banche venete

IL SALVATAGGIO DELLE BANCHE VENETE DIVENTA UN ASSIST AL RIGORE TEDESCO – LA GERMANIA HA LA SCUSA PER EVITARE IL COMPLETAMENTO DELL’UNIONE BANCARIA, TRAMONTA IL FONDO COMUNE EUROPEO SUI DEPOSITI – LA BUNDESBANK VUOLE CHE I TITOLI PUBBLICI SIANO CONTABILIZZATI COME UN “RISCHIO” NEI BILANCI BANCARI

 

Tonia Mastrobuoni per la Repubblica

 

Niente terzo pilastro, niente completamento dell' Unione bancaria. Da giugno del 2012, quando un vertice a Bruxelles contribuì a fermare lo tsunami che stava spaccando l' euro decidendo di istituire una Vigilanza europea, un meccanismo di risoluzione per le banche in difficoltà e un fondo europeo per i depositi, la Germania ha cominciato a remare contro. L' idea di mettere in comune le garanzie per i depositi di tutti gli istituti di credito europei non è mai piaciuta a Berlino, ma neanche a Francoforte, sede della potente Bundesbank.

BANCHE VENETEBANCHE VENETE

 

Ed è da lì che proviene un ragionamento limpido, raccolto ieri a microfoni spenti. «Con il salvataggio delle banche venete da parte dell' Italia, appare evidente come il fondo comune per i depositi sia definitivamente morto». Come dire: spazzato via il "bail in", il principio fortissimamente voluto dai tedeschi e imposto al livello europeo che imporrebbe il coinvolgimento di obbligazionisti e azionisti e una fetta di depositanti pur di scongiurare che i soldi dei contribuenti servano a salvare le banche sull' orlo del crac, la fiducia della Germania è definitivamente evaporata.

 

BUNDESBANKBUNDESBANK

È il solito, vecchio ritornello tedesco: se non si rispettano le regole, tanto più quelle per le quali Berlino si è battuta, è difficile avviare iniziative comuni. Salvo poi che nei corridoi del ministero delle Finanze si odono sin dal via libera al salvataggi delle banche venete rumorosissimi respiri di sollievo per il precedente stabilito altrove.

 

«Pensi - ammette una fonte governativa - se fosse toccato a noi salvare Deutsche Bank con soldi pubblici. Perché è chiaro che se nei mesi scorsi si fosse arrivati a una situazione di emergenza vera per la prima banca europea, il governo Merkel non avrebbe mai e poi mai potuto tirarsi indietro ». Invece, è stata la "solita" Italia a rompere le regole. E quindi, la Germania ha preso due piccioni con una fava.

anche jens weidmann ha i suoi momenti gordon gekkoanche jens weidmann ha i suoi momenti gordon gekko

 

Primo, è caduto il tabù dei bail out con soldi governativi, attività in cui Berlino si era comunque esercitata vigorosamente per anni, prima di imporre la direttiva che lo vietasse, complice un' Italia a dir poco addormentata. In secondo luogo, ha trovato l' ennesima scusa per dire "nein" al deposito comune delle banche.

 

Non che in questi anni non abbia tirato fuori scuse sempre nuove per rimandare la discussione sul terzo pilastro dell' Unione bancaria. Sia il governo Merkel, sia la Bundesbank, hanno detto che il presupposto per un fondo comune è che le banche siano in ordine. Ma soprattutto, hanno frapposto un ostacolo quasi insormontabile a qualsiasi discussione serena sullo schema unico.

SCHAUBLESCHAUBLE

 

Prima di mettere in comune i depositi, i tedeschi vogliono che le regole internazionali per le banche vengano modificate considerando i titoli di Stato non più neutrali, come avviene ad oggi, ma come un fattore di rischio. Un dettaglio che se anche venisse solo discusso apertamente rischierebbe di innervosire enormemente i mercati, perché imporrebbe nuovi accantonamenti alle banche dopo anni di faticosissime ricapitalizzazioni. Inoltre, i tedeschi chiedono un limite al possesso di bond sovrani. Un dibattito che, non a caso, è sempre stato rimandato alle calende greche.

 

E se per Berlino e Francoforte è il presupposto sine qua non per lo schema unico, non rimane che dirgli addio per un bel po'. E dopo il salvataggio delle banche venete, forse per sempre.

 

Intanto dalla Bce è arrivata, a proposito del salvataggio miliardario di Veneto banca e Popolare di Vicenza, l' autodifesa della vicepresidente della Vigilanza, Sabine Lautenschlaeger. Dopo le critiche sui tempi troppo lenti con cui Francoforte avrebbe lanciato l' allarme rosso sulle banche venete, il membro tedesco del board della Bce ha detto al Financial Times: «Abbiamo insistito molto nel segnalare i rischi che provenivano da quei due istituti di credito, tanto è vero che abbiamo richiesto che incrementassero il loro capitale».

 

sabine lautenschlaegersabine lautenschlaeger

La banchiera centrale ha anche sottolineato come non spetti alla Vigilanza decidere se sia giusto o meno utilizzare soldi pubblici per mettere al riparo dal crac le banche. «Certo, un supervisore - ha aggiunto - deve guardare avanti e noi guardiamo avanti nel rispetto della cornice legale che abbiamo a disposizione ». D' altra parte «anche gli azionisti, gli obbligazionisti junior e senior hanno i loro diritti ». E senza dubbio l' Italia li ha difesi egregiamente. Affondando le mani nelle tasche dei contribuenti.

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…