingenti somme; eppure, un effetto c’è. E guarda caso, sembra l’unico in grado di spiegare perché l’Italia, come vanta l’attuale governo, sia cresciuto un pochino di più rispetto agli altri Paesi europei.