
VAFFANBANKA! RENZI E PADOAN VOGLIONO LA FUSIONE TRA BPM E BANCO POPOLARE - IL GOVERNO ENTRA A GAMBA TESA SUL MERCATO E SPINGE (A CHE TITOLO?) IL MATRIMONIO TRA DUE BANCHE QUOTATE - LA NOTA DEL MINISTRO DELL'ECONOMIA È "IRRITUALE" MA STANNO TUTTI ZITTI
Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Laddove il mercato s’inceppa, la politica interviene col solito ruolo «supplente». Il copione non è nuovo, in Italia. Così, per sopperire alle difficoltà di Giuseppe Castagna e Pier Francesco Saviotti, ieri è sceso in campo Pier Carlo Padoan. Con una nota irrituale - a che titolo parla il governo su un’operazione non ancora chiusa tra due banche quotate? - il ministro dell’Economia ha impresso una spinta fortissima alla fusione tra la PopMilano (ieri -0,52% in Borsa) e il Banco Popolare (+2,47%), frenando le ambizioni di Andrea Bonomi.
LA SEDE DELLA BPM - BANCA POPOLARE DI MILANO - A PIAZZA MEDA A MILANO
«Un’operazione che viene recepita con favore da tutti gli stakeholder e degli investitori» ha detto Padoan evidenziando la «determinazione» dei manager, sotto pressione da giorni perché non riescono a trovare la quadra per fondere Bpm e il Banco. Fusione dalla quale «nasce una banca forte» ha rincarato il ministro. Il quale ha cercato di sbloccare le manovre in corso tra Milano e Verona, fermando (per ora) l’assalto lanciato dal patron di InvestIndustrial, pronto a tornare a Piazza Meda col consenso dei corpi interni (sindacati, soci lavoratori e pensionati). Il sostegno del governo basterà a condurre in porto le nozze con i vincoli Bce intatti?
Di sicuro, l’Eurotower non si piegherà: svolge il suo ruolo di vigilante e il problema non è a Francoforte, come ha opportunamente sottolineato ieri Enrico Zanetti (vice di Padoan). Il premier, Matteo Renzi, ha girato alla larga, limitandosi a dire che le aggregazioni servono perché va ridotto il numero dei banchieri e dei posti nei cda, ma aveva preannunciato la dichiarazione di Padoan dicendo di «condividerla».
Per Castagna e Saviotti i nodi restano sul tavolo. I due amministratori delegati sono costretti a trovare una soluzione, sedando allo stesso tempo i malumori interni: di aumento di capitale non ne vogliono sentir parlare, così pensano di vendere alcune società controllate per fare cassa fino a un miliardo.
Che non basterebbe. Castagna, peraltro, deve placare i mal di pancia di Piazza Meda che non sarà spa autonoma. La partita, perciò, è aperta. E Bonomi, nonostante il pressing di palazzo Chigi e degli altri palazzi romani, non molla la presa: aspetta la prossima settimana, quando i due istituti dovranno chiarire se il matrimonio riesce o salta definitivamente.