IL MERCOLEDÌ DA LEONI DELLE BORSE - IL 17 DICEMBRE DUE EVENTI-CHIAVE PER LA FINANZA: SI VOTA IL PRESIDENTE GRECO (COL RISCHIO DI ELEZIONI ANTICIPATE) E SI RIUNISCE LA FED (COL RISCHIO DEI TASSI IN AUMENTO)
Vito Lops per www.ilsole24ore.com
La scorsa settimana le Borse europee hanno subito un tracollo simile a quanto accadeva nell’autunno del 2011, quando anche l’Italia subiva il contagio della speculazione finanziaria sui debiti sovrani. Piazza Affari ha lasciato sul terreno il 7,4 per cento. A far tornare l’avversione al rischio sono stati molti fattori.
Il calo del prezzo del petrolio sotto i 60 dollari al barile ha fatto perdere molti punti alle società petrolifere. Ma la speculazione al ribasso non può essere spiegata unicamente con il calo del greggio che, in realtà per molte economie dell’Eurozona, Italia inclusa, è una buona notizia (dato che riduce il costo del fabbisogno energetico del Paese e potrebbe anche alimentare i consumi dato che molti beni, non solo la benzina, costeranno di meno).
Al di là del petrolio, i due fattori che hanno spinto gli investitori a pigiare il pulsante “prudenza” (per cui al momento quello odierno può definirsi solo un rimbalzo tecnico) sono:
1) elezioni presidenziali in Grecia
2) possibilità che gli Usa alzino i tassi prima del previsto
Entrambi i nodi potrebbero essere sciolti mercoledì prossimo, 17 dicembre. Per questo motivo questa data - che peraltro non piacerà agli scaramantici - rischia di segnare la svolta per l’andamento di fine anno (e non solo) per i mercati finanziari.
loredana de petris alexis tsipras
Se analizziamo i rendimenti dei titoli di Stato greci - che hanno superato il 9% quando poco tempo fa erano al 5,5% - vuol dire che gli investitori iniziano a scontare in parte uno scenario turbolento per Atene. L’ipotesi di una vittoria del gruppo radicale di sinistra Syriza non piace agli investitori. «Nei prossimi giorni i mercati resteranno in balia delle notizie della Grecia», spiega un operatore.
Il primo voto sulle elezioni presidenziali è infatti previsto per il 17 dicembre. Il secondo è in programma martedì 23 e il terzo, con il quorum sceso ai tre quinti, quindi a 180 voti, si terrà lunedì 29. E sarà probabilmente quest'ultimo il voto decisivo. In caso di mancata elezione del candidato espresso dalla maggioranza di governo di Antonis Samaras (Stavros Dimas) anche al terzo turno, sarà sciolto il Parlamento e saranno convocate elezioni legislative anticipate. In questo caso, Syriza, partito anti-austerity e favorevole a una nuova rinegoziazione del debito, si presenterebbe come grande favorito per la vittoria. Ed è questa l'ipotesi che spaventa gli investitori, dover rinunciare a una fetta del prezzo delle obbligazioni acquistate.
All’instabilità greca si aggiunge quella statunitense, relativa alle tempistiche sul rialzo dei tassi. Fino a pochi giorni fa i mercati prezzavano in parte un rialzo dei tassi verso settembre 2015, quindi con molta calma. Tuttavia gli ultimi dati molto positivi che arrivano dall’economia Usa (in particolare quello che evidenzia un aumento dei salari nello stesso momento in cui il tasso di disoccupazione ufficiale è sceso sotto il 5,9%) stanno spostando l’asticella verso un rialzo “anticipato”, probabilmente a giugno.
Scenario che non piace al mondo della finanza che gravita intorno alle azioni. Ne sapremo certamente di più il 17 dicembre, quando si riunirà il Fomc (Federal open market committee), il comitato operativo della Federal Reserve degli Stati Uniti (l’equivalente della Banca centrale europea). Dalle parole usate dal governatore Yanet Yellen gli investitori cercheranno di carpire le intenzioni sul rialzo dei tassi. Secondo gli analisti di Bank of America-Merrill Lynch (nello studio «Un altro dicembre da ricordare?») la Fed potrebbe indicare «il rialzo dei tassi nella prima parte del prossimo anno».
Per quel che riguarda i mercati europei, va detto, che fa da contraltare lo scenario di quantitative easing, cioè di allentamento monetario da parte della Banca centrale europea (i mercati ipotizzano che nel 2015 la Bce potrebbe acquistare titoli di Stato). Questo fattore spegne in parte il sentiment di avversione al rischio. Non a caso oggi il rendimento dei BTp a 10 anni è tornato sotto il 2% non distante dal minimo storico di 1,95% toccato sempre il 5 dicembre.
In un report dedicato all'Italia, glistrategist di Morgan Stanley sostengono che l'impatto di un'estensione del quantitative easing ai titoli di Stato non sia ancora pienamente nei prezzi dei Btp. «Il rendimento del decennale può scendere ulteriormente di 20 punti base se venisseannunciato un Qe», prevede la banca, che d'altra parte si aspetta per l'obbligazionario italiano una performance peggiore rispetto a quello di Spagna e Portogallo «alla luce dei timori sulla sostenibilità del debito e la una immutata debolezza della crescita».