UNICREDIT D’ARABIA - IL QATAR HA INTENZIONE DI PRENDERSI LE QUOTE DEI LIBICI DELLA BANCA - PARTITA LA TRATTATIVA PER RILEVARE IL 2,6% DEL CAPITALE DI PIAZZA CORDUSIO CHE APPARTIENE AL FONDO SOVRANO LIA (CHE ERA EMANAZIONE DIRETTA DEL POTERE DI GHEDDAFI) - UNA MANOVRA CHE NON HA A CHE FARE CON L’IMMINENTE AUMENTO DI CAPITALE MA CON GLI EQUILIBRI TRA SOCI E I MUTAMENTI DEL QUADRO POLITICO INTERNAZIONALE...

Francesco Manacorda per "La Stampa"

Il Qia, il Fondo sovrano del Qatar, sta trattando direttamente con i soci libici di Unicredit per rilevare parte della loro quota nella banca. Una trattativa che riguarda in particolare il 2,6% detenuto dal Fondo sovrano Lia. Mentre la banca guidata da Federico Ghizzoni si avvia a una ricapitalizzazione che dovrebbe puntare verso i 7 miliardi partono così le grandi manovre tra gli azionisti stranieri. Manovre che non hanno a che fare con il prossimo, e ormai praticamente certo, aumento di capitale ma che s'intrecciano soprattutto con gli equilibri tra soci e con i mutamenti del quadro politico internazionale degli ultimi mesi.

Tra i soci di Unicredit ci sono infatti la Banca centrale libica e la Lia, il Fondo sovrano di Tripoli. La prima ha il 5% del capitale, il secondo una quota del 2,6%: entrambi hanno consolidato le loro posizioni nel capitale durante il 2008, sull'onda dell'aumento di capitale varato all'epoca dalla banca. I soci libici - rappresentati in cda dal governatore della Banca centrale di Tripoli Farhat Omar Bengdara - erano e sono di fatto i principali azionisti di piazza Cordusio, con un quota complessiva del 7,6%, anche se entrambi hanno sempre negato di essere una sola entità.

Ma adesso, dopo la caduta del Colonnello Gheddafi a Tripoli e l'arrivo al potere del Consiglio nazionale di transizione, le quote detenute in società e banche estere sembrano avere assai meno importanza strategica, almeno per la Lia che era un'emanazione diretta dello stesso Colonnello. E' quindi la quota della Lia quella su cui si stanno concentrando le trattative, che a quel che si apprende sono condotte direttamente dai due Fondi. Dalla Banca centrale libica, al contrario, sono arrivati segnali di un interesse a sottoscrivere l'aumento di capitale in arrivo.

Lo stesso Bengdara si starebbe infatti muovendo per sbloccare la partecipazione azionaria e i sostanziosi depositi liquidi che sono custoditi proprio da Unicredit, affermando che in questo modo potrà sottoscrivere la propria quota di aumento. L'esito della trattativa tra soci non è scontato: i libici hanno in carico le azioni Unicredit a 2-2,5 euro l'una, contro una quotazione attuale che viaggia attorno agli 0,8 euro.

E inoltre le quote libiche - prima «congelate» dall'Onu - sono state adesso scongelate, ma non è chiaro se possano considerarsi già negoziabili. L'arrivo del Fondo del Qatar, già grande azionista di Barclays e grande investitore nel collocamento della Agricultural Bank of China, offrirebbe standard simili a quelli del Fondo emiratino Aabar, che detiene un altro 5%.

Ma mentre ai piani alti dell'azionariato si tratta la possibile compravendita, che peraltro non risulta a Unicredit, in banca va avanti spedita la marcia verso il piano industriale e il contemporaneo aumento di capitale che, a meno di sorprese, dovrebbero essere approvati da un consiglio lunedì prossimo.

Oggi, dopo la riunione del Direttorio della Banca d'Italia, è atteso il «sì» ufficiale a una mossa che sta molto a cuore a Ghizzoni e ai soci: i 3 miliardi di Cashes le obbligazioni convertibili emesse da Unicredit in occasione dell'aumento di capitale del 2009 - saranno considerati assimilabili al capitale vero e proprio e quindi potranno essere computati nel Core Tier 1, quel criterio patrimoniale che ormai sembra essere diventato l'indicatore principe dello stato di salute di qualsiasi istituto.

Ma nonostante la buona notizia sul fronte dei Chashes - che di fatto riduce da 7,3 a 4,3 miliardi la richiesta di capitale aggiuntivo fatta dall'Autorità bancaria europea - l'aumento di capitale che è allo studio ai piani alti di piazza Cordusio non sarà all'insegna del risparmio per gli azionisti. In una forchetta all'esame che va dai 4 ai 7 miliardi ci si sta orientando infatti verso la parte più alta.

La decisione definitiva spetta al consiglio convocato per il 14 novembre. Ma la scelta che Ghizzoni ha fatto, sostenuto dai maggiori azionisti, è quella di sfruttare l'occasione del nuovo piano industriale 2012-2015 per richiedere capitale che consenta di finanziare lo sviluppo specie sui mercati extra-italiani.

 

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